Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6527 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/03/2020, (ud. 12/03/2019, dep. 09/03/2020), n.6527

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22368/2013 R.G. proposto da:

ALBERGO RISTORANTE LA ROSETTA S.R.L., C.F. (OMISSIS), con sede in

Perugia, rapp.ta e difesa, giusta procura speciale a margine del

ricorso, dall’Avv. Giuseppe Tinelli e dall’avv. Maurizio De Lorenzi

del Foro di Roma, elett. dom.ta presso lo studio del primo in Roma,

via di Villa Severini, n. 54;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale per legge è

dom.ta in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Umbria, Sez.1 N. 106/01/2012 depositata il 28 giugno 2012 non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 marzo 2019

dal Consigliere Dott. Nocella Luigi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 23.02.2009 la s.r.l. Albergo Ristorante La Rosetta, ricevuta notifica dell’avviso di accertamento N. (OMISSIS), con il quale l’Agenzia delle Entrate di Perugia aveva accertato, per l’anno 2004, un maggior reddito d’impresa ed imponibile IRAP di Euro 90.675,00, richiedendo le corrispondenti maggiori imposte, l’IVA, gli interessi ed applicando sanzioni per Euro 44.884,50=, esperita vanamente la procedura di accertamento con adesione, proponeva ricorso per il suo annullamento innanzi alla CTP di Perugia.

La Commissione adìta respingeva il ricorso con sentenza N. 136/04/2010, e la Società proponeva appello innanzi alla CTR dell’Umbria, a sua volta respinto con la sentenza oggetto del presente giudizio. In sintesi i Giudici d’appello, rispondendo puntualmente ai 5 motivi di doglianza, hanno ritenuto che:

1) l’eccepito difetto di motivazione dell’avviso (il cui testo è integralmente riportato a pagg.5-6 del ricorso in nota 2) non sussisterebbe poichè esso era stato emesso all’esito di contraddittorio, conseguendone che lo scostamento dei ricavi dichiarati (Euro 2.504.047,00) rispetto a quelli elaborati alla stregua dello studio di settore TG44U, pari a circa Euro 90.000, doveva ritenersi anomalo, rovesciando sulla contribuente l’onere della prova contraria, che non sarebbe emersa neppure in giudizio;

2) i risultati dello studio di settore, anche come elaborati dalla contribuente, davano luogo a risultati di non congruità, integrando quella prova presuntiva richiesta dalla legge e non scalfita dall’entità assoluta e percentuale dello scostamento, ritenute entrambe di cospicuo rilievo, nè dalla non eccedenza dei ricavi rispetto al c.d. intervallo di confidenza;

3) irrilevante sarebbe l’eccepita inidoneità dello studio di settore applicato a rappresentare la realtà economica dell’azienda, sia per la natura dei servizi alberghieri erogati in appalto, così come la collocazione dell’albergo nel centro storico, ritenuto elemento di evidente prestigio più che svantaggiante; mentre il cluster di riferimento era da considerare adeguato alla natura dell’impresa, nè la ricorrente aveva indicato altri cluster più appropriati;

4) legittima sarebbe la mancata detrazione dall’imposta IRES accertata del credito d’imposta risultante dalla dichiarazione dell’anno precedente, stante la scelta della contribuente, non modificata in sede di contraddittorio, di riportare il credito da perdita agli esercizi successivi;

5) anche l’applicazione della sanzioni sarebbe del tutto legittima, essendo chiaramente acquisito nella prevalente giurisprudenza che la tipologia di accertamento mediante studi di settore non escluderebbe, alla stregua del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, la possibilità di applicazione delle sanzioni pecuniarie.

Per la cassazione di detta pronuncia l’Albergo La Rosetta s.r.l. ha proposto ricorso innanzi a questa Corte, notificato il 7.10.2013, articolato su sei motivi di doglianza. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso notificato il 13.11.2013.

Diritto

CONSIDERATO

CHE.

