Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 652 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 652 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Pagni Maria Cristina, elettivamente domiciliata in
Roma Via della Scrofa 57, presso lo studio
dell’Avv.to Giuseppe Pizzonia, che la rappresenta e
difende unitamente agli Avv.ti Giancarlo Zoppini e
Giuseppe Russo Corvace in forza di procura speciale
a margine del ricorso
– ricorrente contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t.,domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– contrari corrente –

avverso la sentenza n. 107/32/2006 della
Commissione Tributaria regionale della Lombardia,
depositata il 12/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 16/10/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avv.to Giuseppe Russo Corvace, per parte
ricorrente, e l’Avvocato dello Stato, Diego
Giordano, per parte controricorrente;

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Data pubblicazione: 15/01/2014

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Umberto Apice, che ha concluso per
la riunione, preliminarmente al presente ricorso
del n.RG. 6288/2008 e, nel merito, per il rigetto.
Ritenuto in fatto
Con

sentenza

n.

99/25/2004,

la

Commissione

Tributaria Provinciale di Milano respingeva il
ricorso di Pagni Maria Cristina, di professione
con il quale veniva impugnato il

silenzio-rifiuto

formatosi

sull’istanza

della

contribuente, presentata nel giugno 2003, di
rimborso dell’IRAP versata per l’anno 1998.
I giudici di primo grado rilevavano l’identità di
oggetto tra il suddetto giudizio ed altro ricorso,
pure proposto dalla Pagni, inerente, del pari, il
diritto al rimborso dell’IRAP versata nel 1998
(azionato dalla stessa in una pregressa istanza),
pendente in fase di appello, a seguito di suo
rigetto, con sentenza n. 180/2001 della Commissione
Tributaria Provinciale di Milano.
Proposto successivamente, con atto del 6/10/2005,
appello avverso detta pronuncia dalla contribuente,
la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia
Sez. 32, con sentenza n. 107/32/2006 del
21/06/2006, depositata in data 12/01/2007,
confermava la litispendenza, già ritenuta dai
giudici di primo grado, ai sensi dell’art.39 c.p.c.
(stante la ritenuta identità di parti,
petendi

e

petitum

causa

e la non operatività della

sospensione necessaria di cui all’art.295 c.p.c.),
e cancellava la causa dal ruolo, con compensazione
delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione la contribuente, affidato a due motivi,
nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che

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avvocato,

resiste con controricorso.
La ricorrente ha altresì depositato memoria ai
sensi dell’art.378 c.p.c..
Considerato in diritto
Con il primo motivo, la ricorrente invoca la
nullità della sentenza, a fronte della violazione
e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai
sensi dell’art.360 n. 4 c.p.c., in relazione agli

132. comma 2 ° , n. 4 c.p.c. e 118 disp.att.c.p.c.,
avendo i giudici tributari del tutto omesso di
motivare sulla doglianza, formulata dalla
appellante, secondo cui la litispendenza non può
essere dichiarata quando le due controversie
pendano in differenti gradi del giudizio.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta un
ulteriore vizio di nullità della sentenza, ai sensi
dell’art.360 n. 4 c.p.c., per violazione e/o falsa
applicazione degli artt.39 e 295 c.p.c., essendo i
giudici tributari incorsi in un ulteriore “error in
procedendo”,
soggettiva

per avere, rilevata l’identità
ed

oggettiva

tra

la

presente

controversia ed altra precedentemente radicata
dalla

contribuente,

del

tutto

erroneamente

applicato l’art.39 c.p.c., nonostante si trattasse
di controversie pendenti in differenti gradi del
giudizio, anziché ricorrere, al fine di evitare la
formazione

di

contrastanti

giudicati,

alla

sospensione del processo, ex art.295 c.p.c..
Preliminarmente,

anche

come

dedotto

dalla

ricorrente nella memoria, deve rilevarsi che il
ricorso in cassazione (Proc.to n. 7287/2005 RG),
avente ad oggetto l’impugnazione della sentenza
della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia n. 1/45/2004, che aveva accolto l’appello

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artt. l, comma 2 ° , e 36, comma 2 ° , d.lgs. 546/192,

della contribuente Pagni avverso la sentenza n.
180/46/2001 della C.T.P.di Milano (con la quale si
era respinta la prima domanda della contribuente,
presentata nel marzo 1999, di rimborso dell’IRAP
versata nell’anno di imposta 1998), è stato da
questa Corte, con sentenza n. 3704/2010, accolto,
sotto il profilo della violazione dell’art.57
d.lgs. 546/1992, con cassazione della sentenza

del ricorso introduttivo della Pagni. La C.T.R.,
nella sentenza, in quel giudizio, impugnata, aveva
infatti accolto la domanda della contribuente,
concernente l’accertamento della assenza di una
autonoma organizzazione, presupposto per
l’assoggettamento ad IRAP, ma detta domanda è stata
ritenuta, da questa Corte Suprema, nuova ed
improponibile per la prima volta in appello, avendo
la contribuente, in primo grado, contestato
esclusivamente% la debenza dell’imposta sotto il
profilo della lamentata illegittimità
costituzionale della legge istitutiva del tributo
Sempre preliminarmente, va osservato che, nel
processo tributario, la sentenza pronunciata in
grado di appello, che abbia deciso in via esclusiva
su una questione di competenza (quale quella di
declaratoria della litispendenza, cfr. Cass.
5115/1987; Cass. 3750 e 10606/1996; Cass.3529/2004;
Cass.19131/2005), senza affrontare il merito della
controversia, non è impugnabile con il regolamento
necessario di competenza previsto dall’art. 42
c.p.c., ma con il ricorso ordinario per cassazione.
Invero, il comma 4 0 dell’art.5 del d.lgs. 546/1992
prevede espressamente l’inapplicabilità delle norme
del codice di procedura civile relative a tutti i
regolamenti di competenza, necessario, facoltativo

