Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6541 del 05/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 6541 Anno 2016
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA
sul ricorso 9831-2013 proposto da:
CARUSO SEBASTIANO CRSSST51C20I548T,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA 1/B,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ZAPPULLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO D’AMICO
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrentecontro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

1

Data pubblicazione: 05/04/2016

STATO, da cui è difeso per legge;
controricorrentenonchè contro

MARINO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA TACITO 90, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

PERROTTA giusta procura speciale del dottor Notaio
VINCENZO VACIRCA in CATANIA del 17/12/2015, rep. 803;
– resistente con procura speciale-

avverso la sentenza n. 1254/2012 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 30/07/2012, R.G.N. 989/2008;
udita la l’.. 1a7inne. dpiln causa svolta nella pubblica

uclienza del 22/12/2015 dal Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato GIOVANNI PERROTTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUISA DE RENZIS che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso.

VACCARO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Sebastiano Caruso citò in giudizio Francesco Marino e il
Ministero dell’Interno, chiedendo che fossero condannati, in
solido, al risarcimento dei danni da lui subiti per delle
condotte, integranti reato, ascritte al Marino, quale agente

polizia in una sala giochi di Carlentini, nel quale si era
trovato coinvolto il Caruso, ed in occasione di un successivo
confronto con quest’ultimo nei locali del Commissariato di P.S.
di Lentini.
convenuti

si

costituirono e contestarono

le pretese

dell’attore, chiedendone il rigetto.
La domanda è stata accolta dal Tribunale di Catania, con condanna
dei convenuti, in solido, al pagamento in favore del Caruso della
somma di 25.822,84, oltre interessi e rivalutazione monetaria
dalla domanda al soddisfo, e della somma risultante dalla
devalutazione di 11.769,75, oltre rivalutazione ed interessi,
secondo i criteri specificati in sentenza, nonché al pagamento
delle spese processuali.
2.-

Proposto appello principale da parte del Marino ed

incidentale da parte del Ministero dell’Interno, la Corte
d’appello di Catania, con la sentenza qui impugnata (pubblicata
il 30 luglio 2012),

ha accolto parzialmente gli appelli ed, in

parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato
Francesco Marino al pagamento, in favore di Sebastiano Caruso,
della somma di

5.000,00, oltre interessi legali dalla data

3

della Polizia di Stato, tenute in occasione di un controllo di

della domanda al soddisfo, calcolati come specificato in
motivazione; ha rigettato ogni altra domanda avanzata dal Caruso;
ha compensato tra le parti le spese di entrambi i gradi.
3.

Sebastiano Caruso ha impugnato per cassazione la sentenza

della Corte d’Appello con quindici motivi.

Il difensore di Francesco Marino, munito di apposita procura
speciale, ha partecipato alla discussione orale.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1-.Logicamente e giuridicamente preliminare è l’esame dei motivi
sesto e settimo del ricorso, che attengono all’efficacia da
riconoscere nel giudizio civile per danni alle sentenze di
estinzione del reato per prescrizione pronunciate in sede penale.
Col sesto motivo si denuncia violazione dell’art. 2909 cod. civ.
e dell’art. 651 cod. proc. pen. in relazione all’art. 360, comma
primo, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., per non avere la Corte di
merito ritenuto che la sentenza di estinzione del reato per
prescrizione spiegasse effetti nel giudizio civile.
1.1.-

Col

settimo motivo

si denuncia violazione dell’art. 111

Cost., 651 cod. proc. pen. in relazione all’art. 360, comma
primo, n. 3 e 5, cod. proc. civ., per non avere la Corte di
merito ritenuto che, facendo proprio l’orientamento espresso
dalle Sezioni Unite con le sentenze n. 12243/09 e n. 1768/11,
entrambe successive alla decisione di primo grado, in virtù delle
quali è stata negata efficacia extrapenale alla sentenza di
proscioglimento perché il reato è estinto per prescrizione, ha

