Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6534 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 14/03/2017,  n. 6534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29663-2014 proposto da:

I.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE MARZIALE e PATRIZIA

TOTARO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PELLEGRINI S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio dell’avvocato FABIO MASSIMO

COZZOLINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ROSARIO SALONIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6572/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/11/2013 R.G.N. 6311/11;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito l’Avvocato PATRIZIA TODARO;

udito l’Avvocato FABIO MASSIMO COZZOLINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità o comunque

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza n. 6572/2013 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del 18.1.2011 del Tribunale di Nola che aveva respinto il ricorso proposto da I.C. il quale, direttore di mensa della società Pellegrini spa, aveva chiesto dichiararsi l’illegittimità del licenziamento intimatogli il 3.10.2008.

2. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale, per quello che interessa in questa sede, ha ritenuto infondata la questione sollevata dall’ I. circa la dedotta genericità della contestazione disciplinare; ha sostenuto che rientrasse negli obblighi del Direttore della ristorazione, quale era appunto l’appellante, quello di vigilare su altre professionalità operanti nel sistema organizzativo della mensa attinente al funzionamento della stessa sia in relazione all’adeguatezza degli impianti che all’igiene e pulizia dei locali e degli alimenti con il connesso onere di denunciare gli eventuali stati di obsolescenza ed inadeguatezza; ha considerato, infine, proporzionata la sanzione adottata rispetto agli inadempimenti accertati.

3. Ha proposto per la cassazione ricorso I.C. affidato a tre motivi.

4. Resiste con controricorso la Pellegrini spa.

5. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo I.C. censura la gravata sentenza per “violazione e/o errata applicazione della L. n. 300 del 1970,. art. 7, nonchè della L. n. 604 del 1966, art. 5, nonchè dell’art. 416 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè n. 5”. In particolare obietta che la Corte territoriale erroneamente avrebbe ritenuto legittima una contestazione che si limitava a richiamare, peraltro solo parzialmente, il contenuto dei due verbali ispettivi dell’ASL Napoli (OMISSIS), senza identificare specifiche fattispecie di inadempimenti contrattuali e perchè avrebbe omesso di valutare se, nel caso in esame, i detti verbali ispettivi fossero stati esaurienti in termini di specificità.

7. Con il secondo motivo il ricorrente sì duole della “violazione o errata applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, nonchè della L. n. 604 del 1966, art. 5 nonchè dell’art. 416 c.p.c., nonchè dell’art. 2119 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”. Lamenta la non riferibilità delle irregolarità rilevate dagli ispettori ASL alle sue attribuzioni e la erroneità dell’iter argomentativo fornito dai giudici di seconde cure circa la omessa segnalazione di “obsolescenza e inadeguatezza” degli impianti non essendo stata tale condotta oggetto di specifica contestazione disciplinare.

8. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione o errata applicazione dell’art. 2106 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè n. 5, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto osservato il principio di proporzionalità tra l’ipotetica infrazione e l’entità della sanzione applicata in relazione alla gravità delle conseguenze derivate dalle asserite condotte inadempienti: procedimento interpretativo non accettabile, secondo l’assunto del ricorrente, perchè gli effetti delle condotte solo marginalmente avrebbero dovuto trovare ingresso nel giudizio di valutazione di proporzionalità.

9. Il primo motivo presenta aspetti di inammissibilità e di infondatezza.

10. E’ inammissibile nella parte in cui si impugna la valutazione sulla specificità della contestazione che costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità (tra le altre Cass. n. 17316/2013; n. 14880/2013).

11. E’ infondato perchè, nel caso di specie, non si verte tecnicamente in una ipotesi di contestazione disciplinare esclusivamente per relationem ma di una contestazione integrata dai verbali ispettivi ad essa allegati e in cui comunque sono stati specificati gli obblighi cui era tenuto l’ I., nella sua qualità di direttore della ristorazione presso la mensa della società sita nello stabilimento FIAT di (OMISSIS), e i fatti riscontrati dagli ispettori della ASL NA (OMISSIS).

