Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6533 del 05/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 6533 Anno 2016
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

PC

SENTENZA

sul ricorso 2761-2013 proposto da:
TISBO

MICHELE

TSBMHL51M29A693K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LAURA MANTEGAllA 24, presso
lo studio dell’avvocato MARCO GARDIN, rappresentato e
difeso dall’avvocato RAFFAELE GARGANO giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

BANCA POPOLARE DI BARI SOC. COOP. per Azioni in
persona del Presidente del C.d.A. e legale
rappresentante pro tempore Dott. MARCO JACOBINI,

Data pubblicazione: 05/04/2016

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI
9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RAGUSO,
rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO LATERZA
giusta procura speciale a margine del controricorso;
– con troricorrente –

EUROFINANCE 2000 SRL;
– intimata –

avverso la sentenza n. 805/2012 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 28/06/2012, R.G.N. 2300/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/10/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l’Avvocato RAFFAELE GARGANO;
udito l’Avvocato GIUSEPPE RAGUSO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

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nonché contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.La Banca Popolare di Bari, nel maggio del 1997, ottenne decreto
ingiuntivo in danno di Michele Tisbo e della moglie, quale garante,
per l’importo di quasi 105 milioni di lire per saldi passivi di conto
corrente bancario, oltre interessi, e iscrisse ipoteca giudiziale, per
150 milioni di lire sull’intero patrimonio immobiliare, facente parte
della impresa del debitore finalizzata alla costruzione e vendita di

L’opposizione al decreto ingiuntivo, nel corso della quale intervenne
Eurofinance 2000 srl quale cessionaria del credito, venne accolta dal
Tribunale; ma, venne rigettata la domanda di danni ex art. 96 c.p.c.
proposta dall’opponente (sentenza del 2004).
L’impugnazione proposta da Tisbo, relativa solo alla domanda ex art.
96 c.p.c., venne rigettata dalla Corte di appello di Bari (sentenza del
28 giugno 2012).
2.Avverso la suddetta sentenza, Michele Tisbo propone ricorso per
cassazione affidato a tre motivi, esplicati da memoria.
La banca Popolare di Bari resiste con controricorso.
Eurofinance 2000 srl, ritualmente intimata, non si difende.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La Corte di merito, rilevato che con l’appello l’originario opponente
aveva censurato la sentenza, tra l’altro, per non aver tenuto conto
che l’ipoteca giudiziale era stata iscritta su tutti i beni aziendali, del
valore di oltre 3 milioni di euro, così determinando la cessazione
della propria attività imprenditoriale, ha argomentato il rigetto sulla
base delle seguenti essenziali argomentazioni.
a) Per l’affermazione della responsabilità ex art. 96, secondo
comma, deve essere accertata l’inesistenza del credito vantato in
giudizio e il difetto della normale prudenza nell’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale.
L’inesistenza del credito azionato risulta dalla sentenza di primo
grado, non impugnata sul punto; occorre stabilire se la banca,
iscrivendo l’ipoteca nel maggio 1997, abbia agito senza la normale
prudenza.

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immobili.

b) Il risultato dell’indagine è negativo poiché l’inesistenza del credito
azionato non era sufficientemente probabile e prevedibile al
momento della richiesta di iscrizione. Infatti, il credito era relativo a
saldi passivi di conto corrente, acceso nel 1982, e derivava dalla
applicazione di clausole uso piazza che prevedevano la
capitalizzazione trimestrale degli interessi. All’epoca, nel 1997, la
giurisprudenza non era concorde nell’affermare l’invalidità di tali

creditore procedente all’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.
c) L’esclusione della colpa lieve esclude l’applicabilità del primo
comma dell’art. 96 c.p.c., che richiede la colpa grave e il dolo.
d) Comunque, secondo la giurisprudenza di legittimità, il creditore
che abbia iscritto ipoteca per una somma esorbitante o su beni
eccedenti l’importo del credito vantato, non può essere chiamato,
per ciò solo, a rispondere a titolo di responsabilità aggravata ai sensi
dell’art. 96, secondo comma, c.p.c.; restando possibile, peraltro,
configurare a carico del medesimo una responsabilità processuale a
norma dell’art. 96, primo comma c.p.c., qualora egli abbia resistito
alla domanda di riduzione dell’ipoteca con dolo o colpa grave.
Domanda, nella specie, non presentata.
2.Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 96 c.p.c. e
2043 c.c., nonché omessa motivazione in ordine al comportamento
temerario tenuto della Banca, quantomeno, nel corso del giudizio.
Con il secondo motivo, si deducono vizi motivazionali per omessa e
contraddittorietà della motivazione in riferimento al mancato
esperimento della domanda di riduzione di ipoteca.
Con il terzo motivo, si deduce violazione dell’art. 96 c.p.c., nonché
la violazione di tutti i vizi motivazionali in ordine alla esistenza della
prova documentale del danno.
2.1. I

primi due motivi sono strettamente collegati, e vanno

esaminati congiuntamente.
Il fondo della censura, rivolta alla sentenza impugnata, si sostanzia
nella critica: – di aver fatto applicazione della giurisprudenza di
legittimità che riconosce l’applicabilità dell’art. 96 primo comma
c.p.c. nel caso di resistenza in giudizio per la riduzione di ipoteca,
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clausole. Non sussiste, pertanto, neanche la colpa lieve in capo al

sempre se si sia in presenza di dolo o di colpa grave; – di non aver
considerato, ai fini della applicabilità del secondo comma dello
stesso articolo, che richiede solo la normale prudenza e, quindi, la
colpa lieve, il comportamento del creditore, qualificabile come abuso
del diritto, come eccesso dei mezzi di tutela, quando iscrive ipoteca
giudiziale su beni eccedenti di molto l’importo del credito vantato e
persiste a non addivenire ad un accordo sulla restrizione

corso del giudizio fosse emersa, tramite la consulenza tecnica,
l’inesistenza del credito e l’esorbitanza dei beni ipotecati rispetto al
credito vantato. Esigenza di restrizione dei beni che il debitore aveva
rappresentato, nel corso di processo, con la richiesta, ex art. 700
c.p.c., che era stata rigettata.
La censura va accolta.
3. La questione posta all’attenzione della Corte è <

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