Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6524 del 22/03/2011

Cassazione civile sez. III, 22/03/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 22/03/2011), n.6524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13977-2006 proposto da:

G.E., (OMISSIS), M.L.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CORVISIERI

17, presso lo studio dell’avvocato FABBRICATORE FRANCESCO,

rappresentati e difesi dagli avvocati SETTINO DOMENICO, TENUTA

GIOVANNI CARLO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.R.M., (OMISSIS), A.G.

R. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PO 24, presso lo studio dell’avvocato CECI PAOLO, rappresentati e

difesi dagli avvocati BAVASSO FRANCESCO, SANTELLI GIANLUCA giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

FONDIARA ASSIC SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 255/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

Sezione 2^ Civile, emessa il 27/02/2004, depositata il 14/03/2005;

R.G.N. 98/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. Con sentenza del 14 marzo 2004 la Corte d’Appello di Catanzaro – in riforma della sentenza resa nel novembre del 1999 in primo grado dal Tribunale di Cosenza sulla controversia introdotta nel lontano novembre del 1979 da M.L. ed G.E. per ottenere il risarcimento dei danni sofferti a causa dell’investimento subito il (OMISSIS), mentre percorrevano a piedi la strada (OMISSIS) nel Comune di (OMISSIS), dall’autovettura di proprietà di C.R.M., condotta dal figlio A.G. ed all’epoca assicurata presso la Apal Assicurazioni – pronunciando sull’appello della C. e dell’ A. nei confronti del M., della G. e della Fondiara Assicurazioni s.p.a., succeduta in corso di causa alla CIDAS Assicurazioni s.p.a. (a suo tempo subentrata alla Apal nella qualità, per essere stata la stesa posta in l.c.a., quale impresa designata dall’I.N.A. – Gestione Autonoma del Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada), ha dichiarato interamente cessata la materia del contendere per intervenuta transazione con compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

La Corte territoriale è pervenuta a tale soluzione attribuendo detto effetto all’intervenuta transazione della vicenda fra i danneggiati appellati e la Fondiaria e considerando fondata la prospettazione dei danneggianti di poterne beneficiare.

p.2. Contro la sentenza della Corte catanzarese hanno proposto congiunto ricorso per cassazione affidato a due motivi la G. ed il M..

p.3. Hanno resistito al ricorso con congiunto l’ A. e la C., mentre non ha svolto attività difensiva la Fondiaria Assicurazioni s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione delle norme in tema di transazione tra condebitori solidali in materia di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli a motore in relazione alla L. n. 990 del 1969, artt. 1 e 18 nonchè in relazione alla L. n. 990 del 1969, artt. 1 e 18 nonchè degli artt. 2043, 2054, 1965, 1292 e 1304 cod. civ., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

Vi si sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente dichiarato cessata la materia del contendere attribuendo rilievo ed efficacia anche quanto ai danneggianti alla transazione intervenuta – peraltro in due diversi momenti, cioè con una liquidazione del danno effettuata dalla CIDAS e con altra successiva effettuata dalla Fondiaria – fra i ricorrenti e dette società assicuratrici designate, mentre ad essa si sarebbe dovuta riconoscere soltanto l’effetto di estinguere ogni pretesa verso i danneggianti solo nel limite del massimale per cui doveva rispondere l’assicuratore (viene citata Cass. n. 10115 del 2000).

Con il secondo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di interpretazione delle clausole contrattuali in relazione agli artt. 1342, 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Vi si critica la sentenza impugnata per avere erroneamente interpretato il contenuto dei due atti di liquidazione dalla cui consecuzione sarebbe emersa la transazione. Al riguardo si sostiene che la corretta esegesi dei due atti evidenzierebbe che le somme riconosciute lo erano state solo nel “limite legale della responsabilità del Fondo”, così individuando solo la misura nella quale i danneggianti erano liberati. Ciò si desumerebbe dalla clausola n. 2 dell’atto di liquidazione della Fondiaria e dalla pattuizione manoscritta aggiunta alla clausola n. 6 del relativo modulo prestampato e sarebbe confermato dal contenuto di una lettera del 22 febbraio 2000 indirizzata dai ricorrenti alla Fondiaria e prodotta all’udienza del 20 ottobre 2000, in cui essi avevano dichiarato che il pagamento fatto dalla Fondiaria avrebbe liberato soltanto il Fondo di Garanzia.

