Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6552 del 31/03/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 6552 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 3014/08 proposto da:
AVITABILE FRANCESCO (VITB FNC 30P11 8703S) e PISA VITTORIO
(PSI VTR 36T26 A6051), rappresentati e difesi, per procura
speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Gianpaolo
Massa, domiciliati

ex lege

presso la Cancelleria della

Corte di cassazione;
– ricorrenti –

1-

contro
CONDOMINIO di VIA CORDERO DI PAMPARATO, n. 7 (96665570014),
in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del controricorso,
dagli Avvocati Gabriele Bruyère e Mario Menghini

43a

Data pubblicazione: 31/03/2015

(deceduto), domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria civile della Corte suprema di cassazione;

controricorrente

avverso la sentenza n. 444/07 della Corte di appello di

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza
pubblica del 30 maggio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott.

Rosario Russo

che ha concluso

per l’inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso proposto ai sensi dell’art. 1137 cod. civ.
e depositato il 15 marzo 2001, Avitabile Francesco e Pisa
Vittorio, quali condomini del Condominio di v. Cordero di
Pamparato n. 7, di Torino, esponevano: – che in data 13
febbraio 2001, si era riunita l’assemblea condominiale
ordinaria, in secondo convocazione, per l’approvazione, tra
l’altro, del consuntivo relativo alle spese fino al 31
dicembre 2000 in uno all’inerente riparto, nonché per la
• nomina del nuovo amministratore; – che le spese riguardanti
la riparazione delle ringhiere in ferro dei balconi lato
cortile, nonché le spese concernenti i lavori di
demolizione di parti pericolanti dei detti balconi erano
state suddivise per millesimi di proprietà; che la

2

Torino, depositata il 19 marzo 2007 e non notificata;

nominata segretaria dell’assemblea aveva dato lettura del
relativo verbale, il quale veniva dalla stessa sottoscritto
unitamente al presidente dell’assemblea; – di aver ricevuto
successivamente copia del medesimo verbale, che, tuttavia,

all’esito della celebrazione della suddetta assemblea;
che la copia loro recapitata riportava come numero di voti
favorevoli alla deliberazione in punto rendiconto nonché
sul punto della rielezione/nomina dell’amministratore
quello di 531, anziché quello di 453, in precedenza
indicato, apparendo, in particolare, quest’ultimo numero
cancellato e sostituito a penna con l’altro; – che, in
particolare, alla predetta assemblea non aveva partecipato
la proprietà Innovazione (per millesimi 46), mentre era
stata presente la proprietà Giorgiera Cinzia (erroneamente
riportata in verbale con riferimento a 21 millesimi anziché
agli effettivi 53); – che le delibere adottate nella
menzionata assemblea si sarebbero dovute considerare nulle
od annullabili in quanto: a) con riguardo alle spese
relative alla manutenzione straordinaria, le stesse
avrebbero dovuto essere ripartite ai sensi degli artt. 4,
lett. a), e 20 del Regolamento condominiale (ovvero
ponendole a carico esclusivo dei proprietari dei balconi),
e, comunque, avrebbero dovuto essere approvate con la
maggioranza di cui all’art. 1136, secondo e quarto comma,
3

era risultato difforme da quello letto e sottoscritto

cod. civ., non raggiunta, però, a seguito della votazione;
b) la votazione riguardo alla nomina dell’amministratore
non aveva conseguito la maggioranza appena indicata; c) la
correzione dell’esito della votazione era successiva alla

Tanto premesso, i predetti ricorrenti instavano per la
declaratoria di nullità o per l’annullamento delle
impugnate deliberazioni, deducendo l’intervenuta
illegittimità della modificazione del verbale assembleare.
Nella costituzione del resistente Condominio, all’esito
dell’espletata istruzione probatoria, l’adito Tribunale di
Torino, con sentenza n. 31450 del 2004 (depositata il 29
aprile 2004), dichiarava la indicata delibera assembleare
del 13 febbraio 2001 invalida nella parte in cui ripartiva
le spese di rifacimento e/o riparazione di parti di balconi
dell’edificio diverse dai frontalini tra tutti i condomini,
secondo il criterio dei millesimi, e non soltanto tra i
proprietari dei balconi interessati dai lavori, ponendo a
carico del convenuto Condominio le spese giudiziali.
Interposto appello da parte dello stesso Condominio e
nella resistenza di entrambi gli appellati (che proponevano
appello incidentale), la Corte di appello di Torino, con
sentenza n. 444 del 2007 (depositata il 19 marzo 2007), in
parziale riforma della sentenza impugnata (per il resto
confermata), rigettava ogni domanda proposta da Avitabile
4

redazione, lettura e sottoscrizione del suddetto verbale.