12. Alcuna lesione del diritto di difesa è, poi, ravvisabile risultando essere stato presente il dipendente alla redazione dei verbali amministrativi citati e avendo svolto una difesa dettagliata e particolareggiata, con la lettera di giustificazioni in ordine agli addebiti ricevuti: circostanza quest’ultima che esclude ulteriormente ogni profilo di assenza della specificità nella contestazione e nei rispettivi verbali allegati.

13. Anche il secondo motivo è inammissibile allorquando richiede in sede di legittimità valutazioni di merito sul materiale prodotto in atti e sulle deposizioni testimoniali.

14. Va, invece, respinto in ordine alla censura riguardante l’erroneità dell’iter argomentativo della Corte territoriale – circa la rilevata condotta omissiva dell’ I. – perchè i giudici di seconde cure, in modo logico e giuridicamente corretto: a) hanno individuato gli obblighi e i doveri del direttore della ristorazione; b) hanno precisato la fonte diretta o derivata di tali obblighi; c) hanno specificato che, in relazione ad un eventuale stato di obsolescenza e inadeguatezza degli impianti e delle attrezzature appartenenti a diversi proprietari, vi era un obbligo di denuncia di tale stato soprattutto se tale da incidere direttamente sugli standard di sicurezza igienico-sanitaria del servizio mensa.

15. Nella contestazione disciplinare, infatti, era appunto specificato che rientrava nei compiti del direttore della ristorazione l’obbligo di controllare e verificare il rispetto della normativa vigente in materia di igiene dei prodotti alimentari, diretta a garantire l’assoluta tutela dei consumatori con riguardo alla sicurezza degli alimenti che l’azienda aveva l’obbligo di rispettare.

16. Con riguardo ai doveri di un responsabile della ristorazione di mense pubbliche, la tutela della salute dei fruitori (art. 32 Cost.) non si può esaurire nella mera prestazione delle proprie mansioni ad esso strettamente riferibili, ma include anche quella di denuncia dello stato di obsolescenza e inadeguatezza degli impianti agli eventuali terzi proprietari degli stessi, costituendo il mantenimento delle condizioni di idoneità, sotto il profilo igienico-sanitario, dell’intero ambiente la parte essenziale e, talora, massima della tutela degli utenti attuabile attraverso l’obbligo di controllo e di verifica del rispetto della normativa in materia di salubrità e sicurezza cui è tenuto il responsabile medesimo e, per mezzo di lui, l’azienda.

17. Avendo riguardo a tale principio, pertanto, la contestazione disciplinare è da ritenersi contenutisticamente specifica e corretto è stato il sindacato su di essa della Corte territoriale.

18. Il terzo motivo parimenti non può essere accolto.

19. Il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria (Cass. n. 8293/2012).

20. La Corte di merito, su tale punto, ha ritenuto, con motivazione adeguata e coerente, quale parametro per determinare la proporzionalità del recesso non gli effetti della condotta, ma la gravità degli inconvenienti igienico-sanitari riscontrati nella mensa dello stabilimento FIAT di (OMISSIS): inconvenienti riconducibili agli adempimenti e agli obblighi che gravavano sul direttore responsabile del servizio e che non erano stati assolti.

21. La conseguenza della chiusura dello stabilimento è stata evidenziata dai giudici di seconde cure non come presupposto giustificatore del licenziamento ma come argomento confermativo della gravità dei fatti accertati incidenti, in maniera irreversibile, sulla lesione del vincolo fiduciario.

22. L’indagine sulla proporzionalità è stata svolta, quindi, avendo riguardo sia agli aspetti oggettivi della vicenda che soggettivi relativi alla condotta del lavoratore.

23. Alcuna violazione delle norme di legge scrutinate è, pertanto ravvisabile, nella gravata sentenza.

24. Le altre censure, di cui al motivo citato, attengono ad accertamenti sui fatti ovvero alla loro valutazione ai fini istruttori preclusi nel giudizio di cassazione tanto più a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un fatto decisivo e discusso tra le parti (Cass. Sez. Un. Sent. n. 8053 del 7.4.2014): ipotesi questa non riscontrabile nel caso de quo.

25. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere respinto.

26. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

27. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 4.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, iva e cpa come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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