Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6550 del 22/03/2011

Cassazione civile sez. III, 22/03/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 22/03/2011), n.6550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3096/2009 proposto da:

D.E. (OMISSIS), L.M.

(OMISSIS), LU.MA. (OMISSIS), L.

B. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI GIAMMARIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato VITIELLO Mario giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ANAS ENTE NAZIONALE STRADE C.P.A. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1750/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

Sezione Seconda Civile, emessa il 16/10/2008, depositata il

05/12/2008 R.G.N. 169/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato CAMICI GIAMMARIA (per delega dell’Avv. VITIELLO

MARIO);

udito il P.M.,in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. La vedova di L.P., D.E., citò in giudizio dinanzi al Tribunale di Prato l’ANAS per il risarcimento dei danni patiti da lei e dalle figlie minori ( L.M., Lu.Ma. e L.B.) in dipendenza del decesso del rispettivo marito e padre, occorso il (OMISSIS) e dovuto, secondo l’attrice, alla circostanza che questi era precipitato nella scarpata sottostante il km 49 della S.S. (OMISSIS) in località (OMISSIS), attraverso un varco nel muretto di protezione, così trovando la morte.

1.2. Il Tribunale di Prato riconobbe la responsabilità della convenuta, in quanto tenuta alla manutenzione del muretto di protezione della strada, ai sensi dell’art. 2051 c.c., ed all’adozione di scelte alternative all’interruzione del muretto ai fini dello scarico della neve, che non fossero pregiudizievoli per gli utenti della strada; al contempo, riconobbe pure la colpa della vittima, che aveva concorso alla propria fuoriuscita dalla sede stradale per avere attraversato l’opposta corsia.

1.3. A seguito del gravame interposto dall’ANAS, la Corte di Appello di Firenze, in riforma della impugnata sentenza, ha ritenuto invece che la discontinuità del muretto di protezione andasse ascritta a scelte discrezionali della P.A., così escludendo l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., e, inquadrata la fattispecie nella previsione dell’art. 2043 c.c., definendo abnorme la condotta di guida dell’automobilista, che aveva invaso l’opposta corsia di marcia, dovuta alla perdita di controllo del veicolo e “verosimilmente … a velocità eccessiva”: tanto da riformare integralmente la sentenza di primo grado ed affermare l’esclusiva responsabilità della vittima nella causazione del sinistro.

2. Avverso tale sentenza della Corte di Appello, recante il n. 1750/08 e pubblicata il 5.12.08, D.E., L. M., Lu.Ma. e L.B. propongono ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi, cui resiste l’ANAS con controricorso; e, per la pubblica udienza del 9.2.11, le sole ricorrenti, depositata anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., compaiono per la discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Le ricorrenti sviluppano tre motivi:

3.1. un primo, di omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), indicando quest’ultimo – ai sensi dell’art. 366 bis cpv. c.p.c. – nella circostanza dell’omessa adozione, illegittima, da parte della P.A. custode della strada caratterizzata da curve pericolose, del muretto di contenimento solo nella curva dalla quale era fuoriuscita l’auto (a differenza degli altri tratti), semplicisticamente giustificata dalla P.A. con il pretestuoso richiamo al principio della scelta discrezionale, senza fornire alcuna prova di avere osservato le norme di comune prudenza e diligenza; e lamentando che la Corte di Appello, senza motivazione o comunque con motivazione sbrigativa, insufficiente ed inidonea a giustificare la sua decisione, ha ritenuto ingiustamente di escludere la responsabilità oggettiva del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., solo pedissequamente recependo il semplicistico ed inconferente richiamo al principio della discrezionalità operato dalla P.A.;

3.2. un secondo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e del D.M. LL.PP 18 febbraio 1992, n. 223, art. 1 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3), concludendolo col seguente quesito di diritto: se l’accertamento, anche per presunzioni, del verificarsi di un evento dannoso e del suo rapporto causale con la cosa in custodia, potenzialmente lesiva – nella specie, un’autovettura fuoriuscita dalla sede stradale e precipitata nella sottostante scarpata attraverso un varco lasciato privo del sistema di protezione in una curva pericolosa, su strada sottoposta a controllo giornaliero – è idoneo e sufficiente all’affermazione della responsabilità oggettiva disciplinata dall’art. 2051 c.c. a carico dell’Ente custode, senza che il semplice richiamo dell’Ente stesso al principio della discrezionalità della scelta, in mancanza di ogni prova dell’osservanza delle comuni norme di diligenza e prudenza, possa legittimare o giustificare la condotta omissiva produttiva del danno;