Francesco e Pisa Vittorio nei confronti del Condominio
appellante, condannando gli stessi appellanti alla
restituzione della somma versata dal predetto Condominio
per effetto della provvisoria esecutività delle sentenza di

grado.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per
cassazione Avitabile Francesco e Pisa Vittorio, articolato
in tre motivi.
L’intimato Condominio si è costituito in questa fase di
legittimità con controricorso.
I difensori di entrambe le parti hanno depositato
memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civ.
All’udienza pubblica del 13 novembre 2013 il Collegio,
su istanza del Condominio controricorrente, concedeva
apposito termine per la produzione della delibera
assembleare di conferimento del mandato all’amministratore
pro tempore per resistere al giudizio in questa fase.
Lo stesso difensore provvedeva in conformità,
depositando in cancelleria la necessaria documentazione in
data 5 dicembre 2013.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la
violazione degli artt. 1135, 1136, 1137, 1138 e 1139 cod.
civ., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc.

5

primo grado, oltre alla rifusione delle spese del doppio

civ., dolendosi del rigetto dell’appello incidentale da
essi proposto, con la conseguente affermazione che il
verbale di assemblea condominiale può essere redatto e, a
maggior ragione, corretto al termine o dopo la conclusione

In proposito risultano formulati – ai sensi dell’art.
366-bis cod. proc. civ.

(ratione

temporls applicabile,

essendo l’impugnata sentenza stata pubblicata il 19 marzo
2007) – i seguenti quesiti di diritto: –

“dica la S.C. se

il verbale dell’assemblea condominiale debba essere
redatto, corretto e chiuso necessariamente nel corso e alla
presenza dell’assemblea condominiale,

oppure possa essere

redatto, corretto o modificato anche in assenza dell’organo
collegiale, essendo all’uopo sufficiente che il verbale
riporti la sottoscrizione del Presidente e della Segretaria
che lo hanno redatto o modificato (come ritenuto dalla
Corte di appello di Torino)”; – dica la 5. C. se
l’inserimento nel verbale, al termine o dopo lo
scioglimento dell’assemblea condominiale,

di un

condomino

considerato “assente’ nel corso dell’intero procedimento
collegiale (costituzione, discussione e deliberazione)
costituisca “mero errore materiale’ e legittimi, pertanto,
la modifica del quorum costitutivi e deliberativi raggiunti
nel corso della riunione assembleare’.

6

della riunione assembleare.

2. – Con il secondo motivo i ricorrenti deducono – ai
sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. – l’errata
applicazione degli artt. 99, 112 e 183 cod. proc. civ.,
nonché – in virtù dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. – il

il punto decisivo e controverso della causa relativo alla
qualificazione come domanda nuova di quella riguardante
“ogni altro lavoro” diverso da quelli riguardanti le
ringhiere e i balconi. Con riferimento alla prospettata
violazione di

legge

gli stessi ricorrenti individuano i

seguenti quesiti di diritto:

“dica la S.C. se

l’impugnazione di una delibera assembleare nel punto in cui
ha approvato il

consuntivo e il piano di riparto delle

spese relativo alle opere di manutenzione straordinaria
contenga,

al fini

dell’individuazione dell’oggetto

sostanziale dell’azione,

tutte

le opere che hanno

interessato la manutenzione straordinaria, oppure sia
limitata alle sole opere elencate dal ricorrente nell’atto
introduttivo (come

ritenuto

dalla Corte di appello di

Torino), e se la precisazione delle domande e delle opere
effettuate in sede di memoria ex art. 183 c.p.c.,
attraverso l’elencazione dei lavori risultanti dal
documento prodotto con l’atto introduttivo, configuri
mutati° oppure emendati° libelli”; – “dica la S.C. se, ai
fini dell’identificazione della domanda e dell’oggetto del
7

vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa

giudizio, anche in sede di verifica del rispetto del limiti
posti dall’art.

183 c.p.c., debbano essere considerati, nel

loro complesso, gli atti e le pretese espresse da tutte le
parti del giudizio, ovvero debbano essere prese in

narrativa del ricorso

introduttivo (come

ritenuto

dalla

Corte di appello di Torino)”; – “dica /a S.C. se il rifiuto
del contraddittorio sollevato da una parte del giudizio
rivesta rilevanza ai fini della determinazione dell’oggetto
del giudizio e della novità della domanda, ai sensi degli
artt. 99, 112 e 183 c.p.c. (come ritenuto dalla Corte di
appello di Torino), ovvero se si

tratti

di circostanza

irrilevante”; – “dica la S.C. se la decisione di emendatio
libelli

possa essere fondata e motivata sulla sola

enunciazione del rifiuto al contraddittorio sollevato

da

una parte del giudizio”.
3. – Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano
violazione degli artt. 2697, 2702, 2727 e 2729 cod. civ.,
nonché degli artt. 115, 116, 167 e 214 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., oltre
che

per violazione degli artt. 1117 e 1123 cod. civ.,

sempre con riferimento all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc.
civ., dolendosi sia delle affermazioni contenute nella
sentenza impugnata relativamente ai lavori
ringhiere, per i quali, secondo la

