Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 654 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 654 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 12712-2011 proposto da:
AREZZI MARIA ANTONIETTA, elettivamente domiciliata in
ROMA VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GLENDI CESARE giusta
delega a margine;
– ricorrente –

2013
3100

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che 1o rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 15/01/2014

– controricorrente

avverso la sentenza n. 40/2010 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 19/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/11/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;

Avvocato MANZI che si riporta e chiede
l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE SOCIO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato COGLITORE delega

12712-11

Svolgimento del processo
Maria Antonietta Arezzi impugnava, con separati ricorsi:
(i) un atto di contestazione e di irrogazione di sanzioni
per violazione, dell’anno 2005, del d.l. n. 167-90, conv.,
con modificazioni, in 1. n. 227-90, in conseguenza di

illeciti trasferimenti per l’estero di denaro e titoli;
(il) un avviso di accertamento relativo ai corrispondenti
redditi di capitale soggetti a imposta sostitutiva, con
irrogazione, anche in tal caso, di sanzioni.
L’adita commissione tributaria provinciale di Pavia, nel
contraddittorio con l’ufficio, accoglieva i ricorsi.
Su gravame dall’agenzia delle entrate, le sentenze di
primo grado, previa riunione dei processi, erano riformate
dalla commissione tributaria regionale della Lombardia.
La commissione tributaria regionale riteneva insussistente
il vizio di nullità dell’atto tributario dedotto dall’
essere stato l’atto firmato da persona non autorizzata,
giacché l’atto era stato sottoscritto da un funzionario di
nono livello, equivalente all’ex carriera direttiva, al
quale funzionalmente competeva la sostituzione del
dirigente in caso di assenza o impedimento, e addirittura
la reggenza dell’ufficio in attesa del dirigente titolare.
Affermava che si era trattato, in base agli atti del
processo,

appunto

di

sostituzione,

essendo

stata

dimostrata la contemporanea assenza per ferie del
dirigente dell’ufficio e del capo area.

1

Aggiungeva che la guardia di finanza aveva rinvenuto
documentazione bancaria attestante la disponibilità, in
capo alla contribuente, al l ° gennaio 2006, dell’importo
trasferito all’estero, con conseguente prova della
corrispondente giacenza quale saldo finale al 31 dicembre
2005. Sicché il possesso della documentazione bancaria,

evidenziante alcune tipologie di investimenti effettuati
all’estero, dovevasi considerare probante della proprietà
degli afferenti titoli, non avendo la parte supportato con
prove concrete la eccepita detenzione per conto altrui, a
titolo solo fiduciario.
Contro la sentenza di secondo grado, depositata il 18
marzo 2010, la contribuente ha proposto ricorso per
cassazione affidato a cinque motivi.
L’agenzia delle entrate ha replicato con controricorso.
La ricorrente ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
I. – Col primo mezzo, deducendo

violazione o falsa

applicazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. l e 56 del
d.lgs. n. 546-92, la ricorrente evidenzia di avere fin
dall’inizio eccepito la nullità degli atti tributari per
inesistenza delle. loro notificazione e di avere riproposto
l’eccezione in appello. Lamenta che l’impugnata sentenza
non abbia adottato la pronuncia sul merito della dedotta
questione.
Il primo mezzo va disatteso per la ragione che segue.
E’ oramai consolidato che, alla luce dei principi di
economia processuale e di ragionevole durata del processo

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(aventi rilevanza costituzionale ai sensi dell’art. 111,
2 ° co., cost.), e in base alla lettura costituzionalmente
orientata dell’art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi,
una volta verificata l’omessa pronuncia su una domanda o
su un’eccezione, come pure su motivo di appello, la corte
di cassazione può a sua volta omettere la cassazione con

rinvio della sentenza impugnata, e decidere nel merito,
allorquando la questione di diritto posta con il suddetto
motivo risulti infondata. Per modo da confermare il
dispositivo della sentenza di appello attesa l’inutilità
di un ritorno della causa in fase di merito, ove la
questione non richieda ulteriori accertamenti di fatto (v.
tra le tante Cass. n. 2313-10; n. 5139-11; n. 24919-11; n.
9735-12; n. 2240-13).
Il caso specifico rientra nel perimetro indicato, dal
momento che, contrariamente a quanto eccepito dalla
ricorrente a mezzo della doglianza dalla commissione
tributaria regionale non esaminata, il vizio della
notificazione dell’atto tributario (finanche ove si reputi
annoverabile nella categoria dell’inesistenza) non incide
sulla validità dell’atto medesimo.
L’atto

amministrativo

di

imposizione

tributaria

è

sottoposto a un regime procedimentale che distingue la
fase di decisione (o di perfezionamento dell’atto) dalla
fase integrativa dell’efficacia (v. Cass. n. 4760-09).
La notificazione non è elemento costitutivo dell’atto (e
v. del resto l’art. 19 del d.lgs. n. 546), ma rappresenta