Con il primo motivo di ricorso la Società deduce contraddittoria ed illogica motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 circa un fatto controverso e decisivo: in particolare la CTR, nell’esaminare il motivo d’appello concernente il difetto di motivazione dell’avviso impugnato, ha affermato che agli scostamenti accertati, per due annualità consecutive, mediante lo studio di settore applicato doveva attribuirsi valenza probatoria automatica ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 399 e s.s., poichè “il contraddittorio c’è stato, come ammesso dallo stesso appellante e l’ufficio ha acquisito gli elementi addotti in sua difesa ma non li ha ritenuti sufficienti ed ha quindi legittimamente emesso l’avviso senza incorrere in alcun vizio di difetto di motivazione la presunzione non è stata superata dalla prova contraria che il contribuente non è riuscito a dare” (pag.4); laddove, evidenzia la società ricorrente, nell’esposizione in fatto (primi tre cpv. a pag.2) la CTR aveva correttamente ricostruito la vicenda procedimentale dell’avviso impugnato (notifica in data 13.03.2008 dell’invito alla produzione di scritture e documentazione contabile relativa agli esercizi 2003 e 2004, ottemperato dalla Società il 26.03; notifica dell’avviso in data 26.09.2008 dell’avviso di accertamento; proposizione, in data 7.11.2008 dell’istanza di accertamento con adesione, conclusosi negativamente), evincendosene che il contraddittorio previsto dalla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 3-bis, non era stato attivato nelle modalità proprie, poichè l’avviso impugnato era stato preceduto esclusivamente dall’invito alle produzioni documentali, e non già da invito a comparire ed al contraddittorio, e che l’unica fase di contraddittorio si era realizzata soltanto in seguito alla notifica dell’avviso stesso. Inoltre, evidenzia la ricorrente, la CTR ha attribuito alla Società l’ammissione dell’avvenuto contraddittorio, che in effetti v’era stata limitatamente alla fase di contraddittorio postumo, nella fase del procedimento di accertamento con adesione, ma sempre con la precisazione che gli effetti di presunzione legale potevano conseguire soltanto al contraddittorio preventivo, come precisato nella pronunce di Cass. SU 10.12.2009 nn. 26635-26638.

Il motivo è inammissibile, non solo per le ragioni indicate nel controricorso dalla difesa erariale (invero la specifica doglianza circa la mancata attivazione del contraddittorio preventivo e le circostanze di fatto sulle quali si fondava non erano già contenute nel ricorso introduttivo – riprodotto testualmente nel controricorso dell’Agenzia -, non essendo sufficiente il generico richiamo nel motivo d’impugnazione alla L. n. 146 del 1998, art. 10 nè l’asserita, sempre genericamente, insussistenza di tutti i presupposti fattuali per la valenza presuntiva illustrata a pag.5-6 del ricorso medesimo), ma prima ancora per essere il presente giudizio regolato dalla nuova disciplina dell’art. 360 c.p.c. introdotta con il D.L. n. 83 del 2012 che, con efficacia dal 21 settembre 2012, ha limitato i casi di ricorso ex n. 5 alla sola ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e controverso, espungendo le ipotesi di contraddittoria o illogica motivazione che è quella invocata dalla società ricorrente.

D’altronde la censura non può neppure riqualificarsi, in ragione del suo contenuto, quale ipotesi di omessa o apparente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 4: invero è noto, come da ultimo affermato da Cass. SU 25.10.2013 n. 24148, che “La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati”. Orbene, sia dalla lettura della sentenza che dall’esposizione degli argomenti di contrasto contenuta nell’illustrazione del motivo, si evince chiaramente che la CTR ha esplicato adeguatamente le ragioni che ne hanno determinato il convincimento, in modo sufficiente ad individuare il procedimento logico; sì che lo stesso motivo è impostato su una sequenza di controargomentazioni alle affermazioni contenute nella sentenza impugnata, dirette a negarne la valenza attribuita, ovvero a sostenere una concludenza nel senso contrario a quello postulato dal Giudice dell’appello, rendendo evidente l’inconfigurabilità di una concreta lesione del diritto di difesa o di una totale incomprensibilità della ratio decidendi.