8

concernenti le

Corte d’appello, non vi

considerazione solo le espressioni usate nella parte

sarebbe stata in atti la prova della loro esecuzione, sia
della conclusione secondo cui i lavori eseguiti dal sig.
Pertusio dovevano essere considerati come una modalità
esecutiva necessaria per l’effettuazione dell’intervento

Con riferimento al primo profilo, i ricorrenti
formulano i seguenti quesiti di diritto: – dica la S.C.
l’attore che contesta 11 criterio di

“se

riparto delle spese

afferenti a determinati lavori, lavori che lo stesso
afferma essere stati eseguiti, e la cui esecuzione non è
stata contestata dalla controparte, né al momento della
costituzione in giudizio, né in sede di precisazione e
modificazione delle domande, eccezioni e deduzioni di cui
all’art. 183 c.p.c., è onerato dell’onere
l’esecuzione
ridetti

dei detti

di

provare

lavori, ovvero l’esecuzione dei

lavori debba essere considerato

fatto

non

contestato e quindi provato dall’attore”; – dica la

S.C.

“se la successiva contestazione dell’esecuzione

di lavori

effettuata dalla controparte, possa modificare l’onere
probatorio dell’attore e la domanda da quest’ultimo possa
essere rigettata perché il fatto risulta contestato e non
provato”; – dica la

S.C.

“se la Corte d’appello possa

escludere ogni rilevanza probatoria agli indizi presenti
agli atti sulla base della semplice contestazione della
parte, ovvero abbia un obbligo di valutazione complessiva
9

sulla parte comune e non come autonomo lavoro.

di

tutti

gli elementi processuali, la cui verifica deve

essere documentata con logica e congrua motivazione”;
dica la

“se la Corte d’appello possa escludere la

S.C.

rilevanza probatoria

di documenti sulla base della semplice

nulla”.
Con riferimento al secondo profilo, i ricorrenti
formulano i seguenti quesiti di diritto: – dica la S.C.
“se, presente

un regolamento condominiale che pone le

riparazioni dei balconi a carico di chi ne ha la proprietà,
le spese

per

i lavori eseguiti su

parti

del balconi,

diverse dal frontalini (sottobalconi, ringhiere, piano di
calpestio, davanzali, infissi, tapparelle), anche laddove
eseguite nell’ambito

di

un intervento generale di

ristrutturazione della facciata ed anche se si pongano come
modalità

esecutiva necessaria per

l’effettuazione

di

un

intervento sulla parte comune, devono gravare sui singoli
proprietari

del manufatti

oppure debbano essere

interessati dall’intervento

ripartiti fra tutti i

condomini

secondo il criterio millesimale (come ritenuto dalla Corte
di appello

di

Torino)”; – “se, sulla base del combinato

disposto degli artt.

2217

lavori eseguiti su

parti

e 1123 c.c., le spese per i
dei balconi, diverse

dai

frontalini (sottobalconi, ringhiere, piano di calpestio,
davanzali, infissi, tapparelle), anche laddove eseguite

10

considerazione che gli stessi, di per sé, non provano

nell’ambito di un intervento generale di ristrutturazione
della facciata ed anche se si pongano come modalità
esecutiva necessaria per l’effettuazione di un intervento
sulla parte comune, devono gravare sui singoli proprietari

essere ripartiti fra tutti i condomini secondo il criterio
millesimale (come ritenuto dalla Corte di Appello

di

Torino)”; – “se il giudice, quando afferma che determinate
opere costituiscono una modalità esecutiva necessaria alla
realizzazione di interventi su parti comuni, debba citare
la fonte del proprio convincimento, diversamente incorrendo
nel vizio di motivazione”.
4. – Deve preliminarmente essere disattesa la richiesta
di dichiarazione di inammissibilità del ricorso, formulata
in sede di discussione dal Pubblico Ministero, atteso che
il ricorso, pur se contiene la riproduzione fotostatica di
alcuni degli atti del giudizio di merito, non si limita a
tale riproduzione, ma espone una autonoma ricostruzione
della vicenda processuale e delle censure rivolte alla
sentenza impugnata. Trova quindi applicazione il principio
per cui «in tema di predisposizione del ricorso per
cassazione, allorché la spillatura integrale di alcuni
degli atti del processo o della produzione di parte,
indispensabili per la prospettazione dei motivi e per la
decisione delle questioni agitate con il ricorso, sia
11

