Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6545 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Ctolilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

T.A., rappresentato e difeso dall’avv. Villanova Enrico

(p.e.c. enricovillanova.pec.ordineavvocatitreviso.it) per procura

speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente-

avverso il decreto del Tribunale di Venezia, emesso in data 4

febbraio 2021, R.G. n. 5164/2019;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, T.A., cittadino della Costa d’Avorio, ha adito il Tribunale di Venezia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente esponeva di aver lasciato il proprio paese nel 2016 per sfuggire a dei banditi che volevano ucciderlo e che già in passato avevano ucciso sua sorella.

Il Tribunale, all’esito dell’audizione, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare il Tribunale ha ritenuto che la vicenda narrata fosse non credibile, in quanto generica e non circostanziata in merito a elementi centrali quali il motivo dell’astio dei banditi nei suoi confronti e alla loro identità, nonché in relazione agli episodi di aggressione subiti. Con specifico riferimento ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale, pur riconoscendo una situazione di instabilità politica in Costa d’Avorio, ha escluso, sulla base delle COI acquisite d’ufficio (IOM 2020, UNHCR 2020), che il paese presentasse un livello di insicurezza tale da configurare una situazione di violenza generalizzata. Infine, il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione speciale, applicabile ratione temporis, ritenendo che il ricorrente non avesse raggiunto un adeguato livello di integrazione, non essendo stata prodotta documentazione comprovante lo svolgimento di un’attività lavorativa sufficientemente stabile e con retribuzione adeguata. Inoltre, a parere del Tribunale non sarebbero emersi elementi da cui potessero desumersi i presupposti per il riconoscimento degli altri permessi per casi speciali di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998 o vulnerabilità ostative al rimpatrio del ricorrente.

Avverso il predetto decreto, che si assume pubblicato il 17/2/2021, Abdul Traore ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 18 marzo 2021, svolgendo un unico motivo di ricorso, così rubricato ” Violazione, falsa ed erronea interpretazione e/o applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3″. L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si censura il mancato riconoscimento da parte del Tribunale del permesso di soggiorno per motivi umanitari, laddove quest’ultimo ha subordinato il riconoscimento della protezione residuale all’esito negativo del giudizio di credibilità, omettendo di svolgere una valutazione prognostica sulle conseguenze del rimpatrio o del rifiuto del permesso di soggiorno nella vita del ricorrente, nonché nella parte in cui si è ritenuto irrilevante il percorso di integrazione intrapreso in Italia.

2. La censura è inammissibile.

In relazione al primo profilo censurato dal motivo di ricorso, si evidenza che il Tribunale ha condizionato al giudizio negativo di credibilità l’esame di profili particolari emergenti dalla vicenda posta dal ricorrente alla base dell’espatrio. Irragionevole sarebbe stato valutare tali elementi a fronte della mancata credibilità della vicenda. Posta tale premessa, il Tribunale ha comunque valutato gli ulteriori profili emersi nel corso del giudizio di merito.

Invero, “il riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, pur postulando una condizione di vulnerabilità personale, la cui configurabilità deve costituire oggetto di una valutazione autonoma rispetto a quella dei presupposti richiesti per l’applicazione delle altre forme di protezione, non richiede infatti specifici approfondimenti Data pubblicazione 28/02/2022 istruttori da parte del giudice di merito allorquando, come nella specie, quest’ultimo abbia già escluso la credibilità della vicenda personale allegata dal richiedente, e non siano state fatte valere ragioni di vulnerabilità diverse ed ulteriori rispetto a quelle dedotte a sostegno della domanda di riconoscimento delle forme di protezione c.d. maggiori” (cfr. Cass. n. 29624 del 2020; Cass. nn. 21123 e 21129 del 2019).

Quanto al secondo profilo emergente dal motivo in esame, si evidenzia la genericità delle censure mosse alla motivazione del provvedimento in esame, prive di chiarimenti specifici sul grado di integrazione lavorativa e sociale raggiunta (non sono menzionati contratti o documenti di alcun tipo). Il Tribunale ha ritenuto che non fosse stata allegata documentazione sull’integrazione effettiva in Italia, occorrendo lo svolgimento di un’attività lavorativa sufficientemente stabile e con retribuzione adeguata. Il motivo neppure si confronta con tale statuizione.

3. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso va dichiarato inammissibile. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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