Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6541 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Ctolilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4261-2021 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO,

12/D, presso lo studio dell’avvocato LANZILAO MARCO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE

ROMA;

– intimati –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI ROMA;

– intimata –

avverso il decreto 1913/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

30/12/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. Vella

Paola.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato in data 20/03/2018, il cittadino nigeriano C.A., nato a (OMISSIS), il (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Roma il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, o di quella umanitaria.

2. Il ricorrente, premesso di essere di religione cristiana e di provenire da una famiglia poligama composta da una seconda moglie di religione musulmana, esponeva di essere stato cacciato di casa dal padre insieme alla madre e ai fratelli, in quanto cristiani, e di essersi poi trasferito con loro da una zia dove erano costretti a vivere in un’unica stanza; costretto a lasciare la casa della zia e, non sapendo dove andare, aver iniziato a vivere per strada ed era entrato in contatto con la confraternita AYE, la quale era in contrasto con un altro gruppo chiamato EYE, che lo aveva minacciato di morte; si era perciò determinato a lasciare la Nigeria per recarsi in Libia, dove veniva costretto a svolgere lavori forzati, e poi in Italia, dove allegava di lavorare come bracciante agricolo.

3. Dopo l’audizione del ricorrente, il Tribunale di Roma ha ritenuto insussistenti i presupposti di tutte le forme di protezione invocate. In particolare, ha escluso il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria alla luce della non credibilità del racconto, ritenuto generico e contraddittorio; ha poi ritenuto che l’attuale situazione in Edo State non integri, in base alle fonti C.O.I. consultate, un contesto di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); ha infine riscontrato l’assenza di una particolare condizione di vulnerabilità e di un radicamento effettivo in Italia, ai fini della protezione speciale di cui all’art. 5 TUI, comma 6.

4. Avverso il predetto decreto il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

5. A seguito di deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

6. Con il primo motivo – rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Difetto di motivazione e travisamento dei fatti. Omessa applicazione art. 10 Cost.. Violazione o falsa applicazione dell’art. 19 TUI, comma 1.1, come modificato dalla novella intervenuta con il D.Lgs.. n. 130 del 2020” – si lamenta, con riguardo a protezione umanitaria, diritto d’asilo e rischio di trattamenti inumani e degradanti, la mancata attivazione dei poteri istruttori al fine del giudizio di bilanciamento tra la situazione del ricorrente in Italia e quella a cui sarebbe esposto in caso di rientro in Nigeria, alla luce del sistema politico, sociale ed economico presente in quel Paese.

6.1. La censura è inammissibile poiché del tutto generica e non personalizzata, tanto che a pag. 8 del ricorso risultano menzionati aspetti avulsi dalla fattispecie concreta (bonded labor e prestiti usurai). Inoltre, sotto il profilo della non credibilità un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (ex plurimis Cass. 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017), poiché la valutazione di inattendibilità espressa ai fini della protezione internazionale, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, attiene al giudizio di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità, se, come nel caso in esame, congruamente motivato (ex plurimis, Cass. 6897/2020, 5114/2020, 33858/2019, 21142/2019, 32064/2018, 27503/2018, 16925/2018).

7. Il secondo mezzo, rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – Il Tribunale ha omesso ed errato a non applicare al ricorrente la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno dello straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi. Omessa applicazione art. 10 Cost.. Omessa valutazione delle fonti informative relativamente alla situazione economico-sociale del paese. Omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza”, deduce l’erronea applicazione della normativa sulla protezione speciale, con particolare riguardo alla mancata attivazione dei poteri istruttori ai fini del giudizio di bilanciamento tra la situazione del ricorrente in Italia e quella a cui sarebbe esposto in caso di rientro in Nigeria, alla luce della condizione di povertà inemendabile presente nel Paese.

7.1. La censura è inammissibile in quanto generica e riferita alla situazione generale della Nigeria, senza allegazione di aspetti personali; in ogni caso il tribunale ha acquisito C.O.I. aggiornate sul fenomeno delle sette in Nigeria e sulla insussistenza di una condizione di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

8. Segue la declaratoria di inammissibilità senza statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.

9. Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater (Cass. Sez.0 23535/2019, 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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