Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6528 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 17/03/2010, (ud. 05/02/2010, dep. 17/03/2010), n.6528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8314/2009 proposto da:

L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso LA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati D’ANTONIO ENRICO e SANTESE ROSARIO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

LILIAN CAFFE’ SDF, LI.PI., B.M.,

D.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 366/2 008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

del 13/2/08, depositata il 27/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

è presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

L.F. ha chiesto al Tribunale di Salerno di accertare il rapporto di lavoro subordinato dal 1 giugno 1994 al 30 giungo 1998, con mansioni di addetto alla vendita, con la Lilian Caffè società di fatto con sede in (OMISSIS) – di Li.Pi., D.G. e B.M. – e di condannare la società ed i soci al pagamento di differenze retributive. Il Tribunale, espletata l’istruzione, ha rigettato la domanda. Tale sentenza, appellata dal lavoratore, è stata confermata dalla Corte di Appello di Salerno con sentenza depositata il 27.3.2008. La Corte territoriale ha ritenuto che le univoche risultanze processuali inducevano ragionevolmente ad escludere l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato dell’appellante, mentre era tardiva, e quindi inammissibile, la richiesta di accertamento in via subordinata di un rapporto di parasubordinazione.

Avverso tale sentenza L.F. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo con il quale ha denunciato violazione di legge non meglio specificata e omessa ed insufficiente motivazione per avere il giudice di appello erroneamente valutato le prove testimoniali e per aver ritenuto inammissibile, perchè tardiva, la domanda di accertamento di un rapporto di parasubordinazione.

Gli intimati non si sono costituiti.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorso per cassazione risulta privo della formulazione dei quesiti di diritto, richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile a tutti i ricorsi avverso sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006, come disposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2. Il citato art. 366 bis c.p.c., è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 27, comma 2, ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (L. n. 69 del 2009, art. 581).

Per quanto concerne i pretesi vizi di motivazione, si ricorda che per costante giurisprudenza di questa Corte la valutazione delle prove testimoniali e documentali spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo se non sorretta da motivazione congrua e se presenti contraddizioni e vizi logici.

La deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, non essendo consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diverse da quella accolta dal giudice di merito (cfr. tra le tante Cass. n. 18214/2006, n. 3436/2006, n. 8718/2005).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

Per contro, le censure mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.

Si osserva, infine, che la domanda di accertamento della sussistenza di un rapporto di parasubordinazione, anzichè di lavoro subordinato, è stata avanzata solo con l’atto di appello e costituisce quindi domanda nuova ed inammissibile a norma dell’art. 437 c.p.c., come correttamente rilevato dal giudice di appello, comportando un mutamento della originaria causa petendi.

Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto. Nulla per le spese, poichè gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

 

 

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