Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6510 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 09/03/2020), n.6510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7799-2016 r.g. proposto da:

G.S., (cod. fisc. (OMISSIS)), M.P. (cod. fisc.

(OMISSIS)), GA.RO. (cod. fisc. (OMISSIS)) e C.A.

(cod. fisc. (OMISSIS)), tutti rappresentati e difesi, giusta procura

speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Francesco

Firriolo, con cui elettivamente domiciliano in Roma, Via G.

Zanardelli n. 36, presso lo studio dell’Avvocato Giuseppe Giulio

Romeo.

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO CANTIERE NAVALE (OMISSIS) s.r.l. (cod. fisc. (OMISSIS)),

in persona del curatore fallimentare legale rappresentante pro

tempore Rag. M.R., rappresentato e difeso, giusta procura

speciale apposta in calce al controricorso, dagli Avvocati Caterina

Cuneo e Roberto Colica, con i quali elettivamente domicilia in Roma,

a Via degli Orti della Farnesina n. 116, presso lo studio

dell’Avvocato Colica.

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Genova, depositato in data

4.2.2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/11/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Genova – decidendo sull’opposizione allo stato passivo proposta da GA.RO., C.A., G.S. e M.P., in diversi procedimenti poi riuniti, nei confronti del fallimento CANTIERE NAVALE (OMISSIS) s.r.l., dopo l’annullamento con rinvio disposta dalla corte di cassazione, ha confermato il provvedimento di diniego di ammissione dei crediti lavoristici azionati dai ricorrenti emesso dal g.d., rigettando, pertanto, le proposte opposizioni.

Il Tribunale ha ricordato che: i) i creditori istanti avevano chiesto di essere ammessi allo stato passivo del fallimento CANTIERE NAVALE (OMISSIS) s.r.l., per i crediti lavoristici (anche a titolo di TFR) maturati nel periodo di lavoro svolto alle dipendenze della ditta individuale D.M., sulla base della prova documentale rappresentata dalla fotocopia di scrittura privata priva di data nella quale D.M., divenuto legale rappresentante della Cantiere Navale (OMISSIS) s.r.l., aveva dichiarato di assumere i lavoratori oggi ricorrenti presso quest’ultima società e di riconoscere loro le spettanze retribuite maturate presso il precedente datore di lavoro; il) il g.d. non aveva ammesso i predetti crediti al passivo ed i lavoratori avevano proposto opposizione allo stato passivo, nel corso del cui giudizio la curatela aveva eccepito l’inopponibilità della predetta scrittura privata per mancata prova della sua conformità all’originale e per difetto di data certa; iii) il Tribunale di Chiavari, con separati decreti datati 21.9.2012, aveva rigettato, tuttavia, le proposte opposizioni, motivando la decisione con la mancata prova di conformità della copia prodotta del predetto documento all’originale; iv) la Corte di cassazione, adita dagli odierni ricorrenti, per l’annullamento dei sopra ricordati decreti del Tribunale di Chiavari, aveva accolto i ricorsi così proposti, cassando con rinvio al Tribunale di Genova ed affermando il principio secondo cui il giudice del rinvio avrebbe dovuto prendere in esame le dichiarazioni di D.M., in ordine al profilo della contestata difformità della copia dall’originale, dichiarazioni attraverso le quali si erano riconosciute come provenienti dal D. le sottoscrizioni apposte in calce al menzionato documento.

Il tribunale ha dunque ritenuto che – sebbene il D.M., quale ex amministratore della società fallita e già titolare dell’impresa individuale (poi trasformata in società di capitali) avesse, nel corso del suo interrogatorio del 14.9.2015, riconosciuto come propria la sottoscrizione apposta in calce alla scrittura privata contestata – tale ultima circostanza non era, comunque, idonea a dimostrare giudizialmente l’esistenza del credito lavoristico sopra descritto, atteso che la menzionata scrittura (verso la quale il curatore assume la veste di terzo) non era opponibile a quest’ultimo perchè priva di data certa, con conseguente inapplicabilità dell’efficacia probatoria delle scritture contabili tra imprenditori, come prevista dagli artt. 2709 e 2710 c.c.. Il tribunale ha, inoltre, precisato che la certezza della data non si sarebbe potuta ricavare aliunde, poichè non risultava prodotto alcun documento volto a dimostrare un fatto che, a termini dell’art. 2704 c.c., avesse l’idoneità ad attribuire al documento in questione la certezza della data.

2.Il decreto, pubblicato il 4.2.2016, è stato impugnato da GA.RO., C.A., G.S. e M.P. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il fallimento di CANTIERE NAVALE (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.

La curatela fallimentare ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo le parti ricorrenti lamentano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 392 c.p.c.. Si osserva che, qualora la corte di cassazione (nella sentenza di annullamento con rinvio) avesse preso in considerazione il profilo di censura relativo alla necessità della data certa, lo avrebbe comunque disatteso perchè il suo recepimento avrebbe reso incompatibile ed inutile il precetto espresso in relazione alla necessità di tenere in considerazione, ai fini della decisione, le dichiarazioni rese da D.M., così dimostrandosi la frontale divergenza della motivazione resa dal tribunale con il precetto imposto dalla sentenza della corte di cassazione. Si evidenzia che, pertanto, la decisione impugnata ha violato la regola del “giudizio chiuso” che caratterizza il giudizio di rinvio, posto che, con la motivazione di rigetto incentrata sull’assenza di data certa, il tribunale aveva esaminato e giudicato la vicenda processuale sulla base di argomenti giuridici. che non avevano costituito elementi motivazionali del giudizio in cassazione e neanche di quello per primo svolto innanzi al Tribunale di Chiavari, poi oggetto di annullamento.

