Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6513 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. III, 09/03/2021, (ud. 14/09/2020, dep. 09/03/2021), n.6513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30616/2018 proposto da:

P.G., rappresentata e difesa dagli avvocati ELVIO FRONZA

e GIUSEPPE ANTONINT ed elettivamente domiciliata presso lo studio

del secondo in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, pec:

giuseppeantoninil(at)ordineavvocatiroma.org;

– ricorrente –

contro

DOTT. PA.MA., rappresentato e difeso dagli avvocati MARCO

FERRARO e STEFANO GIOVE, e con i medesimi elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA n. 278, pec:

marcoferraro(at)ordineavvocatiroma.org,

steanogiove(at)ordineavvocatiroma.org;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 128/2018 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/09/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. P.G. convenne, con atto di citazione del 5/12/2013, davanti al Tribunale di Trento il notaio Dott. Pa.Ma., chiedendo accertarsi i presupposti per il risarcimento del danno causato dall’aver il professionista omesso i necessari adempimenti ed i controlli preliminari al contratto di compravendita di beni immobili del 31/5/2005 così determinando la perdita dei benefici fiscali cui la medesima avrebbe avuto diritto quale imprenditrice agricola. L’attrice assunse, in particolare, di aver richiesto espressamente al notaio se potesse o meno usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalla legge (cd. “tassa fissa”) ricevendone assicurazioni in proposito, e di aver invece poi ricevuto dall’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento con rideterminazione delle maggiori imposte dovute per Euro 91.039,48. Assunse altresì che il notaio le aveva dato rassicurazioni circa la risoluzione della questione in senso favorevole, tanto da indurla ad intraprendere un ricorso, con esito positivo, presso la Commissione Tributaria di primo grado e negativo in appello, mentre il termine per il ricorso per cassazione era spirato senza che il professionista si attivasse.

Il convenuto si costituì in giudizio negando di aver garantito all’attrice l’ottenimento delle invocate agevolazioni fiscali e rappresentando che, in ogni caso, si trattava di un incarico di speciale difficoltà rilevante ai sensi dell’art. 2236 c.c., di guisa che la sua diligenza andava valutata ai sensi della suddetta disposizione. In via subordinata chiese l’applicazione dell’art. 1227 c.c., in ragione del fatto che la P. non si era attivata per presentare il ricorso per cassazione.

2. il Tribunale, assunte prove testimoniali nonchè l’interrogatorio formale del convenuto e disposta una CTU, con sentenza n. 517/2017, accolse in pieno l’impostazione difensiva del convenuto, applicò l’art. 2236 c:.c., ritenendo che la soluzione del caso fosse tutt’altro che agevole come dimostrato dai diversi esiti dell’impugnazione in sede tributaria e dalla emanazione di circolari esplicative, e che non fosse ravvisabile alcuna carenza nell’attività svolta dal notaio il quale si era affidato ad interpretazioni più che conformi all’impostazione fiscale dell’atto.

3. La Corte d’Appello di Trento, adita dalla P. per sentir pronunciare l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie da parte dei giudice di prime cure, nel contraddittorio con il Pa., con sentenza n. 128/2018 del 29/5/2018, ha rigettato l’appello, ritenendo, per quanto ancora qui di interesse: 1) che mancasse la prova della espressa volontà della P. di acquistare solo a condizione della presenza delle agevolazioni fiscali; 2) che il capitolo di prova testimoniale n. 3, che avrebbe valorizzato tale esplicitata volontà, non aveva trovato conferma in ulteriori dichiarazioni giuridicamene apprezzabili; 3)che il notaio aveva agito con diligenza dovendosi escludere la sua colpa grave, sia per la complessità del caso fatta palese da più elementi, sia per essersi il medesimo attivato per ottenere un regime fiscale più favorevole pur non essendosi in tal senso impegnato; 4) che comunque doveva essere imputato alla P. di non ‘essersi attivata per tutelare le proprie ragioni in sede giurisdizionale, pur avendo la possibilità di farlo, come dimostrato dall’avvenuto conferimento del mandato ad una commercialista per il giudizio davanti alle Commissioni Tributarie; 5) che conseguentemente non aveva senso disquisire di eventuale concorso colposo della danneggiata, non sussistendo l’accertamento della corresponsabilità del professionista.

