Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6549 del 22/03/2011

Cassazione civile sez. III, 22/03/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 22/03/2011), n.6549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2593/2009 proposto da:

S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ISONZO 42-A, presso lo studio dell’avvocato REALI Achille,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CORDELLI MARCO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE APRILIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 262,

presso lo studio dell’avvocato PADULA GIULIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato PADULA Giuseppe giusta delega a margine della memoria

difensiva del 28/01/2009;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1702/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Prima Civile, emessa il 03/04/2008, depositata il 21/04/2008

R.G.N. 7926/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato REALI ACHILLE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. S.A. ed P.A., nella rispettiva qualità di conducente e proprietaria della vettura Citroen Saxo tg.

(OMISSIS), citano in giudizio il Comune di Aprilia per sentirlo condannare al risarcimento dai danni rispettivamente patiti a seguito del sinistro occorso il (OMISSIS) alla vettura stessa, che, impattato in una grossa buca sul manto stradale di una via comunale, era andata poi a collidere contro un muro, capovolgendosi.

1.2. Il Tribunale di Latina rigetta la domanda (con sentenza n. 485/04, pubblicata il 16.2.04), escludendo la riconducibilità della fattispecie alla previsione dell’art. 2051 c.c. e ritenendo non provati i presupposti per ricondurla all’art. 2043 c.c.; ma la Corte di Appello di Roma, adita in sede di gravame, pur ammettendo la sussunzione della fattispecie entro la prima di dette due norme, esclude poi la sussistenza di valida prova tra lo stato dei luoghi e l’evento dannoso patito, confermando la gravata sentenza con sentenza n. 1702/08, pubbl. il 21.4.08 e notif. il 19.11.08.

2. Avverso tale ultima sentenza propongono ricorso per cassazione la S. e la P., affidandosi a due articolati motivi; il Comune di Aprilia, dal canto suo, pur non notificando controricorso, deposita memoria difensiva; e le sole ricorrenti discutono oralmente la causa alla pubblica udienza del 9.2.11.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Le ricorrenti sviluppano due articolati motivi:

3.1. un primo, cumulativamente riferito a violazione di legge – in relazione agli artt. 2051 e 2697 c.c. e art. 113 c.p.c. – ed a vizio di motivazione, concluso con un triplice quesito sostanziato sulla sufficienza del nesso causale tra stato della cosa ed evento;

3.2. un secondo, anch’esso cumulativamente riferito a violazione di legge – in relazione agli artt. 2699 e 2700 c.c., artt. 2697, 2727, 2730 e 2735 c.c., artt. 113, 112 e 115 c.p.c. – ed a vizio di motivazione, concluso con un quadruplice quesito sostanziato sul valore di prova privilegiata del verbale dei VV.UU. sulla ricostruzione dei fatti non direttamente percepiti, anche in quanto proveniente da organi della P.A. convenuta.

4. L’intimato Comune di Aprilia, nella memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., deduce in primo luogo l’inammissibilità del ricorso, sia per la carenza di un momento di sintesi riferito al pure dedotto vizio di motivazione, sia per il riferimento della deduzione di nullità della sentenza al n. 3 anzichè al n. 4 dell’art. 360 c.p.c.; ne contesta comunque il fondamento, sostenendo la non configurabilità, nel caso di specie, della c.d. insidia o trabocchetto e formulando due quesiti.

5. In primo luogo, inammissibili sono certamente i quesiti formulati dal resistente Comune con una memoria difensiva.

6. Ciò posto, il ricorso non può essere accolto. In particolare, per il suo carattere preliminare in ordine alla ricostruzione del fatto cui si riferisce la controversia, è opportuno esaminare dapprima il secondo motivo; ed esso è infondato:

6.1. per giurisprudenza assolutamente consolidata il processo verbale può fare fede della verità di fatti o circostanze esclusivamente quando essi siano stati materialmente percepiti – e per di più in quanto siano insuscettibili di apprezzamento o di diversa valutazione – o compiuti direttamente dai verbalizzanti;

6.2. in effetti (tra le ultime, v. Cass. 20 marzo 2007 n. 6565), il verbale degli accertatori può assumere un valore probatorio disomogeneo, che si risolve in un differente livello di attendibilità: il verbale fa piena prova fino a querela di falso relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale (v.

anche Cass. 27 ottobre 2008 n. 25842), nonchè quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alla estrinseca verità delle dichiarazioni a lui rese (cioè, del fatto che gli siano state rese con quel tenore); quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi, la fede che può attribuirsi al verbale si differenzia poi a seconda che sia possibile o meno, con la specifica indicazione delle fonti di conoscenza, controllare il contenuto delle dichiarazioni (sussistendo, in caso di indicazione, quella fede fino a prova contraria ovvero, nel caso opposto, degradando a mero elemento di prova);

6.3. la circostanza che gli accertatori siano, nel caso di specie, organi della P.A. proprietaria della cosa da cui sarebbe derivato il danno resta del tutto irrilevante, non constando che essi possano impegnare in alcun modo la volontà di quest’ultima ed escludendosi quindi qualunque valore confessorio od assimilabile alle loro argomentazioni o affermazioni;

6.4. il giudice di merito ha, nel caso di specie, effettivamente comparato le risultanze del verbale redatto dagli accertatori, in modo conclamato giunti sul posto dopo la verificazione del sinistro, con gli elementi di fatto risultanti dal medesimo, giungendo motivatamente – con valutazione che si è vista ormai irretrattabile in questa sede, anche per l’inammissibilità della relativa censura – ad escludere la stessa attendibilità della ricostruzione operata dai verbalizzanti.

7. Proprio dalla considerazione della ricostruzione dei fatti come operata dalla Corte territoriale discende l’infondatezza del primo complesso motivo di ricorso:

7.1. i principi giuridici che disciplinano la responsabilità da cosa in custodia possono così riassumersi: la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c., prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno (tra le ultime:

Cass. 7 aprile 2010 n. 8229, Cass. 5 dicembre 2008 n. 28811);

7.2. è però precluso, in sede di legittimità, il riesame della valutazione del materiale istruttorie, se congruamente e logicamente motivata, ovvero se non possa censurarsi la motivazione sul punto operata dal giudice di merito;

7.3. e, nel caso di specie, è incensurabile la motivazione operata dalla Corte territoriale in ordine alla riconducibilità dello sbandamento della vettura non alla buca esistente sul suolo, ma ad altra causa, rimasta ignota (v. ultima pagina della gravata sentenza, primo capoverso): all’esito di una approfondita comparazione delle risultanze istruttorie e di tutte le circostanze di fatto, ma soprattutto con un motivato apprezzamento di fatto, il giudice del merito ha ravvisato la causa del sinistro in qualcosa di diverso, sebbene ignoto, rispetto alla condizione della strada; e con ciò esclude in radice il nesso eziologico tra cosa custodita – cioè strada, sia pure con buca – ed evento;

7.4. per l’intangibilità di tale accertamento in questa sede e della conseguente irrimediabile elisione del nesso tra sinistro e strada, non può fondarsi la responsabilità del proprietario di questa, a nessuno dei titoli venuti in considerazione nel corso del giudizio (prioritariamente, ai sensi dell’art. 2051 c.c.; sussidiariamente, ai sensi dell’art. 2043 c.c.).

8. Il ricorso va pertanto rigettato; ma, quanto alle spese, la conclamata sussistenza delle pessime condizioni della strada, benchè ne sia stata esclusa nei gradi di merito – e con valutazione qui insuperabile l’efficienza causale nel sinistro, integra un giusto motivo di integrale compensazione se non altro per il presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2011

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