del manufatti interessati dall’intervento oppure debbano

accompagnata da un’esposizione dei motivi e dei fatti di
causa la quale già di per sé – per puntualità e completezza
di riferimenti e, se del caso, di trascrizioni
complessivamente risponda in modo idoneo al principio di

svolge una funzione integrativa e non già sostitutiva degli
elementi essenziali del ricorso stesso e la sua
incorporazione a quest’ultimo, sebbene ne comporti un
obiettivo appesantimento di lettura e comprensione a
rischio dì incompletezze o equivoci a danno del ricorrente,
non ne comporta, tuttavia, l’inammissibilità» (Cass. n.
21297 del 2011).
Il ricorso si sottrae, pertanto, all’applicazione della
giurisprudenza evocata dal P.M. e alla prospettata sanzione
di inammissibilità.
5. – Il primo motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte ha avuto modo di affermare che «il verbale
dell’asseMblea di condominio, ai fini della verifica dei
quorum prescritti dall’art. 1136 cod. civ., deve contenere

l’elenco nominativo dei condomini intervenuti di persona o
per delega, indicando i nomi di quelli assenUranti o
dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali.
Tuttavia, dovendo il verbale attestare quanto avviene in
assemblea, la mancata indicazione del totale dei
partecipanti al condominio non incide sulla validità del

12

autosufficienza del ricorso per cassazione, l’atto spillato

verbale se a tale ricognizione e rilevazione non abbia
proceduto l’assemblea, giacché tale incompletezza non
diminuisce la possibilità di un controllo

allunde

della

regolarità del procedimento e delle deliberazioni assunte»

In motivazione, nella citata sentenza si precisa che
«il verbale dell’assemblea condominiale rappresenta la
descrizione di quanto è avvenuto in una determinata
riunione e da esso devono risultare tutte le condizioni di
validità della deliberazione, senza incertezze o dubbi, non
essendo consentito fare ricorso a presunzioni per colmarne
le lacune. Il verbale deve pertanto contenere l’elenco
nominativo dei partecipanti intervenuti di persona o per
delega, indicando i nomi dei condomini assenzienti e di
quelli dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali,
perché tale individuazione è indispensabile per la verifica
della esistenza dei quorum prescritti dall’art. 1136 c.c..
In questo senso è orientata la giurisprudenza di questa
Corte, la quale ha affermato: (a) che non è conforme alla
disciplina indicata omettere di riprodurre nel verbale
l’indicazione nominativa dei singoli condomini favorevoli e
contrari e le loro quote di partecipazione al condominio,
limitandosi a prendere atto del risultato della votazione,
in concreto espresso con la locuzione “l’assemblea, a
maggioranza, ha deliberato” (Sez. 2^, 19 ottobre 1998, n.
13

(Cass. n. 24132 del 2009).

10329; Sez. 2^, 29 gennaio 1999, n. 810); (b) che la
mancata verbalizzazione del numero dei condomini votanti a
favore o contro la delibera approvata, oltre che dei
millesimi da ciascuno di essi rappresentati, invalida la

di una delle maggioranze richieste dall’art. 1136 cod.
civ., né potendo essere attribuita efficacia sanante alla
mancata contestazione, in sede di assemblea, della
inesistenza di tale quorum da parte del condomino
dissenziente, a carico del quale non è stabilito, al
riguardo, alcun onere a pena di decadenza (Sez. 2^, 22
gennaio 2000, n. 697); (c) che è annullabile la delibera il
cui verbale contenga omissioni relative alla individuazione
dei singoli condomini assenzienti o dissenzienti o al
valore delle rispettive quote (Sez. Un., 7 marzo 2005, n.
4806). Ma poiché il verbale è narrazione dei fatti nei
quali si concreta la storicità di un’azione, esso deve
attestare o “fotografare” quanto avviene in assemblea;
pertanto, non incide sulla validità del verbale la mancata
indicazione, in esso, del totale dei partecipanti al
condominio, se a tale ricognizione e rilevazione non ha
proceduto l’assemblea stessa, nel corso dei suoi lavori,
giacché questa incompletezza non diminuisce la possibilità
di controllo

aliunde della regolarità del procedimento e

delle deliberazioni assunte».

14

delibera stessa, impedendo il controllo sulla sussistenza

Si è altresì chiarito che «in tema di delibere di
assemblee condominiali, non è annullabile la delibera il
cui verbale, ancorché non riporti l’indicazione nominativa
dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga,
tutti i

condomini

presenti,

personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel
contempo rechi l’indicazione, nominati:m, dei condomini che
si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore
complessivo delle rispettive quote millesimali, perché tali
dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza,
quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole,
nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia
superato il

quorum

richiesto dall’art. 1136 cod. civ.»

