Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6533 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/03/2020, (ud. 17/04/2019, dep. 09/03/2020), n.6533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27336/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.G.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 47/27/2012, depositata il 19 settembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile

2019 dal Cons. Marco Dinapoli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- M.G.L. ricorreva avverso un avviso di accertamento nei suoi confronti emesso dall’Agenzia delle entrate di (OMISSIS) per le imposte (Irpef, Irap e Iva) asseritamente dovute per l’anno 2002, in cui non aveva presentato la dichiarazione dei redditi pur risultando percettore di provvigioni quale agente di commercio.

1.1- La Commissione tributaria provinciale di Torino in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava non dovuta l’Irap per i redditi conseguiti quale agente di commercio.

2.- Il contribuente proponeva appello avverso la sentenza in relazione ai capi della domanda rigettati. L’Agenzia delle entrate proponeva appello incidentale limitatamente alla pronunzia sull’Irap, in quanto a suo dire la questione era stata proposta tardivamente.

2.1-La Commissione tributaria del Piemonte accoglieva parzialmente l’appello del contribuente, riconoscendo come costi deducibili le spese documentate a piè di lista, e rigettava l’appello incidentale dell’Ufficio in quanto “la giurisprudenza della Suprema Corte si è espressa più volte nel senso di escludere dall’applicazione dell’Irap il reddito prodotto dall’agente di commercio”.

3.- L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria del Piemonte con sei motivi, chiedendone l’annullamento con ogni conseguente pronunzia, vinte le spese. Il contribuente non si costituisce in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4.- Con il primo motivo di ricorso si denunzia la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in quanto la sentenza impugnata ha rigettato l’appello incidentale senza pronunziarsi sull’eccezione di inammissibilità della questione relativa all’Irap perchè tardivamente proposta.

4.1- Il secondo motivo di ricorso denunzia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 24, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), perchè l’eccezione di cui sopra, proposta dall’Agenzia era comprensiva anche della violazione della normativa indicata, che non consente la mutatio libelli dopo la proposizione del ricorso;

4.3- Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1742 c.c. e segg., art. 2195 c.c., della L. n. 662 del 1966, art. 3, comma 144, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in quanto non esisterebbe alcuna giurisprudenza della Corte che abbia ritenuto il reddito dell’agente di commercio esente da Irap, al contrario la giurisprudenza giurisprudenza ha affermato che occorre verificare di volta in volta per gli agenti di commercio l’esistenza in concreto del presupposto impositivo;

4.4- Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia lamenta omessa ovvero insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè nè la sentenza di primo grado nè quella di appello avrebbero indicato su quali elementi di fatto si fondi la decisione di esclusione dal pagamento dell’Irap;

4.5- Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per omessa pronunzia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dall’Agenzia per mancanza di specificità dei motivi;

4.6- Con il sesto motivo di ricorso l’Agenzia lamenta omessa ovvero insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la motivazione della sentenza che ritiene deducibili i rimborsi spese a piè di lista sarebbe meramente apparente, in quanto consistente in una affermazione apodittica non supportata da alcuna valutazione di merito sulla valenza dimostrativa dei documenti.

5.- I primi due motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente in quanto attinenti, sotto aspetti diversi, alla medesima questione, sono inammissibili per difetto di specificità, in quanto la ricorrente non ha depositato nè trascritto gli atti del processo di merito su cui si fondano le eccezioni proposte, che appaiono pertanto meramente assertive, ed insuscettibili di essere verificate da parte della Corte.

5.1- I motivi terzo e quarto del ricorso sono infondati. La sentenza impugnata, infatti, ha indicato quali sono le circostanze di fatto che a suo giudizio esonerano il contribuente dal pagamento dell’Iva (“il solo lavoro dell’agente di commercio, senza collaboratori e senza l’impiego di notevoli beni strumentali”), così specificando il richiamo alla giurisprudenza della Corte. La decisione quindi, al contrario di quanto eccepito dalla ricorrente, si fonda su una valutazione di merito e non su un generico richiamo alla giurisprudenza.

5.2- Il quinto motivo di ricorso è inammissibile per gli stessi motivi indicati sopra al punto 5; in ogni caso appare anche infondato, in quanto l’eccezione di cui si lamenta l’omessa pronunzia da parte del giudice di appello deve ritenersi implicitamente disattesa, dato il contenuto della decisione complessiva, incompatibile con il suo accoglimento.

5.3- Il sesto motivo è inammissibile per mancanza di specificità, in quanto non indica i motivi per cui i costi che il giudice a quo ha ritenuto “documentati minuziosamente dal contribuente in modo da dare una esatta rappresentazione dell’inerenza degli stessi all’attività esercitata” non avrebbero invece, secondo la ricorrente, tali caratteristiche.

6.- In conclusione, il ricorso va rigettato, senza alcuna pronunzia sulle spese processuali, in quanto l’intimato non si è costituito nel presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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