Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6547 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 14/03/2017, (ud. 20/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13196/2015 proposto da:

S.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato CRESCENZA SANTACROCE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PROSCIUTTIFICIO FALERIA S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 108, presso lo studio

dell’avvocato BRUNO SCONOCCHIA, rappresentata e difesa dagli

avvocati MAURIZIO CINELLI, PIERGIORGIO PARISELLA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 651/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 14/11/2014 R.G.N. 331/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito l’Avvocato SANTACROCE CRESCENZA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 14 novembre 2014, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da S.G. volta ad accertare l’illegittimità del licenziamento a lui intimato dalla Prosciuttificio Faleria Srl per giustificato motivo oggettivo dovuto a sopravvenuta inidoneità alle mansioni di addetto alla lavorazione dei prosciutti.

La Corte territoriale ha ritenuto accertata tale inidoneità alle lavorazioni svolte in azienda come dichiarata dal medico competente per una patologia ingravescente tale da comportare “la inidoneità assoluta alla movimentazione manuale dei carichi pesanti (nonchè alla esecuzione di movimenti ripetuti e posture incongrue)”; constatato poi che tutti gli operai addetti al ciclo produttivo svolgevano a rotazione le diverse mansioni, secondo la Corte da tale organizzazione del lavoro si ricavava che “non era possibile riservare al S. mansioni tali da aggirare il giudizio di non idoneità del medico competente”; quanto alle mansioni inferiori di addetto alle pulizie, la Corte di Appello ha accertato che tali compiti “non potevano integrare e coprire un turno di lavoro a tempo pieno”.

2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso S.G. con tre motivi. Ha resistito con controricorso l’intimata società.

3. Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione della L. 12 marzo 1999, art. 42, nonchè errata interpretazione dei fatti”. Si eccepisce che la Corte territoriale avrebbe “omesso di considerare le altre mansioni a cui il datore di lavoro poteva e doveva adibire il ricorrente”; che, nonostante la genericità del giudizio di inidoneità del medico competente limitata alle sole mansioni che comportavano uno sforzo fisico, la Corte, “travisando i fatti e interpretandoli erroneamente”, avrebbe “considerato a priori che ogni fase del lavoro comportasse sforzo fisico”.

Il motivo non può trovare accoglimento, perchè oltre a non individuare correttamente la norma di diritto che sarebbe stata violata, nella sostanza, nonostante l’involucro solo formale della dedotta violazione di legge, critica la valutazione dei fatti così come apprezzata dal giudice del merito cui compete. Esso, infatti, non tiene conto che si applica alla sentenza impugnata il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, di cui non si cura.

Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4, 5 e 35 Cost., dell’art. 1464 c.c., della L. n. 604 del 1966, art. 3, nonchè errata e fuorviante interpretazione”. Si deduce che la Corte distrettuale “ha ritenuto adempiuto l’onere probatorio incombente sul datore di lavoro con la semplice descrizione del ciclo produttivo, senza riscontrare concretamente la dimostrazione della impossibilità della praticabilità di una collocazione del lavoratore in ambito aziendale sia pure in mansioni diverse da quelle rispetto alle quali è stata obiettivamente accertata l’incompatibilità per ragioni fisiche”.

Il mezzo di gravame è infondato in quanto la sentenza impugnata ha effettuato proprio tale accertamento che non può essere riesaminato in sede di legittimità per quanto innanzi espresso.

Con il terzo motivo si denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè travisamento dei fatti”, per avere la Corte di Appello ritenuto che non fosse possibile una diversa collocazione del lavoratore nell’ambito dell’azienda convenuta.

Il motivo è radicalmente inammissibile perchè formulato anch’esso senza considerare il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deducendo censure di “vizi di motivazione” in base ad un testo della disposizione processuale non applicabile alla sentenza impugnata.

3. Pertanto il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione risulta nella specie proposto in data 13 maggio 2015 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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