Con il secondo motivo di ricorso la Società ricorrente lamenta violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 o 3, degli artt. 115 e 116 c.p.c.: la CTR, nel medesimo passaggio motivazionale già riportato, avrebbe, aderendo acriticamente alle controdeduzioni avversarie, travisato inequivocabilmente le risultanze probatorie, avendo fondato la decisione sul falso presupposto che prima dell’emissione del provvedimento si fosse instaurato il contraddittorio con la parte, laddove questo si era realizzato per la prima volta il 16.02.2009 nella fase di accertamento con adesione successiva all’avviso (analiticamente ricostruita e documentata dalla ricorrente nell’atto e nella memoria d’appello), come comprovato dalla circostanza che in esso non è contenuto cenno alcuno nè dello svolgimento del contraddittorio preventivo nè delle ragioni eventualmente dedotte dalla contribuente, pur essendovi fedelmente riportate tutte le attività svolte dall’Agenzia e dal contribuente; e pur essendo riscontrabile che le ragioni della contribuente erano state contrastate dall’Agenzia so(tanto nel verbale di contraddittorio del 16.02.2009. Per tali ragioni deduce la Società ricorrente che la motivazione adottata paleserebbe violazione sia del principio di disponibilità della prova, per avere la CTR dato prevalenza alle allegazioni in fatto dell’Agenzia piuttosto che alle risultanze documentali, sia dei corretti criteri di valutazione della prova per aver presupposto un fatto assolutamente non documentato in atti.

Anche tale motivo è inammissibile, per le ragioni già esposte nell’esame della precedente censura. L’Agenzia ha eccepito infatti che l’originario ricorso non contenesse alcuna specifica censura per difetto di motivazione dell’avviso d’accertamento in ordine all’eventuale mancata attivazione del contraddittorio (e/o all’eventuale mancato esame delle ragioni dedotte dalla contribuente); in altri termini che la questione non fosse controversa fin dal primo grado di giudizio, ma fosse stata introdotta dalla ricorrente nelle memorie illustrative d’appello del 27 aprile 2012, nella quale aveva per la prima volta allegato che l’avviso non era stato preceduto da contraddittorio preventivo.

Orbene, dovendo questa Corte prescindere dall’allegazione, solo oggi circostanziata dall’Agenzia controricorrente e quindi inammissibile e tardiva, che il contraddittorio preventivo si sarebbe effettivamente realizzato (cfr. pag.7 del controricorso), resta l’assorbente circostanza che il ricorso introduttivo di 10 grado non conteneva alcuna censura in ordine alla pretermissione di tale fase di contraddittorio, sicchè la circostanza, ancorchè in thesi certamente decisiva, non avendo costituito oggetto di contestazione in primo grado, non poteva costituire oggetto di controversia nel secondo grado e, di riflesso, non consente la deduzione di una violazione di legge nel presente giudizio di legittimità, dovendosi considerare coperta da giudicato interno.

Infatti nè nella premessa di fatto, nè nella parte illustrativa del primo motivo del ricorso introduttivo – integralmente riprodotto nel controricorso dell’Agenzia – è contenuto alcun cenno alla circostanza storica della mancata attivazione del contraddittorio preventivo; e le doglianze circa carenze motivazionali dell’atto impugnato concernono esclusivamente la valenza probatoria di presunzione semplice (e non legale automatica) della quantificazione dei ricavi effettuata mediante applicazione studi di settore, come tale inidonea a fondare la motivazione dell’atto accertativo, con conseguente violazione dell’obbligo motivazionale circa i criteri con i quali detti risultati sono stati impiegati e ritenuti affidabili; lamentandosi in particolare che “Nessuna delle indicazioni della Direzione Centrale ha trovato accoglimento nel corpo dell’atto impugnato; il provvedimento infatti non indica alcuno dei criteri, delle ragioni e/o delle valutazioni per i quali l’Ufficio ha ritenuto che lo scostamento verrebbe a configurare quelle gravi incongruenze che rappresentano a loro volta il presupposto ineludibile sancito dall’art. 62-sexies per legittimare un accertamento sulle risultanze degli studi stessi”; l’Ufficio, in altri termini, avrebbe adottato la “scorciatoia” dell’accertamento basato sull’applicazione “automatica” ed “acritica” degli studi di settore in luogo di un ordinario accertamento induttivo.

