Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6549 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 28/02/2022), n.6549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.M., cittadino del Senegal nato il (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte

di cassazione rappresentato e difeso dell’Avv. Luigi Natale, giusta

procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso decreto n. cron. 349/2021 del Tribunale di Napoli emesso il

24 dicembre 2020 nel procedimento n. R.G.29981/2018;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Andrea

Fidanzia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, C.M., cittadino del Senegal, nato a (OMISSIS), nella regione di (OMISSIS), (OMISSIS), il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Napoli impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente riferiva di aver lasciato il suo Paese per timore di essere ucciso o reclutato dai ribelli, che avevano assassinato il padre.

Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto narrato dal ricorrente, a causa delle numerose incongruenze e contraddizioni, e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale, considerata anche la situazione generale del Senegal, descritta con l’indicazione delle fonti di conoscenza. Il Collegio non ha ritenuto, altresì, integrati i presupposti per il riconoscimento della protezione speciale, in assenza di profili di vulnerabilità, nonché di elementi significativi di un percorso di integrazione.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione C.M., affidandolo a due motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del giorno 25 novembre 2021 ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECIZIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a, e art. 14 e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, (art. 360 c.p.c., n. 3) Motivazione apparente e perplessa (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il ricorrente contesta il rigetto, da parte del Tribunale di Naoli, della domanda di protezione sussidiaria, ritenendo che il giudice di merito non abbia posto in essere un’adeguata attività istruttoria volta all’accertamento delle condizioni socio-politiche del Paese di origine, con particolare riferimento alla regione del (OMISSIS), attraverso fonti aggiornate al momento della decisione.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790). Nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato, alla luce di fonti internazionali qualificate ed aggiornate al marzo 2020, l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nella regione del (OMISSIS) in Senegal (essendo quello in (OMISSIS) da tempo qualificato come “conflitto a bassa intensità”) ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. del 12/12/2018 n. 32064). Ne consegue che le censure del ricorrente – peraltro assai generiche, essendosi limitato a menzionare Amnesty International e il Ministero degli Affari Esteri quali siti affidabili, ma senza neppure indicare il contenuto delle diverse asserite informazioni acquisite – sul punto si configurino come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal giudice di merito.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, (art. 360 c.p.c., n. 3) nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il ricorrente censura il mancato riconoscimento della protezione speciale, contestando la valutazione svolta dal Tribunale, alla luce dei seguenti profili di vulnerabilità: la giovane età, l’assenza di legami nel Paese di origine, una buona integrazione, il rischio di compromissione dei diritti fondamentali in caso di rimpatrio, vista l’instabilità della (OMISSIS), nonché in considerazione della pandemia in corso.

4. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente contesta la decisione del Tribunale di Napoli di mancato riconoscimento della protezione umanitaria, deducendo in modo meramente assertivo di essere esposto, in caso di rimpatrio, al pericolo di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, ad una minaccia grave e individuale alla sua vita ed alla sua persona, ed alla compromissione dei diritti fondamentali, oltre ad allegare una buona integrale sociale in Italia.

Le censure del ricorrente sono inammissibili, in quanto di merito, essendo, parimenti, finalizzate a sollecitare una diversa valutazione di fatto rispetto a quella operata dal giudice di merito, il quale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente in relazioni alle numerose incongruenze e contraddizioni in cui lo stesso è incorso ed ha, altresì, ritenuto l’insussistenza di una situazione di vulnerabilità del richiedente, per non avere costui offerto il minimo apprezzabile supporto ad una qualunque possibilità di ricollegare la sua persona alle svariate ed eterogenee problematiche affliggenti il paese africano.

Con tali precisi rilievi del Tribunale di Napoli il ricorrente non ha ritenuto di confrontarsi, limitandosi a richiamare le precedenti doglianze.

Il richiedente non si è neppure minimamente confrontato con la chiara affermazione del giudice di merito secondo cui lo stesso non aveva fornito alcuna documentazione comprovante il suo percorso d’integrazione sul territorio nazionale, essendosi limitato, a dedurre su tale punto una imprecisata “buona integrazione sociale in Italia”.

Infine, anche la censura relativa alla emergenza da Covid ‘19 si appalesa inammissibile per genericità. Il ricorrente si duole della mancata pronuncia del Tribunale su tale questione, senza neppure indicare quali allegazioni avesse svolto sul punto al giudice di merito (limitandosi ad indicare la pagina della memoria in cui avrebbe trattato tale questione).

Non si liquidano le spese di lite in conseguenza della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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