(Cass. n. 18192 del 2009).
5.1. – Nel quadro di detti principi, la censura
veicolata con il primo motivo si rivela infondata.
In effetti la correzione apportata nella copia del
verbale assembleare consegnata ai due ricorrenti non
inficiava la validità della deliberazione assunta, per la
quale, eliminato l’errore materiale del computo dei
millesimi e tenuto conto dell’effettiva partecipazione dei
condomini presenti (anche per delega), era stato raggiunto
il quorum necessario.
Nella specie, infatti, dalla sentenza impugnata emerge
che la questione della validità del verbale dell’assemblea

15

tra l’altro, l’elenco di

del 13 febbraio 2001 era stata già esaminata dal giudice di
primo grado, il quale aveva «qualificato come mera
correzione di errore materiale, l’apparente modificazione
del verbale di assemblea, operata dalla segretaria sig.ra

presenti per delega – della sig.ra INNOVAZIONE, in un primo
tempo erroneamente indicata come assente».
La Corte d’appello, nell’esaminare il motivo di appello
incidentale proposto dagli odierni ricorrenti ha, da un
lato, ritenuto corretta la detta qualificazione e
dall’altro, ha ritenuto che la circostanza che la
correzione fosse stata effettuata al termine dell’assemblea
non potesse assumere alcun rilievo, ben potendo il verbale
essere redatto – e quindi a maggior ragione corretto, ove
si riscontrasse un errore materiale – al termine o dopo la
conclusione dell’assemblea, e risultando lo stesso
ritualmente sottoscritto dal Presidente e dalla segretaria
che lo aveva redatto e che vi aveva introdotto le
correzioni.
Orbene, le deduzioni dei ricorrenti non appaiono idonee
a superare l’accertamento svolto dalla Corte d’appello in
ordine alla qualificazione della difformità esistente nel
verbale in questione. In particolare, l’assunto dei
ricorrenti si arresta sul piano meramente formale e
descrittivo, avendo essi rilevato che la difformità avrebbe
16

MARIOTTI Monica, con l’indicazione – fra i Condomini

determinato la invalidità del verbale, omettendo tuttavia
di dedurre che la invalidità avrebbe interessato non solo
il verbale ma anche la deliberazione assunta in assemblea.
In sostanza, non pare dubitabile, perché un simile

ha confermato quanto accertato sul punto dal Tribunale, che
la Condomina Innovazione avesse effettivamente rilasciato
la delega all’amministratore e che detta delega risultasse
dalla intestazione del verbale, non oggetto di
contestazione.
Se così è, allora, appare evidente come la Corte
d’appello non abbia in alcun modo errato nel ritenere che
il verbale potesse essere corretto, e che ciò potesse
avvenire anche dopo la conclusione dell’assemblea, atteso
che nessuna disposizione sancisce che il verbale debba
essere approvato in assemblea.
5.2. – Ma vi è un elemento ulteriore che, nella stessa
prospettazione dei ricorrenti, induce a dubitare della
ricostruzione che essi hanno fatto dello svolgimento
dell’assemblea condominiale del 13 febbraio 2001. Invero,
gli stessi ricorrenti deducono l’invalidità della
deliberazione sul rilievo che illegittimamente presidente e
segretario dell’assemblea avrebbero apportato una
correzione della cifra dei voti espressi in senso
favorevole all’approvazione delle proposte all’ordine del
17

accertamento non è stato svolto dalla Corte d’appello, che

giorno; a tal fine sostengono che, mentre nel verbale
formato in assemblea risultava che i voti favorevoli erano
453, nel verbale poi modificato e spedito in copia ai
Condomini, il numero di voti favorevoli ammontava a 531; e

sarebbe tenuto conto dei millesimi della Condomina
Innovazione, pari a 46, giacché la stessa non poteva essere
considerata presente. Orbene, appare evidente che sommando
i 46 millesimi della Condomina ai voti favorevoli, si
otterrebbe un esito diverso da quello poi oggetto di
correzione, il che dimostra che l’errore occorso nella
redazione del verbale aveva una effettiva natura di errore
materiale.
Invero, gli stessi ricorrenti, come si desume dalla
sentenza impugnata (pag.

