Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6534 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. I, 28/02/2022, (ud. 07/07/2021, dep. 28/02/2022), n.6534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22126/2017 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio

dell’avvocato Ciardo Daniela, rappresentato e difeso dagli avvocati

Mercurio Massimo, Ruppi Cosimo, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via del Babuino n.

107, presso lo studio dell’avvocato Schiano Angelo R., rappresentata

e difesa dagli avvocati Fasano Flavio, Lembo Michele, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 961/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 08/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2021 dal cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – C.A. ricorre per cinque mezzi, nei confronti di P.G., contro la sentenza dell’8 ottobre 2016 in cui la Corte d’appello di Lecce, provvedendo in parziale riforma della sentenza resa tra le parti dal locale Tribunale, all’esito di un giudizio di cessazione degli effetti gli del matrimonio tra essi contratto, ha ridotto l’assegno di mantenimento dovuto dall’odierno ricorrente all’ex coniuge all’importo di Euro 1.250,00 mensili, a fronte del precedente di Euro 1.500,00 mensili.

2. – P.G. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5: insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento, mancanza di prova da parte dell’appellata dell’impossibilità obiettiva di procurarsi i mezzi adeguati di vita.

Il secondo mezzo denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5: vizi motivazionali in relazione alla misura dell’assegno liquidato dal primo giudice senza tenere conto dei criteri di quantificazioni stabilite da tale norma e con motivazione incongrua; mancata valutazione di concreti elementi di fatto per una determinazione più equa della misura dell’eventuale assegno di mantenimento.

Il terzo mezzo denuncia incongruità dei parametri di riferimento utilizzati dal primo giudice per la rivalutazione dell’assegno, ove dovuto.

Il quarto mezzo denuncia omessa pronuncia sul capo della domanda relativo alla decorrenza dell’eventuale assegno divorzile.

Il quinto mezzo denuncia omessa applicazione del costante consolidato orientamento giurisprudenziale della suprema corte di cassazione in tema di a) modalità di accertamento del diritto all’assegno di divorzio; b) quantificazione, attribuzione e liquidazione in base ai criteri autonomamente fissati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5 indipendentemente dall’assegno pattuito fissato giudizialmente nel pregresso regime di separazione.

RITENUTO CHE:

4. – Il ricorso va accolto.

4.1. – I primi due motivi, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati, sono fondati.

La Corte d’appello ha provveduto sulla quantificazione dell’assegno obbedendo al superato orientamento secondo cui detta quantificazione doveva essere effettuata “verificando uno squilibrio reddituale tra i coniugi per effetto del quale uno dei due si trova privo di mezzi adeguati per provvedere al proprio mantenimento, raffrontato a un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del rapporto”.

La sentenza impugnata, pronunciata prima di Cass. 10 maggio 2017, n. 11504 e, in seguito, di Cass., Sez. Un., 11 luglio 2018, n. 18287, ha cioè fondato la propria decisione sull’orientamento giurisprudenziale, all’epoca discusso in dottrina, ma sufficientemente fermo in giurisprudenza, sulla scia di Cass., Sez. Un., 29 novembre 1990, n. 11490, secondo cui l’assegno di divorzio, nonostante la molteplicità di parametri indicati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nel testo tuttora vigente, avrebbe avuto natura assistenziale e dovesse essere concesso tutte le volte in cui il coniuge richiedente non disponesse di mezzi sufficienti a mantenere il “tenore di vita” goduto durante la vita coniugale.

E’ cosa nota che la citata pronuncia del 2017, ha sancito l’abbandono dell’indirizzo di cui si è detto, secondo il quale il giudizio di adeguatezza previsto dal citato art. 5, comma 6 (“dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”) andrebbe formulato in relazione al parametro del “tenore di vita”, ed ha stabilito, in breve, che, in punto di an, l’assegno non spetta al coniuge economicamente autosufficiente: il giudizio di adeguatezza, che per le Sezioni Unite del 1990 andava rapportato al “tenore di vita”, va viceversa parametrato, per la decisione del 2017, all’autosufficienza economica del coniuge richiedente.

Successivamente, nella citata decisione, le Sezioni Unite hanno stabilito quanto segue:

-) Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto;

-) All’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.

-) La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

A tali principii il giudice del rinvio, che qui si dispone, dovrà attenersi con la precisazione:

-) che non potrà fare applicazione dei riferimenti operati dal ricorrente alla struttura bifasica della determinazione dell’assegno divorzile, in ordine al quale va effettuato un giudizio unitario L. n. 898 del 1970, ex art. 5 secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite;

-) che dovrà valutare in concreto (e non esprimendosi in termini di verosimiglianza non fondati su dati effettivi: “e’ ragionevole ritenere”), se del caso disponendo i necessari accertamenti tecnici, se la donna sia o meno in grado di svolgere un’attività lavorativa che le consenta di raggiungere un’autosufficienza economica, tenuto conto delle patologie delle quali la medesima è portatrice, anche in relazione alla sua età.

4.2. – Gli altri motivi sono assorbiti.

P.Q.M.

accoglie i primi due motivi, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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