Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6520 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. III, 09/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 09/03/2021), n.6520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34061/2019 proposto da:

E.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHISIMAIO,

29, presso lo studio dell’avvocato MARILENA CARDONE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2359/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’08/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato ad un solo motivo, E.M., cittadino del (OMISSIS), ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Roma, resa pubblica l’8 aprile 2019, che ne dichiarava inammissibile il gravame avverso la decisione di primo grado del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che l’appello era inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c., giacchè: a) le censure, sul mancato riconoscimento della protezione internazionale richiesta, erano limitate “esclusivamente a riportare la normativa internazionale e ad allegare, peraltro in termini del tutto generici, la erroneità della motivazione senza alcun riferimento alle argomentazioni addotte dal Tribunale”, che aveva ritenuto inattendibile la narrazione del richiedente, escluso la sussistenza in Senegal di situazione riconducibile del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e non sussistente una situazione di vulnerabilità fisica e psichica del richiedente medesimo; b) erano inammissibili “le doglianze relative alla pretesa nullità del procedimento amministrativo in quanto estranee al presente giudizio”.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con l’unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., per aver la Corte territoriale errato a ritenere generico il gravame, recante “ben 8 motivi, nei quali (veniva) chiaramente esplicitato come e perchè la motivazione della sentenza (fosse) errata e generica, nonchè iniqua per violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19… e D.P.R. n. 394 del 1998, art. 28”, altresì censurando la “mancata pronuncia del giudice di primo grado riguardo l’eccezione di violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,4,12, ovvero per violazione del diritto di difesa e del giusto procedimento, in quanto era mancato l’esame relativo a determinati punti decisivi per la controversia.

2. – Il motivo è inammissibile.

L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, in forza dei principi di specificità e localizzazione processuale di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (tra le molte, Cass. n. 22880/2017).

Nella specie, il ricorso non dà affatto contezza specifica delle rationes decidendi in base alle quali sono state respinte, dal primo giudice, le domande di riconoscimento delle varie forme di protezione internazionale richieste, nè fornisce indicazioni puntuali (nel rispetto dei surrichiamati principi di specificità e localizzazione processuale) dei contenuti dell’atto di gravame, limitandosi ad accenni generici e affatto significativi (tali, anzi, da confortare i rilievi del giudice di appello), nonostante deduca di aver svolto plurimi motivi di impugnazione in quella sede.

Del resto (e sebbene gli esposti rilievi siano assorbenti), le rilevate carenze strutturali trovano conferma dall’esame dell’atto di appello, che veicola censure generiche non affatto calibrate sui contenuti della sentenza di primo grado, di cui (contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente) non sono riportate, neppure per sintesi, le specifiche argomentazioni, ma soltanto gli esiti decisori per ciascuna domanda di protezione internazionale.

3. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

 

 

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