4,

punto 6), avevano sostenuto,

nell’atto introduttivo del giudizio, che «all’assemblea non
era stata presente la proprietà Innovazione (millesimi 46),
mentre era stata presente la proprietà Giorgieri Cinzia
(erroneamente indicata in verbale con riferimento a 21
millesimi anziché agli effettivi 53). Se dunque, gli stessi
ricorrenti riconoscono che nella indicazione della presenza
GIORGIERI era occorso un errore materiale, della cui
correzione essi non si sono doluti, non appare censurabile
la sentenza impugnata che ha ritenuto sussistente un errore
materiale anche nell’iniziale omesso computo dei millesimi

18

tale differenza essi imputano al fatto che erroneamente si

della proprietà Innovazione, atteso che la stessa risultava
essere stata presente per delega. D’altra parte,
ricorrenti non hanno neanche dedotto l’esistenza di
risultanze istruttorie idonee a dimostrare la inesistenza

soltanto a contrapporre all’accertamento dei giudici di
merito una diversa, ma non provata, ricostruzione dei
fatti.
Si deve solo aggiungere che i giudici di merito si sono
attenuti ai principi affermati dalla giurisprudenza dà
questa Corte, nel senso che, così come la mancata
indicazione del totale dei partecipanti all’assemblea non
incide sulla validità del verbale se a tale ricognizione e
rilevazione non abbia proceduto l’assemblea, atteso che il
riscontro è comunque possibile, analogamente la
attestazione del risultato di una deliberazione
dell’assemblea che non trovi riscontro nella indicazione
dei condomini presenti non dà luogo alla invalidità della
deliberazione se dal verbale è possibile desumere l’esatta
partecipazione all’assemblea, dovendosi computare i voti
erroneamente indicati alla luce dei millesimi presenti.
Nella specie, come dedotto dai controricorrenti, una tale
operazione era senz’altro esperibile sulla

base

della

verbalizzazione, atteso che, risultando presenti 763
millesimi, ed essendo stati espressi 232 voti contrari, in
19

della delega della Condomina Innovazione, limitandosi

assenza di dichiarazioni di astensione, necessariamente i
voti favorevoli non potevano essere altro che 531, come
attestato nel verbale sottoscritto da presidente e
segretaria, sia pure per effetto dell’apportata correzione.

infondato.
6. – Il secondo motivo è del pari infondato.
6.1.

Occorre

premettere

che,

secondo

giurisprudenza di questa Corte «si ha mutati°

la

libelli

quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da
quella originaria, introducendo nel processo un petitum
diverso e più ampio oppure una

causa petendi fondata su

situazioni giuridiche non prospettate prima e
particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente
differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema
d’indagine e si spostino i termini della controversia, con
l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed
alterare il regolare svolgimento del processo; si ha,
invece, semplice
petendi,

emendati°

quando si incida sulla

causa

in modo che risulti modificata soltanto

l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto
costitutivo del diritto, oppure sul petitum,

nel senso di

ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto
ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere»

20

5.3. – In conclusione, il primo motivo di ricorso

(Cass. n. 12621 del 2012; Cass. n. 17457 del 2009; Cass. n.
7579 del 2007).
Chiarita la distinzione tra

mutati°

ed

emendatio

libelli, occorre rilevare che, nel caso di specie, la Corte

formulata dai ricorrenti nella comparsa ex art. 183 cod.
proc. civ. ebbe a comportare un’estensione illegittima del
theme decidendum

e, quindi, la proposizione di domande

nuove, come tale inammissibili (non risolvendosi
l’intervenuta allegazione in una :nera emendati° libelli).
La Corte d’appello ha infatti affermato che i lavori
dei quali si discuteva, e in relazione ai quali era stata
impugnata la delibera condominiale di approvazione del
consuntivo spese, erano – come evidenziato nel ricorso
introduttivo «quelli di “riparazione delle ringhiere in
ferro dei balconi lato cortile” (come meglio specificati ai
punti c. e d. al n. 3 che precede, lavori che il condominio
contesta siano mai stati eseguiti – cfr. f. 4 comparsa
conclusionale) nonché quelli di “demolizione parti
pericolanti dei detti balconi” (fra i quali rientravano
quelli di cui ai punti a. e b. del n. 3 che precede, che ne
costituiscono più precisa puntualizzazione e
specificazione). Ogni altro lavoro non può venire in
rilievo ai fini del decidere, attesa la tempestiva e
reiterata dichiarazione di non accettazione del
21

d’appello ha ritenuto che l’integrazione delle domande

contraddittorio su domande nuove formulata dalla difesa di
parte appellata».
Non solo. La Corte d’appello ha altresì escluso che vi
fosse corrispondenza tra il preventivo della ditta Edil

anzi, espressamente negata dalla difesa del Condominio),
precisando che, quindi, incombeva sugli appellati l’onere
di fornire la prova della esecuzione dei detti lavori. E
tale onere non poteva ritenersi adempiuto. Da qui la
conclusione che «per ciò che attiene gli ulteriori lavori
ai balconi – pacifica tra le parti la demolizione e
sostituzione dei frontalini e la corretta ricomprensione di
detti lavori, così come ritenuto dal primo giudice, tra
quelli da porsi a carico di ciascun condomino in
proporzione ai rispettivi millesimi, in quanto afferenti
alla facciata condominiale – deve preliminarmente valutarsi
se la domanda in esame possa essere riferita, alla luce
della domanda originariamente formulata e delle
precisazioni in sede di memoria ex art. 183 c.p.c., a
lavori concernenti porzioni in proprietà esclusiva
dell’immobile. La soluzione negativa si impone, ad avviso
del Collegio, per il fatto che la demolizione delle parti
ammaloebate non può non essere posta in diretta correlazione
con la successiva ricostruzione dei frontalini, che ha
costituito il ripristino di quanto demolito».
22

