Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6528 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 22/02/2022, dep. 28/02/2022), n.6528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16209/2015 proposto da:

BLEU S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma Via Eleonora d’Arborea

n. 30, presso lo studio dell’avvocato Cartoni Bernardo,

rappresentata e difesa dall’avvocato Cartoni Bernardo e

dall’avvocato Di Trani Lazzaro;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente, ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. ABRUZZO, sezione staccata

di Pescara, n. 1422/06/14, depositata il 22/12/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22 febbraio 2022 dal consigliere Dott. Guida Riccardo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Bleu S.r.l. ricorre, con cinque motivi, illustrati con una memoria, contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, nel quale articola ricorso incidentale, sulla base di un motivo, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) dell’Abruzzo (sezione staccata di Pescara) ha rigettato l’appello della contribuente e parzialmente accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Chieti (n. 199/04/2013) che, a sua volta, aveva parzialmente accolto il ricorso introduttivo della società contro l’avviso di accertamento per Ires, Irap, Iva, per il 2008, fondato sul recupero a tassazione di costi indeducibili per difetto d’inerenza;

2. in particolare, la C.T.R.: (i) ha respinto la censura di nullità della notifica dell’avviso per incompletezza della relata di notifica in ragione del fatto che l’ufficio finanziario può notificare l’atto impositivo mediante raccomandata per posta ordinaria senza avvalersi dell’ufficiale giudiziario; (ii) ha escluso la nullità del verbale di constatazione lamentata dalla contribuente per la mancata indicazione delle ragioni per le quali le deduzioni della società verificata erano state ritenute inattendibili; (iii) ha negato che il termine di trenta giorni (lavorativi) di permanenza degli operatori presso la sede della società fosse stato superato, ferma la constatazione del carattere ordinatorio e non perentorio del medesimo lasso temporale; (iv) quanto al capo della pronuncia di primo grado che, pur ravvisandone l’inerenza, aveva ridotto l’entità dei costi relativi a “rimborsi spese concessi all’amministratore”, e che pertanto era stato impugnato da entrambi i contendenti, ha escluso, in accoglimento dell’appello dell’ufficio, che la società avesse fornito la prova dell’inerenza del costo rispetto all’attività aziendale; (v) del pari, ha riformato la pronuncia di primo grado anche in punto di oneri di rappresentanza, poiché la documentazione allegata dalla società a supporto delle varie spese (per pranzi, pernottamenti, viaggi ed “acquisto di oggettistica varia”), era priva delle indicazioni necessarie a dimostrare il rispetto del criterio dell’inerenza (così a pag. 5 della sentenza); (vi) ha infine confermato la sentenza impugnata, e rigettato l’appello dell’ufficio, con riferimento alle spese per sponsorizzazione che, per la C.T.R. (e prima ancora per la Commissione provinciale), erano state effettivamente sostenute ed erano inerenti all’attività sociale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso principale (“1. Violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 149 c.p.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e della L. 20 novembre 1982, n. 890. Insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.”), la ricorrente censura la sentenza impugnata che non ha rilevato la nullità della notifica dell’avviso di accertamento per incompletezza della relata di notifica;

2. con il secondo motivo (“2. Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, u.c.. Omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.”), la ricorrente censura la sentenza impugnata che non ha rilevato che l’atto impositivo (e non il verbale di constatazione, come erroneamente affermato dal giudice di appello) era annullabile perché non indicava i motivi del dissenso dell’ente impositore rispetto agli argomenti difensivi della contribuente;

3. con il terzo motivo (“3. Effetti della sentenza Corte Costituzionale n. 37/2015.”), la ricorrente, sulla premessa che il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una serie di norme riguardanti la nomina di alcuni funzionari dell’Agenzia delle entrate, assunti senza regolare procedura di concorso, chiede che la sentenza sia cassata ove l’Amministrazione finanziaria non documenti con precisione la correttezza della procedura di nomina del firmatario dell’avviso di accertamento, che appare sottoscritto dal “direttore provinciale C.R.”;

4. con il quarto motivo (“4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 TUIR, comma 3, e art. 109 TUIR, comma 5, e dell’art. 2697 c.c..”), la ricorrente censura la sentenza impugnata che ha negato la prova dell’inerenza dei rimborsi spese dell’amministratore, senza considerare che l’Amministrazione finanziaria non metteva in dubbio né l’effettività né l’inerenza di tale componente negativo, ma contestava la mancanza di autorizzazione (concessa dall’amministratore a se stesso) a sostenere quel costo, quale presupposto della sua inerenza;

5. con il quinto motivo (“5. Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia.”), si censura la sentenza impugnata che ha omesso l’esame del motivo d’appello con il quale la contribuente si doleva del fatto che il giudice di primo grado, nell’esame del “sesto motivo di ricorso”, fondato sulla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, avesse ritenuto irrilevante l’omessa allegazione, al p.v.c. e all’avviso di accertamento, delle dichiarazioni rese da R.G., P.M. e P.D., da cui i verificatori avevano desunto che la fattura n. 8 del 17/10/2008 (emessa dalla ditta P.) riguardava un’operazione oggettivamente inesistente;

6. il primo motivo non è fondato;

la C.T.R., con accertamento di fatto non attinto da specifica critica, ha stabilito che il procedimento notificatorio è avvenuto a mezzo di posta ordinaria senza il ricorso all’ufficiale giudiziario, ed ha poi ineccepibilmente concluso che, rispetto a tale modalità di notifica, non era necessaria la redazione della relata di notifica, le cui carenze contenutistiche erano state fatte valere dalla contribuente, nei gradi di merito, come motivo di impugnazione dell’avviso;