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impugnata ed, ai sensi dell’art.384 c.p.c., rigetto

e d’ufficio, con conseguente inammissibilità di
detti regolamenti (cfr. tuttavia Cass. 11140/2005 e
18100/2013, secondo le quali, non essendo il
divieto posto dall’art.5 del processo tributario
citato assoluto, in conformità all’esigenza di
tutelare i diritti fondamentali garantiti dagli
artt. 24, primo comma, e 111, secondo comma,
Costituzione e 6, primo comma, della Convenzione

libertà fondamentali, deve ritenersi che il 4 °
comma dell’art.5 del d.lgs. 546/1992 non escluda la
proposizione del regolamento di competenza avverso
i provvedimenti di sospensione del processo ex art.
295 c.p.c.). La disposizione dell’art.5 c.p.c. va
comunque letta nell’ottica del legislatore di
favorire la celerità e la semplificazione del
processo tributario.
Tanto premesso, i due motivi di ricorso sono
infondati.
Il primo motivo, inerente al vizio di difetto
assoluto di motivazione, ex art.360 n. 4 c.p.c., è
infondato poiché i giudici tributari hanno motivato
la loro pronuncia, in punto di litispendenza e sul
corrispondente motivo di appello, ritenendo
operante il disposto dell’art.39 c.p.c., avendo le
cause “/e stesse parti, la stessa causa petendi _lo
stesso petitum”,

ed inapplicabile la sospensione

necessaria, ex art.295 c.p.c. (invocata
dall’appellante), occorrendo, per detto istituto,
un rapporto di pregiudizialità tra controversie
distinte.
Anche il secondo motivo non merita accoglimento.
Invero, essendo insorto un contrasto, all’interno
della

giurisprudenza

di

legittimità,

sulla

questione dell’inammissibilità della litispendenza,

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per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle

ex art.39 c.p.c., tra giudizi identici pendenti in
gradi diversi, e del richiamo, in tale ipotesi,
all’istituto della sospensione, ai sensi
dell’art.295 c.p.c. (tesi questa esposta per la
prima volta in Cass. 9645/1994), con ordinanza
interlocutoria n. 14678/2012, è stato invocato un
intervento chiarificatore delle Sezioni Unite
(anche alla luce della sentenza n. 10027 del 2012,

rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante
sia stato definito con sentenza non passata in
giudicato, è possibile, di regola, la sospensione
del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi
dell’art. 337 c.p.c., e non già, dunque, ai sensi
dell’art. 295 c.p.c.).
Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza
n.27846 del 2013, hanno statuito che

“a norma

dell’art. 39, primo comma, c.p.c., qualora la
medesima causa venga introdotta davanti a giudici
diversi, quello successivamente adito è tenuto a
dichiarare la litispendenza, rispetto alla causa
identica precedentemente iniziata, anche se questa,
già decisa in primo grado, penda davanti al giudice
dell’impugnazione”.

In sostanza, secondo le Sezioni

Unite, l’identità delle domande proposte in due
giudizi diversi impone al giudice successivamente
adito la pronuncia, anche d’ufficio, della
litispendenza e la cancellazione della causa dal
ruolo, ma non consente la sospensione del giudizio
successivamente instaurato in attesa della
definizione del primo, ove questo sia pendente in
appello o in sede di legittimità, ovvero ancora
quando siano pendenti i termini per la proposizione
della impugnazione, in quanto il rapporto tra le
due cause, identiche, non può giammai operare sul

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per la quale, quando fra due giudizi esista

N. Li

IVIATERIA TRIBUTARIA

piano della pregiudizialità logico-giuridica, cui
ha riguardo l’istituto della sospensione necessaria
del giudizio.
Ora,

con il secondo motivo di ricorso,

la

ricorrente lamenta proprio la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 39 c.p.c., sostenendo che
non sarebbe ammissibile la dichiarazione di
litispendenza tra due controversie che, come nel

Il motivo è infondato alla luce del principio di
diritto sopra affermato dalle S.U. di questa Corte.
Conseguentemente, il ricorso va in toto respinto.
Le spese processuali, atteso l’evolversi della
giurisprudenza di questa Corte, successivamente
alla proposizione del ricorso, vanno integralmente
compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara integralmente
compensate tra le parti le spese del presente
giudizio di legittimità.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, tenutasi il 16/10/2013 e
riconvocata,
18/12/2013.

in

medesima

composizione,

il

caso di specie, siano pendenti in gradi diversi.

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