3.3. un terzo, di violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), concludendolo col seguente quesito di diritto: se, in tema di violazione del principio generale del neminem laedere e della relativa responsabilità ex art. 2043 c.c. della P.A. custode – nella specie per avere omesso la installazione di un muretto di protezione in una curva pericolosa, a differenza degli altri analoghi tratti antecedenti e susseguenti -, la fuoriuscita di strada di un veicolo, con conseguente caduta nella scarpata, nella curva pericolosa attraverso il varco rimasto non protetto, costituisca evento probabile e prevedibile, e non fattore esterno, abnorme ed imprevedibile, idoneo, da solo, ad interrompere il nesso causale fra la colposa omissione dell’Ente custode e il danno.

4. Dal canto suo, l’ANAS contesta l’ammissibilità – anche in relazione alla formulazione dei quesiti – e la fondatezza di ciascuno dei motivi di ricorso; ma le censure preliminari non possono essere condivise, attesa la sufficienza dell’articolazione dei quesiti in relazione ai motivi sviluppati:

4.1. il primo motivo è sorretto da un idoneo passaggio riassuntivo del fatto controverso (l’attribuzione della discontinuità del muretto proprio in una curva pericolosa ad una scelta discrezionale della P.A.) e dalla connotazione del vizio nel dedotto carattere semplicistico dell’affermazione della sufficienza della discrezionalità della scelta ad escludere la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.;

4.2. il quesito a corredo del secondo motivo configura l’estensione della norma dell’art. 2051 c.c., ed in particolare la persistenza di un obbligo generale di adottare, nonostante la discrezionalità della P.A., misure atte a scongiurare situazioni di obiettivo pericolo:

questione evidentemente trattata nei due gradi di merito e risolta in senso negativo dalla Corte di Appello;

4.3. il quesito a corredo del terzo motivo configura a sua volta l’ambito di applicabilità dell’art. 2043 c.c., e tende ad escludere la possibilità di qualificare come abnorme la condotta di guida dell’automobilista che perde il controllo ed invade l’opposta corsia di marcia: questione invece risolta in senso opposto dalla Corte fiorentina.

5. In via preliminare, i principi giuridici che disciplinano la responsabilità da cosa in custodia possono così riassumersi, secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Suprema Corte:

5.1. la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c., prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento;

5.2. tale responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno (tra le ultime:

Cass. 7 aprile 2010 n. 8229, Cass. 5 dicembre 2008 n. 28811);

5.3. è precluso, in sede di legittimità, soltanto il riesame della valutazione del materiale istruttorio, se congruamente e logicamente motivata, ovvero se non possa censurarsi la motivazione sul punto operata dal giudice di merito.

6. Ciò posto ed in applicazione di detti principi al caso di specie, va rilevato che dei motivi di ricorso:

6.1. è fondato il primo:

6.1.1. la mera circostanza dell’interruzione o discontinuità del muretto di protezione dal lato della scarpata non fonda di per sè affatto, nemmeno sulla base di nozioni di comune esperienza, che essa sia ricondotta alla scelta discrezionale della P.A.;

6.1.2. non vi è alcuna indagine sugli atti progettuali di quest’ultima, nè è sufficiente il contenuto del rapporto dei verbalizzanti, che non specifica se tale caratteristica è rispettata per tutta la lunghezza della strada, tanto da configurarne una peculiarità strutturale originaria;

6.1.3. soprattutto ed in via dirimente, neppure è stato approfondito il decisivo aspetto, appunto denunciato dalle ricorrenti, della congruità di una tale scelta, quand’anche fosse stata deliberatamente adottata, in rapporto al generale obbligo di non recare ad altri un danno ingiusto, in relazione al fatto che una protezione dalle cadute era stata omessa in un tratto insidioso di una strada di montagna e soprattutto in relazione alla presenza del muretto di recinzione in altri tratti, tale da indurre anche un affidamento negli automobilisti sulla persistenza del manufatto in ogni altro punto e soprattutto in quelli più pericolosi;

6.2. è fondato il secondo:

6.2.1. comunque, che la discontinuità del muretto dipendesse o meno da una scelta discrezionale della P.A. costituirebbe un elemento del tutto irrilevante ai fini della configurabilità della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c.: bastando in tal senso, secondo il più recente indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, il mero nesso eziologico tra la cosa e l’evento, senza che assuma rilevanza l’eventuale pericolosità della cosa stessa e restando esclusa la responsabilità soltanto dal caso fortuito (tra le più recenti, v. Cass. 7 aprile 2010 n. 8229);

