Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6548 del 10/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 10/03/2021), n.6548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2276-2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e

difeso dagli Avvocati FERDINANDO EMILIO ABBATE, MARA MANFREDI;

– ricorrente-

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11084/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 01/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.A. convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di Civita Castellana, la Presidenza del Consiglio dei ministri, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni conseguenti alla violazione, da parte dello Stato italiano, della Dir. 98/83/CE del Consiglio dell’Unione Europea in materia di limiti dei valori di arsenico ammessi nell’acqua destinata al consumo umano.

A sostegno della domanda espose di essere residente nel Comune di (OMISSIS) e titolare di un’utenza di acqua potabile, e che nel territorio di quel Comune erano stati riscontrati livelli di arsenico nell’acqua potabile superiori alla soglia di 10 microgrammi per litro individuata dalla Dir. 98/83/CE del Consiglio dell’Unione Europea.

Si costituì in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri, proponendo varie eccezioni preliminari e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.

Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò la parte convenuta al risarcimento dei danni nonchè al pagamento delle spese processuali.

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Tribunale di Roma, con sentenza del 1 giugno 2018, ha dichiarato il gravame inammissibile per tardività, compensando le spese del giudizio di appello.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Roma ricorre A.A. con atto affidato ad un solo motivo.

Resiste la Presidenza del Consiglio dei ministri con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile perchè, come correttamente ha eccepito l’Avvocatura dello Stato, è stato presentato privo di una valida procura speciale ai sensi dell’art. 365 codice di rito civile.

Dal controllo degli atti risulta, infatti, che l’unica procura alle liti, rilasciata peraltro a margine di un foglio bianco, contiene la generica dicitura “delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio e nei successivi gradi compresa l’esecuzione, l’avv. Abbate e l’avv. Manfredi”. Si tratta, come facilmente è comprensibile, della medesima procura che la parte aveva rilasciato agli odierni difensori nel giudizio di merito, ma che non può valere come procura speciale per il giudizio di cassazione, anche perchè non fornisce alcuna garanzia circa l’avvenuto suo effettivo conferimento in una data successiva al deposito della sentenza impugnata.

2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna dei difensori, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, posto che la suddetta carenza del ricorso non può in alcun modo essere imputata alla parte privata (v. ordinanza 10 ottobre 2019, n. 25435).

La relativa liquidazione segue come da dispositivo, in conformità al D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei medesimi difensori, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto (v. ordinanza 9 dicembre 2019, n. 32008).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i difensori, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 800, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei difensori, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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