Orbene non può non rilevarsi che l’eventuale mancata attivazione del contraddittorio preventivo, mai espressamente o implicitamente evocata nelle allegazioni fattuali, costituirebbe fatto fondante di altra ed autonoma causa di nullità del procedimento per violazione dell’obbligo di contraddittorio preventivo (il ricorso non contiene invece alcun riferimento alla L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3-bis) o di carenza motivazionale circa un diverso presupposto di efficacia probatoria privilegiata degli elementi ricavati dall’applicazione degli studi di settore, per l’inattendibilità specifica riferibile al mancato vaglio degli stessi proprio nel contraddittorio con la parte; sicchè l’introduzione, con l’atto d’appello (a fortiori con memoria ad esso successiva), di un nuovo motivo di doglianza che introduce una diversa causa petendi implicante l’allegazione di un fatto nuovo e diverso, integrerebbe una domanda nuova inammissibile in appello (cfr. Cass. sez.V 3.07.2015 n. 13742; Cass. sez. V 11.05.2007 n. 10779), circa la quale il Giudice del gravame non è tenuto a pronunciare, che deve ritenersi fatto incontroverso e la cui valutazione non può costituire motivo di ricorso a questa Corte.

Alla luce delle esposte considerazioni le controdeduzioni dell’Agenzia in appello, nella parte in cui questa, aderendo alla tesi secondo cui le risultanze degli studi di settore non avevano ex se valore presuntivo legale, bensì valenza di “presunzioni semplici, non gravi precise e concordanti”, e che tale valenza avevano acquisito in seguito all’attivazione del contraddittorio preventivo, rappresentano, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, una legittima modifica dell’originaria posizione difensiva, poichè, in assenza di deduzione in primo grado della mancata attivazione del contraddittorio, la circostanza dell’avvenuta attivazione doveva ritenersi, in fatto, acquisita.

Con il terzo ed il quarto motivo la Società ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e L. n. 146 del 1998, art. 10 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (per il quarto motivo anche degli artt. 2697 e 2727 e s.s. c.p.c.): nonostante l’Agenzia già nelle controdeduzioni in appello avesse ammesso che i risultati dell’elaborazione degli studi di settore non potessero ex se costituire presunzioni legali relative atte a fondare una accertamento induttivo in deroga alle regole generali del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, la CTR ha affermato che, in seguito all’avvenuta attivazione del contraddittorio, l’Ufficio avrebbe legittimamente ritenuto insufficienti gli elementi giustificativi addotti dalla parte ed emesso l’avviso sulla scorta degli scostamenti rilevati. Quindi, argomenta la ricorrente, in assenza di prova dell’avvenuta attivazione del contraddittorio preventivo, a tale asserzione non potrebbero che attribuirsi due significati alternativi: o che il contraddittorio successivo, realizzatosi in sede di esame dell’istanza di accertamento con adesione, integrerebbe comunque il presupposto essenziale per attribuire alle risultanze degli studi di settore la valenza probatoria privilegiata di presunzioni legali relative (terzo motivo); ovvero che il suddetto contraddittorio successivo avrebbe sanato il difetto di contraddittorio preventivo, consentendo l’attribuzione ai medesimi studi di sèttore la già menzionata valenza probatoria privilegiata; in entrambi i casi, tuttavia, l’enunciato della CTR si porrebbe o in insanabile contrasto diretto con la normativa regolante gli accertamenti mediante studi di settore (L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3-bis), violando conseguentemente le norme che consentono gli accertamenti mediante studi di settore (terzo motivo); ovvero si porrebbe in contrasto indiretto (quarto motivo) con la medesima normativa, come illustrata ed interpretata dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. SU n. 26635 segg. del 2009), nella parte in cui ritiene che la valenza probatoria privilegiata delle relative elaborazioni possa acquisirsi soltanto all’esito di un contraddittorio che si sia svolto precedentemente all’emanazione del provvedimento e del quale questo deve dare conto.