6.2.2. risulta quindi errata la determinazione della Corte di merito di ricondurre la fattispecie alla generale regola dell’art. 2043 c.c., anzichè a quella dell’art. 2051 c.c.;

6.3. è fondato il terzo:

6.3.1. è immediatamente ascrivibile alla conformazione stessa della cosa, cioè della strada priva proprio al centro di una curva pericolosa – ed ubicata immediatamente sopra una scarpata – di un muretto di protezione esistente invece nei tratti immediatamente successivi ed antecedenti, la circostanza della fuoriuscita dalla sede stradale di un’autovettura ivi circolante, quand’anche questa si sia trovata ad invadere la corsia di marcia opposta;

6.3.2. infatti, non ogni e qualsiasi violazione del codice della strada (come appunto, nel caso in esame, l’invasione della corsia opposta di marcia, a qualunque causa dovuta) rende abnorme la condotta di guida: in tema di responsabilità civile, affinchè la violazione di una norma possa costituire causa o concausa di un evento, è necessario che essa sia preordinata ad impedirlo; in caso contrario la condotta trasgressiva del contravventore assume autonoma rilevanza giuridica, non però costitutiva di un rapporto di causalità con l’evento, in relazione al quale diviene un mero antecedente storico occasionale l (Cass. 9 giugno 2010 n. 13830);

6.3.3. poichè l’obbligo di non invadere la corsia riservata al senso opposto di marcia (od anche quello di tenere strettamente la destra) non può ritenersi finalizzato ad evitare di uscire di strada dal lato opposto della carreggiata e di precipitare nelle scarpate che per avventura si trovino al di là di questo, la violazione della corrispondente norma del codice della strada non ha avuto efficacia causale esclusiva dell’evento lesivo (inteso come caduta nella scarpata non protetta);

6.3.3. elide allora il nesso di causalità tra la cosa e l’evento soltanto una condotta della vittima che rivesta il carattere di una peculiare imprevedibilità e con caratteristiche tali che esse si debbano ritenere eccezionali e cioè manifestamente estranee ad una sequenza causale ordinaria o “normale”, corrispondente allo sviluppo potenzialmente possibile in un contesto dato secondo l’id quod plerumque accidit: ed in una strada di montagna con curve frequenti ed insidiose la possibilità che, sia pur non rispettando rigorosamente le norme del codice della strada, nell’affrontare una curva un veicolo possa, anche in relazione alle condizioni della curva ed a quelle meteorologiche in atto, non riuscire a seguirne ed assecondarne con perfezione geometrica l’andamento, non costituisce affatto un evento abnorme, cioè contrario od estraneo alle regole della statistica;

6.3.4. resta beninteso riservato al giudice di merito l’apprezzamento, tipicamente di fatto, dell’entità dell’apporto causale della condotta di guida del conducente che abbia appunto omesso di attenersi alle specifiche regole del codice della strada o a quelle di comune prudenza imposte dallo stato dei luoghi: ma tanto, come già in precedenza precisato da questa Suprema Corte, potrà essere valutato ai fini dell’applicazione dell’art. 1227 c.c. (tra le altre, v. Cass. 8 agosto 2007 n. 17377).

7. La gravata sentenza della Corte di Appello di Firenze, che non ha correttamente motivato in diritto ed incongruamente motivato in fatto sulle ragioni di esclusione dell’applicabilità alla fattispecie dell’art. 2051 c.c., va pertanto cassata, con rinvio ad altra sua sezione anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità, che si atterrà al seguente principio di diritto: l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alla conformazione stessa della strada e delle sue pertinenze, indipendentemente dal fatto che l’una o l’altra dipendano da scelte discrezionali della P.A.; su tale responsabilità influisce certamente la condotta della stessa vittima, la quale può assumere efficacia causale esclusiva (con esclusione quindi della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.), però, soltanto ove possa qualificarsi abnorme e cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto (e tale non può ritenersi – se non altro in astratto – l’invasione, nell’affrontare una curva in una strada di montagna, dell’opposta corsia di marcia); diversamente, la condotta stessa potrà rilevare ai fini del concorso nella causazione dell’evento ai sensi dell’art. 1227 c.c., secondo le circostanze del caso da apprezzarsi dal giudice di merito ed incensurabili in sede di legittimità, purchè congruamente e logicamente motivate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2011

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