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Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

determinato la sostanziale violazione del principio di legalità
sancito dall’art. 111 Cost., pregiudicando in modo irreparabile
le ragioni del ricorrente a causa di un mutamento sopravvenuto
della regola giurisprudenziale applicata dal primo giudice.
Questi, infatti, sulla base della diversa interpretazione della

efficacia di giudicato alla sentenza penale pronunciata nei
confronti del Marino in ordine ai reati di cui ai capi E (delitto
previsto dagli artt. 61 nn. 2 e 9, 110, 582 cod. pen. per avere
in concorso con altri, colpendolo con pugni all’addome ed al
torace, cagionato a Caruso Sebastiano lesioni personali giudicate
guaribili in giorni cinque salvo complicazioni. Con le aggravanti
di avere commesso il fatto al fine di eseguire il reato di cui ai
capiFeGecon abuso dei poterieviolazione dei doveri di
ufficiale di P.G. in servizio) ed F (delitto previsto dagli artt.
61 nn. 2 e 9, 110 e 611 cod. peri., perché, in concorso con altri
e usando violenza e minaccia nei confronti di Caruso Sebastiano,
con le modalità sub E, costringevano lo stesso a concorrere con
loro nel delitto di falso di cui al capo seguente, apponendo la
sua firma a dichiarazioni da esso Caruso non rese. Con le
aggravanti di avere commesso il fatto al fine di eseguire il
reato di cui al capo G e con abuso dei poteri e violazione dei
doveri di ufficiale di P.G. in servizio).
2.- I motivi sono infondati.
Il

sesto motivo

urta col principio di diritto espresso dalle

Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze, seguite dal

5

norma di cui all’art. 651 cod. proc. pen., aveva riconosciuto

giudice d’appello,

n. 12243/09

(per la quale <>) e n.
1768/11

(per la quale <> alla
produzione, va considerato che, per la sentenza emessa dal
Tribunale di Lentini, la produzione è stata espressamente
richiesta dalla difesa del Caruso. Questa richiesta risulta dal

risulta la produzione del documento. Per di più, una volta
inserito il documento nel fascicolo di parte, risulta che il
Tribunale ne abbia fatto ampio uso nel motivare la sentenza di
primo grado (poi riformata con la sentenza qui impugnata).
Si è avuto, allora, dinanzi al Tribunale di Catania il rispetto
dell’art. 87 disp. att. cod. proc. civ. poiché il documento è
stato prodotto in udienza e di esso si è fatta menzione nel
relativo verbale.
L’utilizzazione da parte del giudice, che su di esso ha basato la
sentenza di primo grado, è, a tutto voler ritenere, un implicito
riconoscimento della regolarità della produzione oltre i termini
dell’art. 184 cod. proc. civ., in quanto documento formatosi
successivamente ai termini previsti da questa norma. Per di più,
è un dato di fatto che gli appellanti avessero avuto conoscenza
del documento e della sua produzione.
In conclusione, va affermato che

non incorre in decadenza la

parte che intenda produrre un documento venuto ad esistenza dopo
lo spirare dei termini perentori fissati dal giudice per la
produzione documentale, ai sensi dell’art. 184, comma primo,
cod. proc. civ. (nel testo vigente prima della sostituzione

13

verbale dell’udienza del 10 ottobre 2001. Dallo stesso verbale

operata con l’art. 2, comma 3, lett. c ter, del d.l. n. 35 del
2005, convertito nella legge n. 80 del 2005) e la produzione può
essere fatta all’udienza tenutasi successivamente alla sua
– formazione, facendone menzione nel relativo verbale ai sensi
dell’art. 87 disp. att. cod. proc. civ. Peraltro, l’eventuale

primo grado abbia tenuto conto dei documenti irritualmente
prodotti, fondando su di essi la decisione, e la parte che
lamenta l’irritualità della produzione abbia censurato la
decisione, dimostrando, in tal modo, di avere avuto conoscenza
dei documenti

(cfr. Cass. n. 5671/10, n. 9545/10).

I motivi primo e secondo vanno perciò accolti.
5.- L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta che

tutto il materiale probatorio debba essere rivalutato dal giudice
di merito tenendo conto della sentenza del Tribunale di Lentini
n. 105/2001.
Ne consegue l’assorbimento del terzo motivo

(con cui si lamenta

la violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., per non avere la
Corte di merito ritenuto ammissibile la produzione nel giudizio

irritualità della produzione risulta sanata quando il giudice di

d’appello della sentenza n. 105/2001 resa dal Tribunale di
Lentini), del quarto motivo

(con cui si lamenta la violazione e

falsa applicazione dell’art. 345, coma 3 ° , cod. proc. civ., per
omessa motivazione in ordine alla sussistenza o meno dei
requisiti previsti dalla norma per l’ammissibilità di nuove prove
in appello), nonché dell’ottavo motivo

(con cui si ripropongono, (1

sotto diverso profilo, analoghe censure quanto alla violazione

14

dell’art.

