Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6515 del 14/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 14/03/2017, (ud. 24/02/2017, dep.14/03/2017), n. 6515
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6652/2016 proposto da:
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, ANAS SPA, (OMISSIS),
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrenti –
contro
P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAURA
MANTEGAZZA 24, presso il Sig. MARCO GARDIN, rappresentato e difeso
dall’avvocato SALVATORE BASSO;
– controricorrente –
e contro
CURATELA DEL FALLIMINTO SOCIETA’ (OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1995/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 17/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI
VIRGILIO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
Con sentenza del 20 ottobre-17 dicembre 2015, la Corte d’appello di Bari, in sede di rinvio a seguito della pronuncia della S.C. 16161/2013, dichiarata la contumacia del Fallimento, ha determinato in Euro 78.913,00 il danno da occupazione appropriativa ed ha pertanto condannato la spa Anas e il Fallimento (OMISSIS) in solido al pagamento di detta somma, oltre interessi e rivalutazione come indicati nella sentenza di primo grado, con decorrenza dal 26/6/93; ha determinato l’indennità di occupazione legittima in Euro 37568,37, ordinando ad Anas ed al fallimento il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, oltre interessi dal 26/6/93; ha confermato la statuizione sulle spese di cui alla sentenza 118/2012, con distrazione a favore dell’avv. S. Basso, antistatario, ed ha regolato le spese del giudizio di rinvio e di quello svoltosi presso la S.C..
Ricorrono Anas ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con ricorso affidato ad un unico motivo.
Si difende il solo P., mentre il Fallimento non svolge difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
Con l’unico motivo, il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., da cui il vizio ex art. 360 c.p.c., n. 4.
Sostiene che la Corte d’appello non ha deciso la controversia allo stato degli atti, ma ha fatto esclusivo riferimento alla sentenza 589/2014, resa dalla medesima Corte d’appello in altra controversia, che non era agli atti, ma vi è stata inserita dalla controparte come allegato alla conclusionale; ed ha violato anche lo specifico principio di diritto espresso dalla S.C. nell’ordinanza 16161/2013, che richiedeva una specifica rideterminazione del valore del terreno di cui è causa e non una quantificazione approssimativa fatta per relationem ad altra perizia fondata su elementi di fatto parzialmente differenti. Il motivo è manifestamente infondato, visto che a seguito dell’ordinanza 16161/2013, è stata disposta la cassazione della sentenza della Corte d’appello 118/2012, con rinvio alla medesima Corte in diversa composizione, per la “rideterminazione del valore venale o di mercato dell’area ablata alla stregua dei parametri richiamati dianzi ed il ricalcolo con riguardo all’appena indicato arco temporale dell’occupazione (con datazione dell’illecito acquisitivo al 26/6/93) tanto del valore venale in sè quanto della indennità di occupazione legittima che su di esso sia computata”.
In adesione a tale principio di diritto, la Corte del merito ha proceduto alla valutazione del valore di mercato, ritenendo a riguardo di condividere la valutazione del valore venale come operata dalla stessa Corte d’appello in altra sentenza riguardante terreno limitrofo, spiegando anche la non incidenza della diversa data di valutazione del valore di mercato.
Ne consegue la reiezione del ricorso; le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 5100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017