p.2. Entrambi i motivi – il primo, peraltro dedotto erroneamente ed incomprensibilmente anche alla stregua dell’art. 360, n. 4 come rilevato correttamente dai resistenti – sono inammissibili per difetto di autosufficienza e di individuazione sia delle espressioni con le quali la Corte territoriale avrebbe commesso le violazioni di norme di diritto lamentate e, quanto al secondo motivo, sarebbe incorsa nel vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Inoltre, entrambi i motivi apparirebbero inammissibili anche perchè non si fanno effettivo carico della motivazione della sentenza impugnata.

p.2.1. Sotto l’aspetto di per sè assorbente – del difetto di autosufficienza si rileva che entrambi i motivi si fondano sul contenuto dei due atti di liquidazione, la cui consecuzione avrebbe dato luogo alla fattispecie transattiva, e su quello della lettera del 22 febbraio 2000, ma il ricorso:

a) quanto ai primi due documenti, non indica se e dove siano stati prodotti nel giudizio di merito e – soprattutto – se e dove siano stati prodotti in questa sede di legittimità, anche agli effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, al fine di consentire alla Corte di poter esaminare sulla base di essi i motivi;

b) quanto alla citata lettera, non indica se e dove sia stata prodotta allo stesso effetto in questa sede. Inoltre, della lettera e del primo atto di liquidazione non si riproduce il contenuto nella parte che sorreggerebbe, quanto al primo, entrambi i motivi e, quanto alla seconda, il secondo motivo, mentre del secondo atto di liquidazione si riproduce una proposizione incompiuta e non l’intera clausola.

Ne consegue che viene in rilievo in primo luogo il consolidato principio di diritto secondo cui “Con riferimento al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, ad integrare il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione concernente, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (ma la stessa cosa dicasi quando la valutazione dev’essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio ai sensi dell’art. 360, n. 3 o di un vizio integrante error in procedendo ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 di detta norma), la valutazione da parte del giudice di merito di prove documentali, è necessario non solo che tale contenuto sia riprodotto nel ricorso, ma anche che risulti indicata la sede processuale del giudizio di merito in cui la produzione era avvenuta e la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e prodotti in sede di giudizio di legittimità essa è rinvenibile. L’esigenza di tale doppia indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustificava al lume della previsione del vecchio n. 4 dell’art. 369 c.p.c., comma 2, che sanzionava (come, del resto, ora il nuovo) con l’improcedibilità la mancata produzione dei documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di merito) ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 1” (Cass. n. 12239 del 2007, seguita da numerose conformi).

In secondo luogo, quanto alla riproduzione della clausola si vedano, fra tantissime, Cass. n. 1375 del 2006 e n. 5444 del 2006 (che sottolinea come la riproduzione debba essere integrale, specie allorchè, come nella specie, una riproduzione integrale non sia fatta dalla sentenza impugnata).

p.2.2. Sotto l’aspetto della mancanza di indicazione delle espressioni con le quali la sentenza impugnata avrebbe commesso le denunciate violazioni di norme di diritto, sì rileva che entrambi i motivi non individuano dette espressioni, onde viene in rilievo il principio di diritto consolidato secondo cui “Quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatoci della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo è inammissibile, in quanto non consente alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione”. (Cass. n. 828 del 2007, seguita da numerose conformi).

p.2.3. Sotto l’aspetto della pertinenza dei motivi con la motivazione della sentenza (necessario ai fini dell’ammissibilità del motivo, che deve risolversi necessariamente in una critica alla motivazione della sentenza impugnata: ex multis, Cass. n. 359 del 2005), si deve, in fine, rilevare che i due motivi ignorano completamente che la Corte territoriale ha attribuito efficacia a favore dei danneggianti agli atti transattivi sulla base dell’attribuzione in tale senso di rilievo decisivo ai punti 1 e 6, dei quali riporta il contenuto.

p.3. Il ricorso è, dunque, rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza a favore dei resistenti e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione ai resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemiladuecento, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2011

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