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una mera condizione di efficacia (o, potrebbe dirsi nel
solco della dottrina amministrativistica, di operatività).
E, come le sezioni unite di questa corte hanno rilevato,
tanto la nullità, quanto l’inesistenza della notifica
dell’atto non rileva ove l’atto abbia raggiunto lo scopo,
per il fatto di essere stato, in particolare, impugnato

dal destinatario prima della scadenza del termine fissato
dalla legge per l’esercizio del potere impositivo (v. sez.
un. n. 19854-04).
Poiché questo è accaduto nel caso di specie, e poiché
un’eccezione di decadenza dal potere impositivo come
conseguenza della affermata inesistenza della
notificazione degli atti impugnati non risulta essere
stata neppure formulata, è palese l’infondatezza della
questione sottostante, cui consegue il rigetto del mezzo.
II. – Col secondo motivo, la ricorrente denunzia la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e
degli artt. l e 56 del d.lgs. n. 546 del 1992 sotto il
concorrente profilo della omissione di pronuncia in ordine
al motivo di impugnazione avverso gli atti tributari, esso
pure riproposto in appello, col quale era stata dedotta la
violazione dell’art. 7 della 1. n. 212 del 2000, posto che
gli atti avevano fatto riferimento a una segnalazione
della guardia di finanza (la n. 35466 del 2006) e a
connessi p.v. di constatazione, i quali tuttavia non erano
stati allegati.
Anche il secondo motivo è infondato in consecuzione a
un’eguale premessa.

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Nel regime introdotto dall’art. 7 1. 27 luglio 2000 n.
212, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può
essere adempiuto anche per relationem,

ovverosia mediante

il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri
atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano
allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne

riproduca il contenuto essenziale; per tale dovendosi
intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e
destinatari) dell’atto o del documento che risultino
necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del
provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al
contribuente — e al giudice in sede di eventuale sindacato
giurisdizionale — di individuare i luoghi specifici
dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del
discorso che formano gli elementi della motivazione del
provvedimento (v. Cass. n. 6914-11; Cass. n. 8504-10; n.
1906-08. Da ultimo, conf. Cass. n. 9032-13).
Non era quindi necessario, diversamente da quanto eccepito
dalla contribuente nel ricorso introduttivo del giudizio,
per quel che ne risulta dalla trascrizione fattane in
questa sede quanto alle asserite parti salienti, e come
ancora ritenuto a petto della censura di omessa pronuncia,
che gli atti e i documenti, oltre che specificamente
indicati, fossero anche allegati all’atto di contestazione
e all’avviso di accertamento.
III. – Col terzo motivo, deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. 42, l ° e 3 0 co., del d.p.r. n. 600
del 1973, dell’art. 20, l ° co., lett. a) e b), del d.p.r.

5

n. 266 del 1987, anche in relazione all’art. 2697 c.c.,
oltre che vizio di insufficiente motivazione della
sentenza, la ricorrente denunzia, con esclusivo
riferimento alla impugnazione dell’atto di contestazione,
che l’atto non aveva recato la sottoscrizione del
direttore, sebbene del capo area di II livello.

Sostiene che era onere dell’ufficio fornire la prova sia
dell’appartenenza del funzionario detto alla categorie dei
dirigenti in grado di svolgere funzioni di supplenza e di
reggenza, sia della esistenza dei presupposti specifici
(l’assenza o l’impedimento del direttore) a cui
l’assunzione di tali funzioni fosse condizionata.
La ricorrente lamenta che il giudice d’appello avrebbe
insufficientemente motivato riguardo all’assolvimento di
simile onere, essendosi limitato ad assumere che il
dirigente aveva comunicato il proprio periodo di assenza
dall’ufficio per ferie, senza apposita verifica di quale
fosse in verità l’ufficio e di quale fosse il periodo.
IV. – Il mezzo è infondato.
Secondo l’orientamento di questa corte che ancora oggi
appare prevalente, l’atto tributario è nullo, ai sensi
dell’art. 42 del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, se non
reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro
impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la
sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare
ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di
nona qualifica funzionale, incombe all’amministrazione
dimostrare, in caso di contestazione, il corretto

6

esercizio

del

potere

sostitutivo

da

parte

del

sottoscrittore o la presenza della delega del titolare
dell’ufficio, poiché il solo possesso della qualifica non
abilita il direttore tributario alla sottoscrizione,
dovendo il potere di organizzazione essere in concreto
riferibile al capo dell’ufficio (v., dopo Cass. n. 14626-

