Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 652 del 12/01/2018

Cassazione civile, sez. I, 12/01/2018, (ud. 27/06/2017, dep.12/01/2018),  n. 652

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con il ricorso in epigrafe D.M.E. si duole, deducendo un unico motivo di ricorso, del pronunciamento con il quale la Corte d’Appello di Reggio Calabria, accogliendo il gravame del Ministero dell’Interno, ha dichiarato la nullità dell’impugnata sentenza del locale Tribunale – che ne aveva disposto la condanna in favore del ricorrente al pagamento dei canoni dovuti per la locazione di uno stabile adibito a sede della DIA – sul rilievo che, pur in pendenza di un pregresso provvedimento di sospensione del processo davanti a sè per la pregiudizialità di un parallelo giudizio penale, il giudice gravato aveva dato seguito al ricorso per riassunzione, promosso dal D.M. successivamente alla sentenza penale di primo grado ed aveva deciso nel merito la controversia con la sentenza oggetto di appello.

Nella specie il decidente ha motivato il proprio convincimento osservando che il provvedimento adottato dal giudice di primo grado a mente dell’art. 295 c.p.c., non è suscettibile di revoca, sicchè gli atti processuali compiuti in pendenza della sospensione, ivi compresa la sentenza impugnata, sono e debbono perciò considerarsi nulli.

Al proposto ricorso resiste l’intimato Ministero con controricorso cui replica il ricorrente con memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con l’unico motivo di ricorso il D.M. censura l’impugnata decisione, deducendone la nullità, l’erroneità in diritto, la carenza e la contraddittorietà della motivazione atteso che il giudice d’appello si era pronunciato nei contestati termini, assumendo che nella specie il giudice di primo grado avesse proceduto alla revoca della pregressa ordinanza di sospensione del processo da lui adottata, quantunque, al contrario, si era inteso invece far valere l’intervenuta cessazione della causa di sospensione, ferma, in ogni caso, l’ininfluenza della definitività della sentenza penale, visto l’esito del giudizio di primo grado svoltosi in quella sede.

3. Il motivo è infondato.

E’ invero incontroverso, come riconosce lo stesso deducente, che la riassunzione del processo e, segnatamente, il successivo compimento degli atti istruttori a cui è seguita la pronuncia gravata d’appello sono intervenuti dopo che nel giudizio penale – in relazione al quale era stata disposta la sospensione necessaria per ragioni di pregiudizialità della cognizione esperita in quella sede – era stata pronunciata sentenza di primo grado e non già dopo che, come prescrive l’art. 297 c.p.c., comma 1, la causa pregiudiziale fosse stata decisa con sentenza passata in giudicato.

Rettamente perciò il giudice del gravame, prendendo atto che la causa che aveva imposto la sospensione non era cessata non essendo riguardo ad essa formatosi alcun giudicato, ha ritenuto perdurante la sospensione a suo tempo disposta dal giudice di prime cure ed, in ragione degli effetti preclusivi sanciti dall’art. 298 c.p.c., comma 1, ha tratto la conclusiva affermazione, conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che, poichè durante la sospensione del processo non possono essere compiuti atti del procedimento, gli atti comunque compiuti in tale periodo, vale a dire fino al venir meno della causa della sospensione, compresa la sentenza sono radicalmente nulli e non producono alcun effetto (Cass., Sez. U., 23/12/2004, n. 23836).

4. Nè la linearità di questa conclusione si presta a ripensamenti alla luce della considerazione secondo cui il giudice di primo grado, al quale a parere del deducente spetterebbe l’interpretazione autentica del proprio provvedimento, avrebbe ritenuto che il giudizio civile potesse essere riassunto, senza revocare la precedente ordinanza, in quanto il procedimento penale si era concluso in primo grado senza che fosse accertata la responsabilità del D.M., poichè, così ragionando, non solo si aggira la preclusione dell’art. 298 c.p.c., comma 1, che vieta il compimento di qualsivoglia atto processuale – e tale, inoppugnabilmente, è il decreto con cui si dispone la prosecuzione del giudizio -, ma si ricade nel vizio dell’irrevocabilità dell’ordinanza di sospensione su cui si è intrattenuto, anche in tal caso uniformandosi al pensiero di questa Corte (Cass., Sez. 2, 25/03/2005, n. 6479), il giudice d’appello.

Nè, del pari, è di qualche rilievo che il giudizio penale si fosse concluso con la dichiarata estraneità del ricorrente ai fatti oggetto di accertamento, dato che la cessazione degli effetti della sospensione si determina solo a seguito non della sentenza di primo grado, ma del suo passaggio in giudicato; o ancora il fatto che controparte non avesse contestato la definitività di quella sentenza, giacchè in linea di logica è primariamente onere della parte che ha interesse alla prosecuzione del giudizio dare prova che ne è cessata la causa di sospensione, allegando – e meglio documentando, pure nelle forme dell’art. 124 disp. att. c.p.c. (Cass., Sez. 1, 16/01/1990, n. 147) – il passaggio in giudicato della sentenza sulla pregiudiziale.

5. Il ricorso va dunque respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 10200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali e s.p.a.d. eventuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2018

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