Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 651 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 12/01/2017, (ud. 15/09/2016, dep.12/01/2017),  n. 651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARZIALE Ippolisto – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9716-2012 proposto da:

VRG DOMUS SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, LUNG.RE

DEI MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO NICOLETTI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO

GRAMSCI 22, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PICONE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITTORIO FERRERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1813/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 15/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/09/2016 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato NICOLETTI Alessandro, difensore della ricorrente che

ha chiesto di riportarsi agli scritti;

udito l’Avvocato PICONE Francesco, difensore del resistente che ha

chiesto di riportarsi agli scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Nel 2005 C.A.M. convenne in giudizio la V.R.G. Domus s.r.l. per essere risarcita dei danni subiti in conseguenza del ritardo con cui la società convenuta le aveva consegnato l’immobile (appartamento con cantina e box auto) oggetto della promessa di vendita stipulata in data 26 giugno 2003, situato nel complesso immobiliare (OMISSIS). La società chiese il rigetto della domanda, e l’autorizzazione a chiamare in manleva la costruttrice del complesso immobiliare Costruzioni Generali G. s.p.a., che rimase contumace.

Con successivo atto di citazione, la sig.ra C. propose domanda ai sensi dell’art. 2932 c.c per ottenere il trasferimento della proprietà dell’immobile, offrendo il saldo del corrispettivo, pari a 96.000,00 Euro, e la condanna della società V.R.G. srl all’eliminazione dei vizi, difetti e difformità, anche di natura amministrativa, riscontrati nel sopralluogo in data 10 giugno 2005, denunciati con fax del 16 giugno 2005, con il quale la promissaria acquirente aveva anche dichiarato la propria disponibilità alla stipula del contratto definitivo, che non era poi avvenuta per il rifiuto della promittente venditrice.

1.1. – Le cause furono riunite e decise dal Tribunale di Torino con la sentenza n. 3618 del 2009, di rigetto delle domande.

2. – La Corte d’appello, con la sentenza n. 1813 depositata il 15 dicembre 2001 e notificata il 21 febbraio 2012, ha accolto l’appello principale proposto da C.A.M..

Secondo la Corte di merito, seppure nel contratto preliminare fosse solo indicativamente prevista la data del 30 giugno per la consegna dell’immobile, nel prosieguo del rapporto la promissaria acquirente aveva diffidato la società a provvedere alla consegna entro il 31 dicembre 2004, sicchè il termine era diventato puntuale e il suo mancato rispetto costituiva inadempimento della promittente alienante. La Corte d’appello ha ritenuto fondata anche la domanda di trasferimento degli immobili ex art. 2932 c.c., sul rilievo che anche la mancata stipula del rogito fosse imputabile alla società. In sede di rogito, infatti, era stato sottoposto alla sig.ra C. un contratto contenente la clausola di piena accettazione dell’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, pur avendo la stessa C. già denunciato vizi e difformità riscontrati durante il sopralluogo. Ne seguiva che legittimamente la promissaria acquirente aveva preteso la cancellazione della predetta clausola, e che non era giustificato il rifiuto opposto dalla società. La Corte distrettuale ha quindi trasferito l’immobile, condizionatamente al pagamento dell’importo ancora dovuto, decurtato della somma necessaria all’eliminazione dei vizi accertati a mezzo CTU, ed ha condannato la società venditrice al risarcimento del danno da ritardo, quantificato in Euro 87.754,00 oltre interessi legali per ogni anno di locazione, a partire dal 29 aprile 2006 fino al saldo, ponendo a carico della società le spese di lite di entrambi i gradi nella percentuale di 5/6, compensata la rimanente parte.

3. – Per la cassazione della sentenza la V.R.G. Domus srl ha proposto ricorso, notificato il 6 aprile 2012, sulla base di sette motivi. Resiste con controricorso C.A.M.. E’ rimasta intimata Costruzioni Generali G. spa. La società ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il ricorso è infondato.

1.1. – Con il primo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e si ripropone l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità.

1.2. – La doglianza è infondata.

La Corte distrettuale ha evidenziato, nel rigettare l’eccezione di genericità dell’atto di appello, che si comprendeva chiaramente che l’impugnazione riguardava l’intera ricostruzione in fatto e l’applicazione delle norme ai fatti come operata dal giudice di primo grado, con specifiche censure.

La valutazione, che risulta condivisibile all’esito dell’esame diretto dell’atto introduttivo del giudizio d’appello, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Cass., sez. 3, sent. n. 22502 del 2014; sent. n. 25218 del 2011).

2. – Con il secondo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1183, 1321, 1362, 1363 e 1366 c.c., e si contesta che la lettera di diffida, inviata dalla sig.ra C. in data 5 luglio 2004, fosse idonea a fissare il termine di consegna dell’immobile promesso in vendita.

3. – Con il terzo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 1183 c.c., e si contesta l’extrapetizione in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nel ritenere che la consegna dovesse avvenire entro il 31 dicembre 2004, in mancanza di domanda di accertamento della congruità del termine fissato nella lettera di diffida, ovvero di assegnazione del termine ex art. 1183 c.c..

3.1. – Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente essendo all’evidenza connesse, sono infondate.

La diffida della promissaria acquirente è intervenuta in data 5 luglio 2004, dopo che era inutilmente decorso il termine di consegna previsto nel preliminare (30 giugno 2004), nel frattempo spostato al 30 ottobre 2004, come da comunicazione del marzo 2004 inviata dalla società di intermediazione alla promissaria acquirente. All’esito dell’interlocuzione tra le parti, la promissaria acquirente ha inviato diffida ad adempiere alla controparte, rendendola edotta che non avrebbe tollerato ulteriore ritardo nella consegna successivamente al 31 dicembre 2004.