LaMbro e i lavori in effetti eseguiti (corrispondenza,

6.2. – Il Collegio ritiene che la soluzione adottata
dalla Corte d’appello si sottragga alle censure proposte
con il secondo motivo.
Giova infatti ricordare che con l’atto introduttivo di

assembleare del 13 febbraio 2001, deducendo che «le spese
relative alla riparazione delle ringhiere in ferro dei
balconi lato cortile nonché le spese inerenti ai lavori di
demolizione parti pericolanti dei citati balconi sono state
approvate e ripartite dall’assemblea con ripartizione per
millesimi di proprietà (vedasi riparto consuntivo prodotto
doc. 3; preventivo n. 67/2000 EL Edil LaMbro sas doc. 4;
fattura n. 334 del 21.10.1997 emessa dalla ditta Adriano
Pertusio indicata nel consuntivo spese prodotto doc. n o
3)». Gli originari attori si dolevano dell’applicazione, ai
lavori come sopra indicati, dell’art. 1123 cod. civ., in
luogo dell’art. 4 del regolamento condominiale, secondo
cui “la riparazione dei balconi sia a carico di chi ne ha
la proprietà”.
Nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ. gli attori
hanno affermato che «i lavori eseguiti, infatti,
interessarono la struttura portante dei balconi, i quali
non rientrano tra le parti

comuni dell’edificio, “non

essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, né
essendo destinati all’uso o al servizio di esso”

23

(Cass.

primo grado i due condomini avevano impugnato la delibera

21.1.2000, n. 637). L’impresa incaricata provvide a
scrostare e spicconare le parti ammalorate dei solai di
ciascun balcone, a ricostruire i frontalini, ad eliminare
la ruggine formatasi sulle ringhiere, a lucidare le

verniciare gli infissi e le tapparelle. Il miglioramento
della facciata fu solo conseguente e secondario rispetto le
riparazioni, che furono commissionate per la presenza di
ammaloramenti della struttura dei balconi, e non per
preservare l’aspetto estetico e il decoro architettonico
dello stabile».
Nella detta memoria gli attori hanno quindi formulato
le seguenti conclusioni: (_) nel merito – accertato e
dichiarato che tutte le spese di riparazione dei balconi
vanno ripartite secondo il criterio di cui all’art. 4 del
Regolamento di condominio, dichiarare nulla o annullare la
delibera 13.2.2001 assunta dal convenuto in difformità da
tale criterio; – accertato e dichiarato che le spese di
riparazione dei davanzali e di tinteggiatura di infissi e
tapparelle sono a carico dei proprietari delle rispettive
unità immobiliari, dichiarare nulla o annullare la delibera
13.2.2001 assunta dal convenuto in difformità da tale
criterio (_)».
Orbene, correttamente la Corte d’appello ha ravvisato
nelle deduzioni svolte dagli attori nella memoria ex art.
24

ringhiere stesse, ad impermeabilizzare il cornicione, ed a

.~1~1•11~~

183 cod. proc. civ. una non consentita mutati°

libelli,

essendo a tal fine sufficiente rilevare che oggetto del
giudizio era l’impugnazione di una delibera assembleare con
cui veniva approvato il consuntivo spese sino al 31
dicembre 2000 e che le censure originariamente formulate
dagli attori concernevano «le spese relative alla
riparazione delle ringhiere in ferro dei balconi lato
cortile nonché le spese inerenti ai lavori di demolizione
parti pericolanti dei citati balconi»; era, dunque, con
riferimento a tali spese che veniva contestata la validità
della delibera asseMbleare per l’adozione di un criterio di
riparto asseritamente difforme da quello previsto dal
regolamento condominiale.
L’estensione della domanda al complesso delle spese di
manutenzione straordinaria, il cui consuntivo è stato
approvato con la delibera impugnata, appare quindi
introdurre, non un mero ampliamento dell’oggetto della
domanda, ma una non consentita modificazione della domanda
stessa, atteso che la validità o no della delibera
impugnata doveva essere verificata, appunto, alla luce dei
diversi elementi di fatto e di diritto prospettati nella
memoria ex art. 183 cod. proc. civ. Né può ritenersi, come
supposto dai ricorrenti,

che fosse sufficiente il richiamo

nell’atto di citazione al riparto consuntivo prodotto come
doc. 3, al preventivo n. 67/2000 EL Edil LaMbro sas,
25