345 cod. proc.

civ.,

in relazione alla mancata

valutazione, da parte della Corte di merito, del contenuto di
detta sentenza penale), del nono motivo

(con cui si lamenta la

violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.,
sempre in riferimento alla stessa sentenza penale), del

(con cui si lamenta violazione dell’art. 116 cod. proc.

civ., relativamente all’apprezzamento, da parte del giudice di
merito, delle prove testimoniali, delle quali dovrà nuovamente
occuparsi il giudice di rinvio).
6.- Diversi dai reati di cui si è fin qui detto, per i quali è

intervenuta la dichiarazione di estinzione per prescrizione, sono
il reato di falso ideologico -per il quale il Marino è stato
condannato in sede penale, con sentenza avente efficacia di
giudicato in sede civile- ed il reato di calunnia di calunnia per il quale il Marino non è stato perseguito in sede penale.
6.1.- Riguardo al

reato di falso ideologico,

la Corte d’Appello

ha ritenuto che il Caruso non avrebbe lamentato di aver subito
alcun danno, né morale né materiale, quale conseguenza del falso
ideologico contestato al capo G) della rubrica del processo
penale (di cui sopra) e non avrebbe richiesto alcun risarcimento
al riguardo. Pertanto, il giudice d’appello ha deciso di non
liquidare alcunché in favore del Caruso, a titolo di danno
cagionato dal falso ideologico.
Questa decisione della Corte d’Appello è censurata col
motivo

quinto

di ricorso, col quale si denuncia violazione dell’art.

2909 cod. civ., per non avere la Corte d’Appello ritenuto

15

motivo

decimo

rilevante nell’odierno giudizio la condanna per detto reato,
avente efficacia di giudicato, malgrado il Caruso avesse posto a
fondamento della sua domanda di risarcimento dei danni morali
conseguenti alla falsa denuncia per calunnia (su cui

infra),

proprio il verbale di spontanee dichiarazioni che egli era stato

fatto oggetto dell’imputazione di falso ideologico.
6.2.- Riguardo al dedotto reato di calunnia di calunnia,

la Corte

d’Appello ne ha escluso la configurabilità, ma ha reputato che,
nella specie,

«il diritto al risarcimento

del

danno morale

discende già dalla infondatezza della denuncia-querela del
Marino, in quanto essa lede proprio quei beni costituzionalmente
tutelati (dignità, onore e prestigio della persona) citati dalla
giurisprudenza della S.C.E

Ha quindi rideterminato il danno morale nell’importo di

e

5.000,00, all’attualità, oltre interessi legali dalla data della
domanda sulla somma devalutata e via via rivalutata sino al
soddisfo.
Questa statuizione è censurata con i motivi undici ed, in

costretto a firmare, contenente false dichiarazioni e perciò

subordine, tredici.
Con

l’undicesimo motivo

si denuncia violazione e falsa

applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod.
civ., per non avere la Corte di merito, ritenuto che, in assenza
di specifica impugnazione sul punto, non avrebbe potuto essere
liquidato nel minor importo di E 5.000,00 l’ammontare del danno
morale conseguente alla falsa denuncia per calunnia sporta dal

16

I

Marino nei confronti del Caruso, a fronte della somma di C
25.822,84, determinata dal giudice di primo grado; sarebbe stato
così violato il principio dell’immodificabilità del punto della
decisione non impugnato da colui cui il relativo onere incombeva
e si sarebbe deciso al di là dell’oggetto del gravame.

1226 cod. civ. e vizio di motivazione, per avere la Corte di
merito liquidato nell’importo di E 5.000,00 il danno morale
conseguente alla falsa denuncia per calunnia senza rendere
ragione alcuna del dissenso da quanto accertato dal Tribunale.
7.-

I motivi

quinto, undicesimo e tredicesimo

sono connessi e

vanno trattati congiuntamente, per le ragioni di cui appresso.
E’ un dato di fatto acquisito al processo che il Caruso abbia
chiesto il risarcimento dei danni morali conseguenti alla falsa
denuncia per calunnia. Nell’avanzare tale richiesta, ha posto a
fondamento della stessa, per come risulta dall’atto di citazione
introduttivo del primo grado, per questa parte riportato in
ricorso, che, presso il Commissariato di P.S. di Lentini <>

