Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6525 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/03/2017, (ud. 24/02/2017, dep.14/03/2017),  n. 6525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10876/2016 proposto da:

CHIMETEC S.A.S. – P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

GAETANO BARONE e LIDIA CORALLO;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE – C.F. (OMISSIS), in

persona del curatore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato TULLIO

D’AMORA che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. Cron. 2857/2016 del TRIBUNALE di FIRENZE,

depositata il 07/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO

GENOVESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Firenze, con il decreto n. 2857 del 2016 (pubblicato il 7 marzo 2016 ma comunicato l’8 successivo), ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) SpA in liquidazione proposta, in relazione alla domanda di ammissione del proprio credito in prededuzione, dalla società Chimetec sas, in quanto riguardante un credito da fornitura nell’ambito di un pubblico appalto, perchè, da un lato, la disciplina di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, non si applicherebbe in caso di fallimento (riguardando solo il soggetto in bonis), presupponendo un contratto ancora in corso di esecuzione e, da un altro, difettando l’utilità per la procedura dal pagamento in prededuzione.

Contro tale decreto ha proposto ricorso per cassazione le società esclusa.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella proposta notificata alle parti costituite nel presente procedimento, alla quale sono state mosse osservazioni (oltrechè parzialmente adesive da parte della curatela) anche critiche da parte della ricorrente che, tuttavia, non sono tali da portare ad un ripensamento delle formulate conclusioni.

Il ricorso per cassazione, articolato in due mezzi, risulta manifestamente infondato, atteso che, alla luce del principio enunciato da questa Corte ((Cass. sez. 6-1, Ordinanza n. 3003 del 2016), secondo cui “in tema di prededucibilità dei crediti nel fallimento, ai sensi del nuovo tenore della L. Fall., art. 111, va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorchè avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare. Tuttavia, la detta utilità non va intesa nel senso che un tal credito vada ammesso, sempre e comunque, in prededuzione (finendo per dar luogo ad una sorta di innominato privilegio) e ciò anche se la massa dei creditori non tragga alcuna concreta soddisfazione dall’esecuzione di quel pagamento (per il minor o nullo o incerto introito che a quel pagamento consegua). Al contrario, l’ammissione del credito del subappaltatore al passivo fallimentare in prededuzione potrà trovare riscontro solo se e in quanto esso comporti, per la procedura concorsuale, un sicuro ed indubbio vantaggio conseguente al pagamento da parte del committente – P.A. il quale subordini il suo pagamento di una maggior somma alla quietanza del subappaltatore in ordine al proprio credito, ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3”), il Tribunale ha escluso, con la seconda ratio decidendi, la sussistenza di alcuna utilità per la procedura, riguardo alla sussistenza della quale, invece, si attarda la ricorrente con il secondo mezzo che, comportando una rivalutazione dei fatti, si delinea come del tutto inammissibile.

Da, un lato, infatti, il provvedimento censurato non è corretto quando esclude a priori che del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3, possa trovare applicazione quando sia stata aperta una procedura concorsuale (potendosi avere forme di continuazione dell’attività anche dopo tale dichiarazione e, comunque, ottenere i pagamenti ancora non completati da parte dell’appaltatore) dall’altro esso appare adeguato al richiamato principio di diritto quando ha escluso in concreto una utilità per la procedura (che, invece, può esserci proprio in riferimento ai pagamenti che la stazione appaltante debba ancora compiere o completare, e che può eseguire solo dietro presentazione delle fatture quietanzata da parte del subappaltatore).

Da un altro, invece, non ha pregio la censurata omissione di motivazione in relazione alla circostanza del (mancato) completamento delle certificazioni di collaudo e delle utilità conseguenti, atteso che la valutazione di quest’ultime, ai fini del pagamento prededuttivo, è compito che rientra, anche in ottemperanza alle prescrizioni del programma di liquidazione, nella piena discrezionalità degli organi della procedura fallimentare e delle sue determinazioni formalmente date.

Alla reiezione del ricorso, conseguono le spese processuali, in favore della parte controricorrente, liquidate come da dispositivo, e l’accertamento dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte:

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta Civile – 1, della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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