2. Con il secondo motivo si articola, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione dell’art. 2697 c.c., commi 1 e 2. Si evidenzia che il precetto contenuto nella sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla cassazione individuava nelle dichiarazioni rese dal D.M. e nella sua testimonianza una valenza decisoria decisiva, invece illegittimamente disattesa nella motivazione impugnata, che ipvesta fondato il rigetto sulla diversa argomentazione della mancanza di data certa.

3. Con il terzo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 2112 c.c. e art. 411 c.p.c..

4. Il ricorso è infondato.

4.1 Già il primo motivo non merita positivo apprezzamento.

In realtà, non è rintracciabile la denunciata violazione dell’art. 392 c.p.c. (rectius, art. 394 e art. 384, comma 2), in relazione alla mancata applicazione del precetto contenuto nella sentenza di cassazione con rinvio sopra ricordata, posto che il tribunale ha valutato – proprio come richiesto da parte della corte di cassazione, nella sua sentenza di annullamento con rinvio – le dichiarazioni rese dal D.M. (in ordine alla sottoscrizione della scrittura privata contenente la ricognizione di debito), ritenendole tuttavia non idonee a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi dei crediti lavoristici di cui si chiedeva l’ammissione al passivo.

Sul punto, va precisato che – come emerge pacificamente dagli atti di causa – la richiesta di rivalutazione delle dichiarazioni del D.M. era stata inoltrata dalla corte di cassazione al giudice del rinvio, in ordine al diverso profilo del disconoscimento della conformità della fotocopia all’originale del documento oggetto di contestazione, dimostrandosi che il profilo di approfondimento richiesto dalla cassazione era del tutto diverso da quello (ulteriore ed oggetto di legittima valutazione da parte del giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 394 c.p.c., comma 2) relativo all’accertamento della mancanza di data certa del documento contenente l’allegata prova del credito.

Va anche aggiunto che la questione relativa alla mancanza di data certa – ai fini dell’inopponibilità del documento alla curatela – era stata riproposta da quest’ultima (e ciò, per stessa ammissione degli odierni ricorrenti: cfr. pag. XV del ricorso introduttivo), anche nell’atto di riassunzione del giudizio, dopo la sentenza caducatoria pronunciata da questa corte, non essendo, invece, stata affrontata nel giudizio di cassazione e nel precedente giudizio innanzi al Tribunale di Chiavari per il solo fatto di essere stata considerata assorbita in seguito all’accoglimento di altre eccezioni sollevata dalla curatela.

Ne consegue che, se per un verso, non è fondata la denuncia della mancata applicazione del dictum contenuto nella sentenza espressa da questa Corte (avendo, come sopra precisato, il giudice del rinvio valutato le dichiarazioni del D., ritenendole probatoriamente insufficienti), per altro verso, è indiscutibile come si presenti legittima da parte del giudice del rinvio la scelta di fondare la decisione di rigetto della domanda di ammissione al passivo sulla base di altro argomento (la mancanza di data certa del documento), introdotto già nel giudizio di opposizione allo stato passivo e riproposto dalla curatela all’atto di riassunzione del giudizio dopo la sentenza di annullamento di questa corte.

A ciò va aggiunto come la parte ricorrente, censurando (impropriamente) il decreto impugnato per la violazione del precetto contenuto nella sentenza della cassazione, non abbia neanche centrato la ratio decidendi principale su cui si fonda la motivazione qui di nuovo censurata, e cioè la mancanza di data certa, ai sensi dell’art. 2704 c.c., del documento contenente la ricognizione di debito, neanche adombrando, dunque, la violazione di quest’ultimo disposto normativo, con ciò rendendo viepiù irricevibile la censura mossa nel primo motivo di doglianza.

In ordine a quest’ultimo profilo, va, comunque, precisato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, ai sensi dell’art. 2704 c.c., a dimostrare la data certa, pur potendo essere oggetto di prova per testi o per presunzioni, non può investire direttamente la data della scrittura (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 23793 del 08/11/2006; Sez. 1, Sentenza n. 23425 del 17/11/2016 Sez. 6, Ordinanza n. 6462 del 15/03/2018). Si dimostra, così, che anche le dichiarazioni rese dal D. ovvero le altre di cui si chiedeva l’ammissione testimoniale non sarebbero state idonee, almeno nella prospettazione allegatoria dei ricorrenti, a dimostrare la data del documento in parola.

4.2 Il secondo e terzo motivo di censura sono invece inammissibili, atteso che il secondo prospetta, sotto l’egida formale della violazione di legge, una irricevibile richiesta di rivalutazione delle prove ed il terzo introduce argomenti di discussione nuovi e prospettati per la prima volta in questo secondo giudizio di cassazione (v. in tal senso la questione della cessione d’azienda).

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.050,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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