4. Avverso la sentenza la P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; ha resistito il Dott. Pa., con controricorso.

5. La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero, mentre è stata depositata memoria dalla ricorrente.

Considerato che:

1. Con il primo motivo – deducente la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la ricorrente censura un vizio della sentenza impugnata la quale, nel penultimo capoverso di pagina 5, assume che “il capitolo di prova attoreo sub 3…non ha trovato conferma da parte di alcuno con dichiarazione che possa essere ritenuta giuridicamente apprezzabile”. Ad avviso della ricorrente si tratterebbe di un “affermazione completamente inveritiera” in quanto dalla lettura delle deposizioni in atti si desumeva che il teste M.A. aveva espressamente confermato il capitolo 3 mentre l’altro testimone F.L. oltre al capitolo n. 3 aveva confermato gli analoghi capitoli n. 4 e n. 6, ribadendo la medesima circostanza. Entrambe le dichiarazioni, nonchè de relato quella della teste F.G., risultano sicure ed univoche nell’evidenziare che la conclusione del contratto di compravendita era stata espressamente subordinata, da parte della sig.ra P., alla possibilità di usufruire delle suddette agevolazioni fiscali e che il notaio Pa., altrettanto espressamente, le aveva assicurato che, quale acquirente, aveva diritto a tali benefici. Quindi, in sostanza, l’illustrazione del motivo si basa sui capitoli di prova e sulle dichiarazioni dei testi.

2. Con il secondo motivo – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la ricorrente richiama le stesse osservazioni del primo motivo, declinandole come vizio di motivazione. Il fatto storico, che i giudici del gravame avrebbero completamente omesso di esaminare, consiste nell’assicurazione espressa, data dal notaio, che l’acquirente avrebbe avuto diritto ai benefici fiscali, all’ottenimento dei quali la stessa aveva dichiaratamente subordinato l’acquisto dell’immobile La sentenza avrebbe una motivazione meramente apparente avendo del tutto omesso di valorizzare il fatto che il notaio aveva dato assicurazioni circa la possibilità di ottenere il diritto ai benefici fiscali, e che la P. aveva subordinato- all’ottenimento dei medesimi7 la volontà di acquistare l’immobile.

3. Con il terzo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 2236 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto la prestazione richiesta come implicante la soluzione di problemi di particolare difficoltà, ponendosi in contrasto con due sentenze di questa Corte, n. 5946/99 e n. 26369/14, le quali avrebbero previsto, rispettivamente; la limitazione di responsabilità del notaio solo in caso di imperizia e non anche di negligenza o imprudenza e posto a carico del notaio la prospettazione del conseguimento di effetti fiscali vantaggiosi.

4. In via preliminare si deve rilevare che non è fondata l’eccezione formulata dalla parte resistente – di mancata impugnazione di una delle due ipotetiche rationes decidendi autonome che presenterebbe la sentenza impugnata. Ciò perchè la sentenza non le ha. Essa prima si preoccupa di “spiegare” perchè non risultava provato che il notaio avesse assicurato un certo specifico regime fiscale dell’atto e, quindi, una volta esclusa la sussistenza di tale prova, passa a valutare la prestazione resa dal notaio come normale prestazione che, ai fini del regime fiscale, deve eseguirsi dal notaio con la scelta del regime fiscale adeguato ed è qui che fa leva sull’art. 2236 c.c..

La sentenza, dunque, è basata su due ragioni che si correlano la prima ad una questione e la seconda ad una questione che esamina solo una volta disattesa la prima.

5. Il ricorso è inammissibile per plurimi e distinti profili di inammissibilità che caratterizzano l’esposizione dei motivi.