(per denunciare i quali si era appunto recato, con

tale Sorge, presso il Commissariato di Lentini, dopo che gli
agenti avevano eseguito un controllo presso la sala giochi di
Carlentini gestita dal Sorge; avendo riferito entrambi -il Caruso
ed il Sorge- di condotte illecite degli agenti tenute nella sala
giochi,

qui non più rilevanti perché fatte oggetto di

17

Col tredicesimo motivo si denuncia violazione degli artt. 2056 e

dichiarazione di prescrizione sia in sede penale che in sede
civile) e che, in questa occasione, messo a confronto, tra gli
altri, con il Marino, fu «minacciato, col Sorge, di arresto per

il reato di false dichiarazioni attinenti a fatti di reato, che
Sorge e Caruso furono costretti a ritrattare … e fu loro imposto

si fece loro affermare di avere un po’ esagerato nell’esporre i
fatti perché in stato di agitazione per quanto era successo nella
sala giochi>>.
Il verbale di cui è così detto nell’atto di citazione è appunto
il verbale di spontanee dichiarazioni (che è stato dichiarato
falso ai sensi dell’art. 537 cod. proc. pen., con sentenza
passata in giudicato), sulla base del quale il Caruso venne
denunciato per calunnia; reato, quest’ultimo dal quale è stato
assolto con sentenza irrevocabile.
La lettura della Corte d’Appello che, in linea con quanto dedotto
dall’appellante Marino, ha scisso il reato di falso ideologico
dalla falsa denuncia per calunnia, riconoscendo risarcibili i
danni per quest’ultima, ma non anche per il primo, è del tutto
incoerente ed illogica, oltre che giuridicamente errata. Infatti
-proprio secondo la prospettazione dell’attore, poi appellato- il
giudicato di falso era posto a fondamento della domanda
risarcitoria per la falsa denuncia per calunnia. Pertanto, la
Corte d’Appello, nel liquidare i danni morali in favore del
Caruso per quest’ultima condotta ascritta al Marino, non avrebbe

18

di sottoscrivere un verbale di spontanee dichiarazioni nel quale

potuto non tenere conto del giudicato penale formatosi sul reato
di falso ideologico.
Il

quinto motivo

7.1.-

di ricorso va perciò accolto.

Quanto appena detto comporta che sia, invece, infondato

l’undicesimo motivo,

pur se lo stesso fa emergere una parziale

infatti, sembrerebbe essere addivenuto ad una nuova liquidazione
dei danni morali anche accogliendo il motivo d’appello che li
metteva in discussione perché riferiti dal primo giudice pure al
reato di falso ideologico (perciò intrinsecamente connesso alla
falsa accusa di calunnia) -non essendovi, in effetti, alcun altro
specifico motivo d’appello che contestasse il

quantum liquidato.

Non va, peraltro, trascurato il fatto che la Corte d’Appello ha
ridotto l’importo per i danni morali (da C 25.822,84, oltre
accessori, ad C 5.000,00, oltre interessi) anche perché ha
escluso (la prova de)i reati di lesioni personali pluriaggravate
e di violenza o minaccia pluriaggravata per costringere il Caruso
a commettere il reato (di falso ideologico), per i quali l’attore
in primo grado aveva richiesto ed ottenuto il risarcimento dei

incongruenza della pronuncia del giudice d’appello. Quest’ultimo,

danni morali.
Pertanto, il giudice di rinvio dovrà procedere una nuova
liquidazione dei danni non patrimoniali, tenendo conto, non solo
della falsa denuncia per calunnia, ma anche del giudicato sul
falso ideologico, nonché delle altre due condotte (già ascritte
al Marino quali reati sub E ed F) ancora

sub ludice a seguito

dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.

19

(9(

Dovendosi procedere a tali nuovi ulteriori apprezzamenti in punto
di fatto, resta assorbito il

tredicesimo motivo

di ricorso,

concernente i criteri di determinazione dei danni non
patrimoniali risarcibili.
8.-

Col

dodicesimo motivo

si denuncia violazione e falsa

civ., per non avere la Corte d’appello ritenuto che, in assenza
di specifica impugnazione sul punto, il capo della sentenza che
condannava Marino Francesco ed il Ministero dell’Interno, in
solido, al risarcimento del danno conseguente alla falsa denuncia
per calunnia, non poteva essere modificato nel senso di escludere
la responsabilità del Ministero dell’Interno- in tal modo
violando il principio dell’immodificabilità del punto della
decisione non impugnato da colui cui il relativo onere incombeva
e così decidendo al di là dell’oggetto del gravame.
8.1.- Il motivo è fondato.