7. il secondo motivo non è fondato;

e’ conforme a diritto la statuizione del giudice di appello che ha negato il deficit dell’avviso di accertamento per mancata indicazione in esso (e non nel p.v.c., come erroneamente afferma la C.T.R.) delle ragioni per le quali non erano stati ritenuti attendibili gli argomenti esposti dal soggetto verificato. Infatti, dal punto di vista che adesso interessa, per il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, l’avviso di accertamento “deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato”, non anche in relazione, appunto, alle ragioni di diniego degli argomenti addotti in sede amministrativa dal destinatario dell’accertamento;

8. il terzo motivo è inammissibile;

la censura, nuova, perché non proposta nei gradi di merito, è formulata in termini ipotetici e generici, non reca alcun richiamo al parametro normativo dell’art. 360, c.p.c., che si assume violato, e, in ultima analisi, non rivolge alcuna critica alla sentenza d’appello;

9. il quarto motivo è inammissibile;

la censura pecca d’autosufficienza. Non essendo stato trascritto, nel ricorso, il contenuto essenziale dell’avviso, questa Corte non è posta nella condizione di verificare ex actis se la C.T.R. abbia erroneamente statuito sull’inerenza delle spese dell’amministratore, trascurando il fatto che, in realtà, la contestazione non riguardava l’inerenza del costo, ma il diverso aspetto della necessità o meno della preventiva autorizzazione dei rimborsi spese dell’amministratore portati in deduzione dalla società;

10. il quinto motivo non è fondato;

per la giurisprudenza di legittimità non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. 6/12/2017, n. 29191; conf.: 08/03/2007, n. 5351; 13/10/2017, n. 24155/2017, secondo cui: “Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.”). Nel caso in esame è chiaro che la C.T.R. (e prima di essa la C.T.P.), nel riconoscere la (parziale) legittimità dell’avviso, ha implicitamente rigettato l’eccezione formulata dalla contribuente in merito all’asserito vizio dell’atto impositivo cui non erano state allegate delle dichiarazioni testimoniali assunte dai verificatosi in fase procedimentale;

11. con l’unico motivo di ricorso incidentale (“Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 108, comma 2, e art. 109, nonché dell’art. 2697 c.c.: con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha riconosciuto la deducibilità dei costi di sponsorizzazione benché la contribuente, cui spettava il relativo onere, non avesse dimostrato l’inerenza di tali spese all’attività d’impresa. Del resto, secondo la prospettazione erariale, non vi era alcuna correlazione tra l’oggetto sociale della contribuente, operante nel settore dello smaltimento dei rifiuti, e la sponsorizzazione delle squadre di calcio;

12. il motivo non è fondato;

12.1. per Cass. 24/01/2019, n. 1922, che dà continuità a Cass. 10/10/2018, n. 25021, “In tema di determinazione dei redditi di impresa, costituiscono spese di sponsorizzazione quelle correlate ad iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre sono classificabili quali spese pubblicitarie o di propaganda quelle sostenute per la realizzazione di iniziative volte alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta, con la conseguenza che solo le prime, in quanto costituenti spese di rappresentanza, sono deducibili ai sensi e nei limiti previsti dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74 (ora art. 108), comma 2, (…)”. Recentemente, Cass. 21/04/2021, n. 10440, in una controversia in materia di tributi armonizzati, consolidando i precedenti sezionali, ha enunciato il principio (che vale anche per le imposte dirette) per il quale “In tema di IVA, ai fini della deduzione dei costi, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obiettivi perseguiti, atteso che le prime sono sostenute per accrescere il prestigio della impresa senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, se non in via mediata e indiretta attraverso il conseguente aumento della sua notorietà e immagine, mentre le seconde hanno una diretta finalità promozionale di prodotti e servizi commercializzati, mediante l’informazione ai consumatori circa l’esistenza di tali beni e servizi, unitamente all’evidenziazione e all’esaltazione delle loro caratteristiche e dell’idoneità a soddisfarne i bisogni, in modo da incrementare le relative vendite.”;

12.2. l’Agenzia, confondendo le spese di sponsorizzazione delle squadre di calcio con le spese di pubblicità, sostiene che il “messaggio pubblicitario” della società, in quanto indirizzato ad un pubblico composto dagli spettatori degli eventi sportivi, sostanzialmente estraneo all’attività della contribuente di smaltimento dei rifiuti, sarebbe inidoneo a realizzare l’obiettivo dell’incremento dei ricavi. La tesi erariale non è in linea con la giurisprudenza di questa Corte che (come sopra accennato) nega l’esistenza di un collegamento tra spese derivanti da un contratto di sponsorizzazione e la diretta aspettativa dell’incremento dei ricavi poiché l’obiettivo, anche strategico, dello sponsor consiste nella crescita della propria immagine commerciale e del prestigio del marchio;

12.3. ebbene, la C.T.R., a prescindere dall’erronea sussunzione, delle spese di sponsorizzazione entro quelle di pubblicità anziché, come sarebbe stato corretto, in quelle di rappresentanza (e sotto tale profilo la sentenza necessita di essere corretta), seguendo il filo conduttore della decisione di primo grado, con accertamento di fatto, non attinto da specifica censura, ha ravvisato che le spese di sponsorizzazione delle squadre di calcio fossero “inerenti” all’attività d’impresa, e perciò deducibili, trattandosi (cfr. pag. 6 della sentenza) di “(spese) idonee a valorizzare ed accrescere l’attività svolta dallo sponsor” in quanto (ibidem) “la società potrebbe essere comunque interessata a diffondere la propria immagine sul mercato – con consequenziale capacità penetrativa nello stesso – e così ad accreditarsi anche presso gli operatori economici di settore”;

13. le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, tra le parti, per la loro reciproca soccombenza;

14. rispetto al ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate, rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

PQM

rigetta il ricorso principale della contribuente e il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate, e compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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