Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6550 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 28/02/2022), n.6550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

L.J., nato il 24 febbraio 2002 nella zona di (OMISSIS)

(Guinea), elettivamente domiciliato in Perugia, via Campo di Marte

n. 6/d, presso l’avv. Anna Lombardi Baiardini

(anna.lombardibaiardini.avvocatiperugiapec.it) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato ex lege presso Avvocatura dello Stato in Roma, PEC

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Perugia, depositato in data 18

febbraio 2021, R.G. n. 3152/2020;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Andrea

Fidanzia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato il 29 luglio 2020, L.J., nato il (OMISSIS) nella zona di (OMISSIS) (Guinea), ha adito il Tribunale di Perugia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria. Nel richiedere il riconoscimento della protezione internazionale o ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, o il c.d. diritto di asilo costituzionale ai sensi dell’art. 10 Cost., comma 3, il ricorrente esponeva che nel 2014 si erano verificati degli scontri tra fazioni da tempo in lotta nella sua zona ossia i guerze’ (cristiani) ed i malinke’ (musulmani) a causa dei quali molte case, chiese e moschee del suo villaggio erano state bruciate e nel corso dei quali sua madre era deceduta; che per tale motivo suo padre aveva accompagnato lui ed i suoi fratelli presso lo zio paterno il quale, assieme a sua moglie, si era incaricato di aiutarlo nella cura e nel suo sostentamento suo e dei suoi fratelli; che ad un certo punto però la famiglia dello zio, non riuscendo più a mantenere, pur con la collaborazione di suo padre, tutti e quattro i ragazzi, aveva iniziato a trattarlo male dicendo che, essendo lui già abbastanza grande se ne doveva andare di lì; che per tale motivo non era riuscito nemmeno a frequentare con continuità la scuola poiché la famiglia non gli aveva pagato gli studi; che nel 2017, stante la indisponibilità dello zio, insieme ai tre fratellini era tornato a vivere con suo padre, il quale aveva sposato una donna di famiglia cristiana ma che praticava la religione mussulmana e che pretendeva che anche lui e i suoi fratelli facessero lo stesso; che al suo rifiuto aveva iniziato a trattarlo male, non dandogli da mangiare, non curandolo e senza alcun aiuto da parte del padre che era spesso assente per lavoro e dava ragione alla moglie; di aver rubato al padre 2 milioni di franchi guineani (circa 200,00 Euro) ed era partito a gennaio 2018; aveva attraversato il Mali ed era giunto in Italia ancora minorenne; non aveva più sentito i suoi familiari da circa un anno.

Per quanto ancora rileva (essendo stato impugnato in questa sede solo il mancato riconoscimento della protezione umanitaria), il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, o al c.d. diritto di asilo o protezione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, commi 1 e 1.1., in considerazione della mancata allegazione di elementi comprovanti l’integrazione in Italia e la sua vulnerabilità soggettiva.

Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato il 5 marzo 2021 ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo un unico articolato.

L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del 25 novembre 2021 ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente ha dedotto: “VIZIO DI OMESSO ESAME E DI MOTIVAZIONE INESISTENTE, RESA ATTRAVERSO UNA MERA APPARENZA ARGOMENTATIVA AI SENSI DELL’ART. 360 C.P.C., comma 1, n. 4; OMESSO ESAME CIRCA UN FATTO DECISIVO DEL GIUDIZIO AI SENSI DELL’ART. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO EX ART. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 5, e al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32, del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 5, comma 6 e art. 19, commi 1 e 1.1., art. 28”.

Il ricorrente censura il decreto impugnato perche è stato espresso il giudizio di non credibilità in modo contraddittorio e con motivazioni inconsistenti, venendosi, altresì, meno al dovere di cooperazione istruttoria. In particolare, rileva che il Tribunale non ha tenuto in considerazione la tenera età del ricorrente, il quale ha intrapreso l’espatrio a soli quindici anni ed è giunto in Italia ancora minorenne. Non ha considerato gli elementi comprovanti la sua integrazione in Italia nonostante fosse stata prodotta la documentazione attestante il completamento degli studi medi e la frequenza di corsi di formazione professionale. Non ha operato la comparazione fra tale situazione di integrazione in corso con la situazione della Guinea desumibile dalle fonti internazionali.

2. Il ricorso è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che le allegazioni del ricorrente in ordine alla sua situazione di vulnerabilità (dovuta anche alla tenera età) nonché alla sua integrazione sociale in territorio italiano (frequenza di corsi di formazione e produzione in giudizio dei relativi attestati) sono prive del requisito di autosufficienza. In particolare, il richiedente non ha neppure dedotto “dove” e come” ha sottoposto tali questioni all’esame del giudice di merito, delle quali non vi è alcuna traccia nel decreto impugnato.

Non vi è dubbio che il ricorrente si sia limitato inammissibilmente a contestare la valutazione di fatto compiuta dal giudice di merito in ordine al livello di integrazione dallo stesso raggiunto nel nostro paese, non confrontandosi neppure con il preciso rilievo del Tribunale di Perugia secondo cui il richiedente non aveva neppure allegato di aver trovato un lavoro in Italia.

Non si liquidano le spese di lite in conseguenza della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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