Lo schema di riferimento è quello configurato dall’art. 1454 c.c., che presuppone l’inadempimento della parte destinataria della diffida ad adempiere, nella specie verificatosi con l’inutile decorso del termine pattuito per la consegna.

Il contratto preliminare, come riportato in sentenza e negli atti di parte, prevedeva che la promittente venditrice non rispondesse del ritardo dovuto al fatto di terzi, e cioè della società costruttrice (chiamata in manleva da V.R.G. Domus), ma ciò non comportava che il termine di consegna indicato in contratto fosse privo di significato, o fosse a favore della parte obbligata alla consegna.

E’ vero invece che il termine esisteva, e che una volta decorso inutilmente, la parte interessata alla puntuale esecuzione del contratto era legittimata ad agire in autotutela e diffidare la controparte alla esecuzione puntuale del contratto.

3.2. – Non sussiste neppure la denunciata extrapetizione.

La previsione contrattuale del termine di consegna rendeva a monte inapplicabile la disciplina prevista dall’art. 1183 c.c., il cui presupposto risiede, nell’interpretazione costante di questa Corte, nella mancata fissazione di un termine per l’esecuzione del contratto, non altrimenti desumibile (Cass., sez. 3, sent. n. 1260 del 1971).

Quanto alla verifica di congruità del termine per adempiere, la Corte d’appello se ne è occupata nell’ambito della valutazione complessiva della diffida ad adempiere, in quanto l’art. 1454 c.c., comma 2, pone il requisito della congruità del termine come principio generale.

4. – Con il quarto motivo è dedotto vizio di motivazione con riferimento al ritenuto inadempimento della società V.R.G. Domus all’obbligazione di consegna nonostante la sig.ra C. si fosse resa indisponibile a visionare l’immobile unitamente alla promittente venditrice, prima della notifica della citazione e prima della convocazione per la stipula del preliminare. La Corte d’appello non aveva tenuto conto di tale circostanza, confermata dalla dichiarazione del teste Ca.Ma., riportata nel ricorso.

5. – Con il quinto motivo è dedotto vizio di motivazione con riferimento al fatto decisivo del ritenuto inadempimento della società all’obbligazione di stipulare il rogito, e della esclusione dell’inadempimento e della mala fede della promissaria acquirente, che si era rifiutata di stipulare.

5.1. – Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente perchè riguardano entrambe l’inadempimento contrattuale, sono infondate.

Con motivazione esaustiva e congrua, la Corte d’appello ha ricostruito la vicenda con richiami puntuali alle risultanze probatorie, evidenziando che la promittente venditrice non aveva proceduto alla consegna dell’immobile entro il termine del 31 dicembre 2004, senza addurre giustificazioni e che la convocazione per il rogito era avvenuta solo con lettera in data 8 giugno 2005, successivamente alla citazione introduttiva del primo dei due giudizi proposti dalla promissaria acquirente. Quanto al rifiuto di stipulare da parte della promissaria acquirente, la stessa Corte ha sottolineato che nell’incontro fissato in data 28 giugno 2005, la bozza di contratto sottoposta alla promissaria acquirente conteneva una clausola di accettazione dell’immobile nello stato di fatto in cui si trovava, nonostante che in data 10 giugno 2005 la sig.ra C. avesse denunciato vizi e difetti rilevati nel sopralluogo effettuato con il tecnico di fiducia (arch. d.S.). Doveva quindi ritenersi legittima la pretesa della promissaria acquirente di espungere dal contratto la clausola con cui rinunciava alla garanzia per vizi – che in quel momento non erano quantificati e dunque neppure era possibile valutarne l’entità e l’incidenza sul corrispettivo -, mentre era illegittimo il rifiuto della promittente venditrice ad espungere la predetta clausola. La mancata stipula era quindi imputabile al comportamento della promittente venditrice.

5.2. – Non si riscontra il denunciato vizio di motivazione neppure con riguardo alla asserita indisponibilità della promissaria acquirente a procedere al sopralluogo congiunto, indisponibilità che, in assunto della ricorrente, avrebbe giustificato il ritardo nella stipula del rogito. La Corte d’appello ha ritenuto che le dichiarazioni rese sul punto dal teste Canale fossero superate da quelle dell’arch. d.S. (pag. 16 sentenza), tecnico di fiducia della sig.ra C., che aveva riferito di avere accompagnato la cliente a visionare l’immobile dieci giorni prima della data fissata per il rogito (28 giugno 2005), alla presenza di una terza persona che, verosimilmente, era un incaricato della società promittente venditrice o di quella di intermediazione.

In ogni caso, la questione è priva di incidenza causale una volta accertato che la convocazione per il rogito, avvenuta con lettera in data 8 giugno 2005, era tardiva, e che la mancata stipula in data 28 giugno 2005 era imputabile al rifiuto della promittente venditrice di espungere dall’atto la clausola riguardante la garanzia per vizi.

6. – Con il sesto motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1490 e 1491 c.c. per contestare la ritenuta sussistenza della garanzia per i vizi riscontrati dalla controparte nel sopralluogo in data 10 giugno 2005.

6.1. – La doglianza è infondata.

La questione non era se i vizi fossero riconoscibili, o di entità tale da non diminuire in modo apprezzabile il valore della cosa venduta, ma se la promissaria acquirente potesse rifiutare di sottoscrivere un atto che conteneva l’espressa rinuncia alla garanzia per i vizi dell’immobile.

7. – Con il settimo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e si contesta la riforma della statuizione sulle spese di lite del giudizio di primo grado in assenza di domanda.

7.1. – La doglianza è manifestamente infondata in quanto il giudice di appello, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (ex plurimis, Cass., sez. L, sent. n. 11423 del 2016).

8. – Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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