111111111•111EIP

prodotto come doc. 4, e alla fattura n. 334 del 21.10.1997
emessa dalla ditta Adriano Pertusio indicata nel consuntivo
spese, prodotto come doc. n. 3, atteso che la contestazione
risultava espressamente limitata nell’atto di citazione

ferro dei balconi lato cortile nonché le spese inerenti ai
lavori di demolizione parti pericolanti dei citati
balconi»; correttamente, dunque, la Corte d’appello ha
ritenuto che la domanda accolta dal Tribunale
(dichiarazione di invalidità della delibera impugnata,
nella parte in cui ha ripartito le spese di rifacimento e/o
riparazione di parti di balconi dell’edificio diverse dai
frontalini fra tutti i condomini secondo il criterio dei
millesimi e non soltanto tra i proprietari dei balconi
interessati dai lavori) fosse diversa dalla domanda
proposta con l’atto introduttivo ex art. 1337 cod. civ.,
implicando un diverso tema probatorio, concernente,
appunto, la dimostrazione della esecuzione dei lavori
diversi e ulteriori rispetto a quelli oggetto della
iniziale deduzione difensiva.
7. – Il terzo motivo è inammissibile.
I ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella
parte in cui ha ritenuto che non esisteva la prova che i
lavori concernenti le ringhiere fossero stati eseguiti e
che i lavori eseguiti dal sig. Pertusio, dei quali invece

26

alle «spese relative alla riparazione delle ringhiere in

vi era prova, dovevano essere considerati come una modalità
esecutiva necessaria per l’effettuazione dell’intervento
sulla parte comune e non come autonomo lavoro.
7.1.

motivo sollecita una complessiva

giudizio di merito, inammissibile, in questa sede di
legittimità.
E’

noto, infatti, che «spetta in via esclusiva al

giudice di merito il compito di individuare le fonti del
proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la
concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente
idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi
sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova» (Cass. n. 25608 del 2013).
D’altra parte, la non deducibilità in cassazione delle
questioni concernenti la valutazione delle risultanze
istruttorie, tanto più quando tale attività riguardi il
complesso della documentazione prodotta e delle deposizioni
testimoniali acquisite, risulta evidente sulla base del
rilievo che i ricorrenti, a sostegno della propria censura,
con specifico riferimento alla questione dei lavori
relativi alle ringhiere, riferiscono (pag. 58 del ricorso)
che diversamente aveva opinato il giudice di primo grado,
proprio sulla base della documentazione che invece la Corte
27

riconsiderazione delle risultanze istruttorie acquisite nel

d’appello ha ritenuto inidonea a fondare il detto
convincimento.
Peraltro, la valutazione dei lavori sulle ringhiere dei
balconi non può ritenersi decisiva ai fini della soluzione

dalla Corte d’appello «pacifica tra le parti la
demolizione e sostituzione dei frontalini e la corretta
ricomprensione di detti lavori, così come ritenuto dal
primo giudice, tra quelli da porsi a carico di ciascun
condomino in proporzione ai rispettivi millesimi, in quanto
afferenti alla facciata condominiale» – non può revocarsi
in dubbio l’inerenza delle ringhiere, in quanto elementi
esterni incidenti sulla estetica del fabbricato, alla
stessa facciata dell’edificio, della quale non è contestata
la natura comune (con conseguente ripartizione per
millesimi di proprietà) pur in presenza della disposizione
regolamentare invocata dai ricorrenti.
Per quanto attiene poi al secondo profilo della
4 proposta censura, deve rilevarsi che lo stesso attiene ad
una valutazione – e cioè se l’intervento sui frontalini
richiedesse o no, per la sua realizzazione anche un
intervento su altre parti dei balconi e se, quindi, la
spesa relativa dovesse essere riferita,

al pari di quella

concernente i frontalini, a tutti i condomini e ripartita
secondo i rispettivi millesimi di proprietà, ovvero se il
28

della presente controversia, atteso che, come affermato

detto intervento dovesse essere posto esclusivamente a
carico dei proprietari dei balconi – che costituisce
espressione diretta di un apprezzamento di merito, sorretto
da adeguata motivazione e quindi incensurabile in sede di

8. – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
In applicazione del principio della soccombenza,
ricorrenti, in solido tra loro, devono essere condannati al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, come
liquidate in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti, in

solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, liquidate in euro 2.700,00, di cui euro
2.500,00 per compensi, oltre a spese forfetarie e accessori
di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione
civile della Corte suprema di cassazione in data 30 maggio

legittimità.

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