Orbene, entrambi i motivi sono inammissibili in quanto accomunati dall’individuazione di una ratio decidendi ipotetica e non ricavabile dalla piana e coerente lettura della sentenza impugnata. Invero nel passaggio più volte richiamato ed investito da tutti i motivi già esaminati la CTR, richiamati in via di estrema sintesi i principi interpretativi espressi nelle richiamate pronunce nn. 26635-26638/2009 delle SU di questa Corte, ha affermato che “Nella specie…il contraddittorio c’è stato, come ammesso dallo stesso appellante, e l’Ufficio ha acquisito gli elementi addotti in sua difesa dalla Società ma non li ha ritenuti sufficienti ed ha quindi legittimamente emesso l’avviso senza incorrere in alcun vizio di difetto di motivazione resta quindi il fatto che la presunzione non è stata superata dalla prova contraria che il contribuente non è riuscito a dare”. Alla stregua delle ragioni per le quali sono stati ritenuti inammissibili i precedenti motivi di ricorso, appare evidente che la CTR ha legittimamente presupposto che il contraddittorio si fosse sviluppato antecedentemente alla emissione dell’avviso, e che su tale presupposto abbia giustamente fondato la legittimazione dell’Agenzia ad emetterlo anche sulla scorta dei semplici risultati degli studi di settore.

Del resto a nulla rileva che la presupposta attivazione del contraddittorio anticipato sia il frutto di un’omessa contestazione nel ricorso originario o che non sia stata fornita prova documentale del suo svolgimento, poichè, in assenza di contestazione specifica e tempestiva, l’Agenzia non era gravata dall’onere di provare che il contraddittorio si fosse svolto.

Con il quinto motivo, la Società Albergo La Rosetta deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., della L. n. 241 del 1990, art. 3, L. n. 212 del 2000, art. 7, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e L. n. 146 del 1998, art. 10: premesso di aver, sin dal ricorso introduttivo, proposto l’eccezione di difetto insanabile di motivazione dell’atto accertativo (riportandone nel ricorso i passaggi salienti nelle note a pagg.61-62), rileva ancora un volta che questo si fonda esclusivamente sugli esiti dell’applicazione degli studi di settore, aventi mera valenza di presunzioni semplici, senza dare atto dell’avvenuto svolgimento del contraddittorio preventivo e delle relative modalità e, di riflesso, senza dare ragione alcuna della presupposta inadeguatezza delle allegazioni difensive della Società, alle quali pure la sentenza impugnata ha fatto riferimento; ragioni che, qualunque fosse stata la fase nella quale il contraddittorio aveva avuto svolgimento, sarebbe stato obbligo dell’Agenzia esplicitare nell’atto accertativo, alla luce dell’interpretazione data dalle richiamate SU nn. 26635-26638/2009 di questa Corte alla normativa su richiamata.

La censura è fondata.

Invero, come evidenziato nelle invocate pronunce delle SU, l’origine procedimentale della formazione della prova presuntiva collegata alle elaborazioni degli studi di settore impone. non solo che il contraddittorio preventivo si instauri, ma che l’Ufficio accertatore, preso atto delle difese e giustificazioni esposte dalla parte nella fase del contraddittorio, ne dia conto nel provvedimento ed esponga le ragioni per le quali le stesse siano state ritenute inadeguate o insufficienti; e che l’esito del contraddittorio “essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standards alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento…”; motivazione che nella specie (come si può evincere dalla integrale lettura dell’atto più volte riprodotto nel corpo del ricorso) è totalmente mancata, non avendo l’Agenzia nè menzionato le difese e giustificazioni proposte dalla Società, nè articolato, neppure in estrema sintesi, le ragioni della valutazione negativa di esse.

La stessa Agenzia nel controricorso ammette che la Società nella fase del contraddittorio “ha fornito giustificazioni del tutto generiche in merito agli scostamenti rilevati, poi riprodotti in sede

giudiziaria (presenza di costi fissi limitazioni all’accesso nel centro storico…)”; ma deduce che tale genericità sarebbe tale da poter essere equiparata ad omessa giustificazione e da esentarla dall’obbligo di motivazione.

