Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6551 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 28/02/2022), n.6551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O.V., nato il (OMISSIS) a (OMISSIS) (Nigeria),

elettivamente domiciliato in Messina, via Placida n. 13, presso lo

studio dell’avv. Alessandro Praticò (P.E.C.

alessandropratico.pec.ordineavvocatitorino.it) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato ex lege presso Avvocatura dello Stato in Roma, PEC

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it;

– intimato –

avverso il decreto n. 1420/2021 del Tribunale di Torino, depositato

in data 1 marzo 2021, R.G. n. 14287/2019;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Andrea

Fidanzia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato il 5 giugno 2019, O.V., nato il (OMISSIS) a (OMISSIS) (Nigeria), ha adito il Tribunale di Torino impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Nel richiedere il riconoscimento della protezione internazionale o ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, il ricorrente esponeva le seguenti ragioni: di aver lavorato come autista di taxi; che un giorno aveva accompagnato quattro persone, tre uomini e una donna dirette a (OMISSIS); che una volta giunti a destinazione tre sarebbero scesi dall’auto e uno sarebbe rimasto a bordo, chiedendogli di attenderli; che dopo poco avrebbe iniziato a sentire degli spari e la persona rimasta a bordo lo avrebbe minacciato di mettere in moto l’auto e partire puntandogli contro una pistola; l’auto avrebbe avuto problemi e non sarebbe partita; di essere riuscito a scappare, lasciando nel taxi il suo telefono e la patente; di essersi riparato in una costruzione e di essersi recato l’indomani a casa dello zio, temendo di essere arrestato; di essersi recato nella zona a controllare la situazione; di aver saputo che la polizia aveva avviato delle indagini e del caso si sarebbe parlato anche in televisione durante una trasmissione in cui sarebbe stato, mostrato il suo volto; di essere rimasto a casa dello zio per sette giorni, di aver saputo che la polizia si era recata a casa sua per cercarlo; di avere lasciato la Nigeria il 2 gennaio 2016; di aver trascorso circa 5 mesi in carcere in Libia; di essere giunto in Italia il 2 novembre 2016.

Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

In particolare, il Tribunale ha rigettato la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, ritenendo il racconto del ricorrente (nonostante le spiegazioni fornite dalla difesa per contestare le conclusioni della Commissione Territoriale) non credibile, lacunoso e generico, evidenziandone le incoerenze intrinseche.

Inoltre, il giudice di merito ha ritenuto insussistenti i requisiti per la concessione della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e ciò alla luce delle COI consultate e menzionate.

Il Tribunale ha, infine, escluso la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286, art. 5, comma 6, in considerazione della mancata allegazione di circostanze di particolare vulnerabilità soggettiva e del mancato raggiungimento di un significativo grado di integrazione in Italia, pur dando atto che il ricorrente ha depositato documentazione di lavoro concernente la prestazione di attività lavorativa stagionale nel settore agricolo negli anni 2019-2020 (buste paga relative ai mesi di giugno, settembre e ottobre 2019 nonché’ giugno e agosto 2020).

Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato il 24 marzo 2021 ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ai quattro motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del 25 novembre 2021 ai sensi dell’art. 380bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo ed il secondo motivo, illustrati congiuntamente, è stato dedotto, rispettivamente, il difetto di motivazione (apparente) e omesso esame di fatti decisivi prospettati dalla parte in relazione all’esigenza di una nuova audizione in giudizio del richiedente (primo motivo) nonché la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e dell’art. 35 bis, comma 10, lett. b) e comma 11, lett. b) (secondo motivo).

Il ricorrente si duole della sua mancata audizione, nonostante ne avesse non solo richiesto chiesto l’assunzione per confutare i dubbi sulla sua credibilità, ma anche indicato gli specifici punti che riteneva meritevoli di chiarimento e approfondimento.

2. Entrambi i motivi sono fondati.

Va osservato che questa Corte, nella sentenza n. 21584/2000, ha formulato il seguente principio di diritto (cui questo Collegio intende dare continuità): “Nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.”

La predetta pronuncia ha, altresì, chiarito, che la valutazione in ordine alla natura circostanziata o solo generica dell’istanza di audizione del richiedente, eventualmente contenuta nel ricorso, è demandata in via esclusiva al giudice di merito, la cui motivazione deve essere strettamente correlata alla specificità dell’istanza ed è sindacabile in sede di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come interpretato alla luce dei parametri della sentenza delle SS.UU n. 8053/2014.

Nel caso di specie, il ricorrente ha documentato, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, di aver evidenziato come nel ricorso di primo grado avesse richiesto che fosse verificato, tramite il suo interrogatorio libero, se le lacune o incongruenze eventualmente ravvisate nelle sue dichiarazioni fossero realmente indice effettivo di mendacio e inattendibilità del dichiarante, e non piuttosto, come dallo stesso allegato, frutto di distorsioni intervenute in sede di traduzione o verbalizzazione, o comunque nella conduzione dell’esame. L’istanza di audizione era stata poi ulteriormente precisata nella memoria di trattazione scritta ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, ex art. 83, comma 7.

Tuttavia, il Tribunale di Torino, nel rigettare l’istanza di audizione, ha reso una motivazione apparente, avendo giustificato il rigetto di tale incombente istruttorio richiesto “sulla scorta della documentazione depositata in atti e alla luce degli elementi già acquisiti”, senza provvedere a precisare in alcun modo né a quali documenti intendesse fare riferimento, né quali elementi ritenesse già acquisiti, aventi una valenza tale da rendere superflua una audizione del richiedente in sede giurisdizionale.

Inoltre, il Tribunale di Torino, ha motivato il rigetto dell’istanza di audizione in relazione ad una sua presunta, in linea di principio, non necessarietà in sede giurisdizionale, alla luce di una giurisprudenza comunitaria (interpretata alquanto restrittivamente), nonostante che, alla data della decisione di primo grado (1.3.2021) fossero già intervenute alcune pronunce di questa Corte (Cass. n. 21584/2020, n. 1 7.10.2020; Cass. n. 22049/2020 del 13.10.2020, Cass. n. 26124/2020 del 17.11.2000) che avevano già evidenziato la necessità del giudice di valutarla sempre in concreto in relazione al suo effettivo contenuto ed alla sua modalità di formulazione.

Ne consegue che il Tribunale di Torino è incorso nei vizi denunciati dal ricorrente.

3. Con il terzo ed il quarto motivo, parimenti illustrati congiuntamente, il ricorrente ha dedotto rispettivamente, il difetto di motivazione (apparente) ed omesso esame di autonomo profilo di domanda, per non avere il Tribunale esaminato in relazione alla richiesta di protezione umanitaria, le specifiche allegazioni del ricorrente in ordine:

– alla situazione socio politica del paese di origine, da scrutinare secondo i criteri propri del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

– alla continuità dei rapporti di lavoro presso il medesimo datore, dando invece indebito esclusivo rilievo alla natura stagionale dei contratti di lavoro (terzo motivo) nonché il difetto di motivazione per aver tratto argomento a sfavore del riconoscimento della protezione umanitaria dall’asserita “irreperibilità del ricorrente”, circostanza questa che è stata affermata in modo del tutto ingiustificato e che non risulta da alcun atto del giudizio (quarto motivo).

4. Entrambi i motivi sono assorbiti.

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato con rinvio al Tribunale di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbiti il terzo ed il quarto, e rinvia al Tribunale di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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