00 e n. 14195-00, soprattutto Cass. n. 14942-13 e n.
17400-12).
L’orientamento, peraltro, è stato messo in discussione da
una recente ulteriore pronuncia di questa corte, che ha
affermato che – ferma la nullità dell’atto che non rechi
la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro
impiegato della carriera direttiva da lui delegato
l’amministrazione non sarebbe tenuta,

in verità,

a

dimostrare la sussistenza della delega in caso di
contestazione, avendo l’atto natura sostanziale e non
attenendo, la questione, al profilo della legittimazione
processuale (Cass. n. 17044-13).
Sennonché, osserva il collegio che il contrasto sulla
questione della prova della delega non rileva nel caso di
specie, giacché la commissione tributaria regionale ha
accertato, in fatto, con congrua motivazione, che gli atti
erano

stati

comunque

nella

specie

sottoscritti

nell’esercizio del potere sostitutivo da parte del
funzionario sottoscrittore, per essere sia il direttore
dell’ufficio, sia il capo area, assenti per ferie.
La commissione regionale al riguardo ha evidenziato essere
stata riscontrata l’avvenuta comunicazione dirigenziale,

7

con apposita nota, del periodo di assenza dall’ufficio per
spese. E non connota di insufficienza una simile
motivazione la circostanza che non sia stato specificato
“a quale ufficio e a quale periodo di ferie facesse
riferimento la comunicazione” detta.
Consegue

l’infondatezza

del motivo

in

conseguenza

dell’accertamento di fatto, congruamente motivato, posto
in essere dal giudice del merito.
V. – Col quarto motivo, deducendo la

violazione o la

falsa applicazione dell’art. 4, l ° e 2 ° co., del d.l. n.
167-90, dell’art. 18 del Tuir, dell’art. 38 del d.p.r. n.
600-73, nonché degli artt. 2697 2727 e 2729 c.c., e l’
insufficiente motivazione della sentenza, la ricorrente
sostiene che a base della pretesa fiscale era stato
assunto il trasferimento all’estero, e la connessa
disponibilità, della somma di euro 1.830.590,44, sicché
incombeva all’amministrazione la prova di tale fatto
costitutivo. Lamenta che nessuna prova era stata in verità
fornita, non potendosi ritenere bastevole la sola
circostanza, indicata dal giudice di secondo grado,
dell’essere stati trovati presso la contribuente,
nell’ottobre 2006, i documenti attinenti agli investimenti
eseguiti. Né probante poteva ritenersi il fatto che i
rendiconti annuali partivano dal 1 ° gennaio, in quanto la
disponibilità di questi conti ben avrebbe potuto essere
nel 2005 di altri soggetti.

8

Il mezzo è inammissibile perché si risolve,-4
un

sindacato

di

fatto

circa

l’esito,

in
ritenuto

insufficiente, dell’acquisizione probatoria.
La valutazione del materiale probatorio è invece rimessa
al giudice del merito, ed è insindacabile in sede di
legittimità se non sul versante della adeguatezza della

motivazione.
Nella specie la motivazione fornita dalla commissione
tributaria regionale si presenta razionale e congrua, e
non risulta incisa dalla prospettata censura. La quale
invero omette di specificare su quale fatto controverso,
decisivo per il giudizio, la sentenza avrebbe dovuto più
specificamente motivare.
VI. – Col quinto mezzo, la ricorrente infine denunzia la
violazione o la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e
degli artt. l e 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, eccependo
esser stata omessa la pronuncia sul motivo di
impugnazione, originariamente dedotto avverso gli atti
tributari e riproposto in appello, circa la mancanza di
motivazione in ordine alla congruità della sanzione.
Sostiene di aver eccepito che la sanzione era stata
irrogata, in un caso (quanto al contestato trasferimento
estero) in misura superiore al minimo edittale, e
nell’altro (quanto al nascondimento del reddito di
capitale asseritamente soggetto a imposta sostitutiva)
nella misura del minimo edittale ma senza considerazione
dell’assorbimento in quella maggiore già erogata.

9

Il mezzo è infondato, in quanto la doglíanza è prospettata
come omissione di pronuncia.
Nel confermare gli atti tributari, impugnati finanche sul
versante

delle

irrogate

sanzioni,

la

commissione

tributaria regionale ha implicitamente reso una

dell’ammontare delle sanzioni medesime.
Donde non può sostenersi che sia mancata la pronuncia
sulla censura al riguardo riproposta in appello.
Supponendo la detta valutazione un implicito rigetto della
censura, è escluso il vizio di omessa pronuncia (v. per
tutte Cass. n. 20311~11; n. 10696-07), giacché a integrare
gli estremi del vizio non basta, ovviamente, la mancanza
dell’espressa statuizione, ma è necessario che sia stato
omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla
soluzione del caso concreto.
VII. – Il ricorso, conclusivamente, è rigettato.
Spese alla soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 8.000,00 per
compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

valutazione di congruità, oltre che di legittimità,

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