Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 651 del 12/01/2018

Cassazione civile, sez. I, 12/01/2018, (ud. 27/06/2017, dep.12/01/2018),  n. 651

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con il ricorso in atti gli eredi T. – premesso che il loro dante causa aveva convenuto avanti al Tribunale di Salerno il Comune di Amalfi onde sentirne pronunciare la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illegittimo diniego, decretato dalla locale sezione del TAR con sentenza 118/95, della concessione per l’installazione di un chiosco sulla spiaggia comunale – impugnano l’epigrafata sentenza del giudice d’appello, che aveva riformato la pregressa decisione di primo grado ad essi favorevole, e ne chiedono la cassazione sulla base di tre motivi.

La Corte salernitana ha ritenuto di riformare il deliberato di prima istanza sull’assunto che era mancata qualsiasi indagine in ordine alla carenza dei presupposti che avevano legittimato l’adozione del diniego, non vi era poi prova del nesso di causalità tra l’atto illegittimo ed il danno lamentato dagli istanti e la sua adozione non aveva prodotto alcuna lesione in capo ai ricorrenti dell’interesse alla concreta ed effettiva utilizzazione di un bene della vita.

Al proposto ricorso resiste il Comune intimato con controricorso cui replicano i ricorrenti con memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l’erroneità in diritto dell’impugnata decisione, nonchè un vizio motivazionale nella censura da essa espressa, riguardo al deliberato di prime cure, in ordine alla rilevata carenza di indagine sui presupposti di adottabilità del provvedimento dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo, considerata l’esaustività degli accertamenti compiuti dal Tribunale e, segnatamente, la circostanza che, dovendo la detta indagine operarsi con accertamento ex ante, al momento dell’originaria istanza del T. erano sussistenti tutti i presupposti per ritenere che la concessione sarebbe stata accordata.

2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce ancora l’erroneità della decisione di secondo grado, nonchè un vizio motivazionale in ordine al rilevato difetto del nesso di causalità, diversamente dovendo invece farsi valere che, stante l’adottabilità del provvedimento denegato, l’impossibilità di realizzare la struttura aveva impedito di conseguire i relativi proventi economici.

2.3. Con il terzo motivo i T. censurano ancora la decisione in punto di diritto e di motivazione per aver escluso la sussistenza di un pregiudizio risarcibile, essendo il danno in re ipsa e non ostando al suo riconoscimento la difficoltà di una determinazione precisa.

3. I motivi che possono essere esaminati congiuntamente, rivelandosi strettamene avvinti, evidenziano criticità non trascurabili in capo alla decisione impugnata sicchè di essa si giustifica la conseguente cassazione.

Fermo invero che, secondo lo schema procedimentale messo a punto dalle SS.UU., il giudice di merito deve procedere, nell’accertare la responsabilità della Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 2043 c.c., per l’attività comportante l’esercizio di funzioni pubbliche che risulti lesiva di un interesse legittimo, a verificare in ordine successivo se si sia prodotto un evento dannoso, se detto evento sia qualificabile come ingiusto in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento, se esso sia eziologicamente connesso ad un comportamento della P.A. e se nella condotta di costei siano ravvisabili gli estremi del dolo o della colpa (Cass., Sez. U, 22/07/1999 n. 500), rivelandosi a questo titolo insufficiente la mera illegittimità del provvedimento amministrativo adottato a determinarne automaticamente l’illiceità (Cass., Sez. 3, 23/02/2010, n. 4326), nella specie il ragionamento decisorio seguito dal giudice d’appello, rieccheggiando solo da lontano lo schema prefissato, allorchè si occupa di escludere la ricorrenza nella specie di un pregiudizio risarcibile, omette tuttavia di attenersi, alla stregua dei concreti dati di fatto suggeriti dalla fattispecie al suo esame, all’insegnamento che questa Corte, a margine dell’indagine demandata al giudice di merito in ordine all’incidenza dell’attività lesiva su un interesse rilevante per l’ordinamento giuridico, ha più volte inteso ribadire di seguito all’arresto delle SS.UU. con riguardo alla specifica categoria degli interessi pretensivi. Va infatti ricordato che quando la responsabilità della P.A. viene dedotta in relazione alla pretesa lesione di un interesse legittimo la tecnica di accertamento della lesione varia a seconda della natura dell’interesse coinvolto, giacchè se si tratta “di interessi oppositivi occorre accertare se l’illegittima attività dell’Amministrazione abbia leso l’interesse alla conservazione di un bene o di una situazione di vantaggio, mentre, se l’interesse è pretensivo, concretandosi la lesione nel diniego o nella ritardata assunzione di un provvedimento amministrativo, occorre valutare a mezzo di un giudizio prognostico, da condurre in base alla normativa applicabile, la fondatezza o meno della richiesta della parte, onde stabilire se la medesima fosse titolare di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, o di una situazione che, secondo un criterio di normalità, era destinata ad un esito favorevole” (Cass. Sez. 1, 13/10/2011, n. 21170). Con riferimento particolare agli interessi pretensivi, la cui lesione si configura nel caso d’illegittimo diniego del richiesto provvedimento o di ingiustificato ritardo nella sua adozione, deve infatti ribadirsi il principio che il danno ingiusto si configura in relazione alla consistenza della protezione che l’ordinamento riserva alle istanze di ampliamento della sfera giuridica del pretendente, il quale deve essere titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, ma di una situazione suscettiva di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva, una situazione, cioè, che, secondo la disciplina applicabile, sia destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole e risulti, quindi, giuridicamente protetta (Cass., Sez. 3, 29/03/2006, n. 7228).

4. L’impugnata decisione, obliterando il richiamato criterio discretivo, si colloca manifestamente fuori da questo percorso perchè esclude la sussistenza in capo al T. di un pregiudizio risarcibile sulla base di un mero giudizio apodittico – ovvero assumendo che il diniego della concessione non abbia prodotto “alcuna lesione all’interesse alla concreta ed effettiva utilizzazione di un bene della vita” – o, peggio, valorizzando inappropriatamente un dato fattuale del tutto inconferente, posto che la risarcibilità del pregiudizio sofferto non dipende dalle possibilità economiche che residuano in capo al pretendente in esito al procedimento, ma dall’idoneità o meno del provvedimento denegato ad ampliare la sfera delle sue attribuzioni. Il giudice d’appello, in altre parole, onde mantenere l’asse del giudizio saldamente ancorato ai richiamati precetti di diritto, avrebbe dovuto previamente chiedersi, se in base ad una valutazione prognostica, da operarsi in base alle regole del tempo, il T. avesse titolo o meno al conseguimento del provvedimento reclamato e solo a seguito di questa indagine avrebbe dovuto procedere nella ricostruzione della fattispecie secondo lo schema di giudizio sopra detto.

Non averlo fatto espone conseguentemente la decisione ad una pronuncia cassatoria, tanto più doverosa quanto più ne è evidente, alla luce dei principi sopra richiamati, l’erroneità anche in relazione all’operata esclusione del nesso di causalità, che non può, per quanto si è più sopra precisato, farsi scudo del fatto che il Comune successivamente avrebbe reiterato il diniego, ed in relazione alla asserita lacunosità dell’indagine compiuta dal giudice di primo grado, che si era invece mostrata conforme al quadro di riferimento prendendo le distanze dal provvedimento del commissario ad acta e rimarcando che il Comune non aveva rilasciato la concessione sebbene ne ricorressero tutti i presupposti favorevoli

5. Alla cassazione che va perciò dichiarata segue il rinvio della causa al giudice a quo per un nuovo esame ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Salerno che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2018

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