Nel mentre tale allegazione conferma che giustificazioni e difese erano state proposte, e che quindi sussisteva l’obbligo da parte dell’Agenzia di darne conto (da ultimo Cass. sez. V ord. 31.05.2018 n. 13908), anche soltanto sotto il profilo della idoneità delle medesime a far insorgere l’obbligo motivazionale, va ribadito che l’apprezzamento circa l’inesistenza di sufficiente analiticità delle giustificazioni, tale da poterle equiparare all’assenza di esse, deve comunque essere rimesso, in caso di specifica contestazione, nella specie costantemente riproposta dalla parte nei vari gradi di giudizio, alla valutazione del Giudice del merito, sulla base degli elementi probatori e documentali che debbono essere offerti dalla medesima Agenzia, onerata della prova di aver soddisfatto tutte le condizioni di legge per un valido e motivato avviso, ovviamente nei limiti delle contestazioni svolte dalla contribuente.

Invero mentre la mancata presenza o risposta all’invito al contraddittorio da parte del contribuente ha automatica valenza di assenza di giustificazioni, esonerando ex se l’Agenzia da ogni ulteriore motivazione (Cass. sez.V 20.09.2017 n. 21754), la proposizione di circostanze a discarico, ancorchè configuranti mere presunzioni semplici, obbliga l’Amministrazione a prenderle in esame e genera un obbligo motivazionale dell’atto di accertamento in ordine alle ragioni della insufficienza di esse a disattendere o correggere i risultati dello studio di settore; obbligo che in sede giurisdizionale si estende anche alle ulteriori allegazioni ed elementi probatori dedotti in giudizio, ancorchè non offerti in sede amministrativa (Cass. sez.V 12.04.2017 n. 9484; Cass. sez.V 15.05.2013 n. 11633).

Orbene nella specie, non solo l’Amministrazione non ha fornito prova (che avrebbe potuto ottenere mediante la produzione dei verbali della fase di contraddittorio) circa la mancata proposizione di puntuali e pertinenti giustificazioni da parte della contribuente, ma ha sostenuto, dettagliandole, anche nella presente fase, che delle giustificazioni, ritenute generiche ed irrilevanti, erano state proposte; donde l’evidente violazione dell’obbligo di motivazione che, non essendo assoluta, non produce la nullità dell’atto di accertamento, ma determina la declassificazione degli indici presuntivi, costituiti dalle elaborazione degli studi di settore, da presunzioni legali, che possono essere vinte dalla prova contraria, a mere presunzioni semplici, con conseguente spostamento dell’onere della prova a totale carico dell’Agenzia e necessità di una rivalutazione e nuovo bilanciamento degli elementi di prova addotti dalle parti alla luce dei principi di cui all’art. 2697 e s.s. c.c..

Il sesto motivo di doglianza (illogica ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo nel giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e cioè l’apprezzamento delle circostanze addotte dalla Società a contestazione della congruenza dello studio di settore), già inammissibile per le medesime ragioni indicate con riferimento al primo motivo di ricorso, è tuttavia assorbito dall’accoglimento del precedente, che determina l’obbligo da parte del Giudice del rinvio di nuovo apprezzamento e valutazione in ordine a tutti gli elementi di prova già offerti in giudizio dalle parti circa la fedeltà delle dichiarazioni dei redditi e dell’IVA e la valenza probatoria in contrario degli esiti dell’applicazione dello studio di settore.

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata, ed il giudizio rinviato innanzi alla CTR dell’Umbria, la quale, in diversa composizione, procedere al riesame degli elementi di prova offerti dalle parti attenendosi ai principi enunciati in relazione al motivo accolto, nonchè alla statuizione circa le spese dell’intero giudizio, comprese quelle della presente fase.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i primi quattro motivi di ricorso, accoglie il quinto (nei sensi di cui in motivazione) e, assorbito il sesto, cassa e rinvia alla CTR dell’Umbria in diversa composizione per nuovo esame e decisione, alla luce dei principi indicati in relazione al motivo accolto, anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2019.

Depositato in cancelleria il 9 marzo 2020

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