5.1. In particolare, il primo motivo viola l’art. 366 c.p.c., n. 6, in ordine all’onere di indicazione specifica degli atti sui quali si fonda. Tale onere è osservato sotto il profilo della indicazione specifica del contenuto degli atti su cui il motivo si fonda, dato che si trascrivono i capitoli di prova per testi ed interrogatorio formale e le relative dichiarazioni. Non lo è, viceversa, perchè omette di indicare le udienze in cui gli incombenti vennero assunti ed anche di precisare se i relativi verbali siano stati prodotti e dove in questo giudizio di legittimità, nonchè, in alternativa a tale produzione (prescritta dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), possibile secondo Cass., Sez. Un., n. 22726 del 2011, di fare riferimento – agli effetti appunto della localizzazione rilevante ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, – alla loro presenza nel fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado, in ipotesi acquisito e presente in quello di appello. Occorre peraltro precisare che, nell’esposizione del secondo motivo si indicano i verbali d’udienza come quelli del 3 giugno e del 4 novembre, ma anche in quella sede resta del tutto oscuro se tali verbali siano stati prodotti, mancando ogni riferimento a quella presenza.

Il motivo deve, dunque, dichiararsi inammissibile per tale ragione.

In via gradata, peraltro, si configura ulteriore causa di inammissibilità, il motivo nemmeno indica la norma del procedimento che sarebbe stata violata e, là dove nella parte finale, a pagina 7, dopo avere riprodotto le dichiarazioni testimoniali, dice che la corte di merito avrebbe statuito “in modo diametralmente opposto al vero”, si risolve in una censura che imputa ad essa di avere apprezzato erroneamente le risultanze probatorie, il che porta il motivo, pur nella sostanza inteso come volto a criticare la ricostruzione della quaestio facti e non a criticare una violazione di norma del procedimento, al di fuori delle possibilità di controllo di questa Corte, per come consentite dal n. 5 dell’art. 360 c.p.c. secondo l’esegesi delle note sentenze delle Sezioni Unite nn. 8053 e 8054 del 2014.

Inoltre, il motivo non può apprezzarsi nemmeno come deduttivo di una violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, giacchè non si parla mai di motivazione apparente, come si sarebbe potuto fare in presenza della certamente poco comprensibile ed oscura affermazione della Corte istriana circa il non avere “trovato conferma, etc.”.

Si parla, infatti, al riguardo di “un’affermazione completamente inveritiera” e si critica tale affermazione non in sè, ma sollecitandone il confronto con le dichiarazioni probatorie. Sicchè, non ricorrono gli estremi per reputare – alla stregua degli insegnamenti di Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013 – possibile un apprezzamento del motivo nel detto ser so. 5.2. Il secondo motivo sconta la stessa inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, del primo. Si duole di un omesso esame delle risultanze probatorie indicate nel primo motivo, che invero la corte ha, almeno in parte, esaminato. Nè il motivo si presta ad essere apprezzato ai sensi dell’art. 132, n. 4, perchè si dice che la violazione con esso denunciata emerge “dalla lettura delle carte processuali”.

5.3. Sia nel primo che nel secondo motivo sono state inoltre ignorate le considerazioni con cui la corte di merito parrebbe avere inteso sottolineare che la specifica prospettazione circa l’assunzione dell’obbligo specifico di garanzia del regime fiscale era avvenuta solo con la capitolazione probatoria. Ebbene, la poco convincente motivazione successiva sulle prove è integrata a monte da quel rilievo, ignorato dai due motivi. Sicchè, ne è preclusa la valutazione a questa Corte.

5.4. Il terzo motivo è basato su riferimenti alle emergenze fattuali di cui sollecita la valutazione come premessa per sostenere la denuncia in iure. E, quindi, è motivo inammissibile, in quanto sollecita una preliminare ricostruzione e valutazione della quaestio facti che si colloca – nonostante non sia evocato l’art. 360 c.p.c., n. 5, – al di fuori dei limiti del controllo sulla relativa motivazione quali indicati dalle citate sentenze delle Sezioni Unite.

5.5 Conclusivamente il ricorso è dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata alle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000 (oltre 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio Sezione Terza Civile, il 14 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

 

 

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