Ed invero, la Corte d’Appello ha escluso la condanna in solido
del Ministero, in quanto ha reputato che la condotta (denunciaquerela rivelatasi infondata) che ha provocato il danno morale
liquidato come appena detto, sarebbe

«ricollegabile alla

iniziativa personale e non all’attività istituzionale del Marino,
non è riferibile al Ministero di appartenenza

e,

conseguentemente, non è riconducibile alla responsabilità della
P.A.>>.
Tuttavia nella sentenza non si dà conto di alcun motivo d’appello
del Ministero dell’Interno concernente specificamente il rapporto

20

applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod.

di immedesimazione organica e/o il c.d. nesso di occasionalità
necessaria tra la condotta ascritta al Marino e le sue funzioni
istituzionali. Piuttosto, si dà conto dell’appello incidentale
del Ministero, articolato in quattro motivi, concernenti
genericamente la sussistenza degli elementi costitutivi dei fatti

debeatur,

an che di quantum

non anche delle ragioni della condanna in solido del

Ministero dell’Interno per i fatti ascritti al Marino, quale
ufficiale di p.g..
Nel controricorso del Ministero si legge che il primo giudice
avrebbe

«dichiarato tale solidarietà sulla base del fatto che

aveva proceduto a liquidare al sig. Caruso anche 11 danno
“biologico” conseguente alle percosse, alle lesioni
violenza privata»,

ed

alla

sicché, escluse queste ultime da parte della

Corte d’Appello, e riconosciuti soltanto i danni morali per la
falsa denuncia per calunnia, la responsabilità solidale sarebbe
venuta

«automaticamente meno, a prescindere da una specifica

impugnazione sul punto da parte del Ministero».
8.2.

Riconosciuto così che con l’atto di appello il Ministero

non aveva proposto alcun motivo concernente il rapporto di
immedesimazione organica e/o il nesso di occasionalità
necessaria, sono infondati gli argomenti spesi nel controricorso.
Ed invero, la condanna in solido del Ministero dell’Interno da
parte del primo giudice ha riguardato tutti

i fatti ascritti al

Marino e tutti i danni riconosciuti al Caruso come conseguiti a
questi fatti. Pertanto, se il Ministero avesse voluto escludere

21

illeciti dedotti dall’attore, sia in punto di

la propria responsabilità solidale ai sensi dell’art. 28 Cost.,
anche soltanto per taluno di questi fatti e/o danni, avrebbe
dovuto proporre un apposito motivo di appello.
In mancanza, è errata la sentenza che ha proceduto d’ufficio alla
verifica della sussistenza della responsabilità solidale del

Pertanto, va accolto il dodicesimo motivo e va dichiarato
assorbito il quattordicesimo motivo

(col quale, in subordine al

mancato accoglimento del dodicesimo, si censura la sentenza in
punto di valutazione del nesso di c.d. occasionalità necessaria
tra la condotta del Marino e le sue funzioni di ufficiale di
P.g.).
9.-

Il ricorso va perciò accolto quanto ai motivi sopra

specificati, con assorbimento del quindicesimo motivo che attiene
al regolamento delle spese dei due gradi di merito.
In particolare, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio per
il capo in cui ha escluso la responsabilità solidale del
Ministero dell’Interno per i fatti ascritti a Francesco Marino,
restando oramai accertata con effetto di giudicato (interno) la
• solidarietà del Ministero, se e nella misura in cui il Marino
venga ritenuto responsabile nei confronti di Sebastiano Caruso.
Quanto al resto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla
Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, per un nuovo
esame in merito alle condotte già contestate come reati sub E) ed
F), come su individuate, ed in merito ai danni (biologico e

22

Ministero.

morale) da liquidarsi in favore dell’odierno ricorrente, secondo
quanto precisato in riferimento a ciascuno dei motivi accolti.
Si rinvia anche per la regolamentazione delle spese dei gradi di
merito e del giudizio di legittimità.
Per questi motivi

accoglie i motivi primo, secondo, quinto e dodicesimo, assorbiti
i restanti. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, per quanto di
ragione, alla Corte d’Appello di Catania, in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2015.

La Corte, rigettati i motivi sesto, settimo ed undicesimo,

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