Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6509 del 09/03/2020

Cassazione civile sez. I, 09/03/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 09/03/2020), n.6509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10040/2016 proposto da:

Formenti Seleco S.p.a. in liquidazione in Amministrazione

Straordinaria, in persona del Commissario Straordinario pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale dei Parioli n. 54, presso

lo studio dell’avvocato Francioso Luciana che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Pulse Italy S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Bosio n. 2 presso lo

studio dell’avvocato Luconi Massimo, rappresentata e difesa

dall’avvocato Bariè Margherita, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3994/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 20/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/11/2019 dal cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 20 ottobre 2015 la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’appello proposto da Formenti Seleco s.p.a. in amministrazione straordinaria avverso la sentenza n. 2280/2012 del Tribunale di Monza con cui era stata rigettata la domanda proposta dalla predetta società nei confronti di Pulse Italy s.r.l. diretta ad ottenere la revoca, a norma dell’art. 67, comma 2, L. Fall., dei pagamenti effettuati da Formenti Seleco in favore della predetta società per l’importo complessivo di Euro 127.236,94 nell’anno anteriore alla declaratoria di insolvenza dell’appellante.

La Corte d’Appello ha condiviso l’impostazione della sentenza di primo grado secondo cui, pur avendo l’appellante evidenziato in astratto elementi idonei ad esprimere lo stato di insolvenza della società attualmente in amministrazione straordinaria (pagamento in forte ritardo dei fornitori, decreti ingiuntivi, precetti e procedure esecutive a carico della società insolvente, risultanze della Centrale rischi, enorme indebitamento bancario, etc.), non erano stati indicati i concreti collegamenti che consentissero di ritenere gli elementi esaminati effettivamente conosciuti dalla Cooperativa Lavoro e Giustizia.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Formenti Seleco s.p.a. in amministrazione straordinaria affidandolo a due motivi.

Si è costituita in giudizio Pulse Italy s.r.l. con controricorso.

La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo Formenti Seleco s.p.a. in amministrazione straordinaria ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. nonchè del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 49 e art. 67 L. Fall. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine all’onere della prova sulla conoscenza dello stato di insolvenza.

Lamenta la ricorrente che la Corte territoriale, nel valutare in concreto la sussistenza degli indici (anche presuntivi) della conoscenza dello stato di insolvenza, ne ha preteso una prova diretta, ritenendo insufficienti i plurimi elementi indiziari dedotti dalla procedura.

Espone, in particolare, di aver fornito collegamenti concreti tra i sintomi conoscibili dello stato di insolvenza ed il terzo, da rinvenire nelle condizioni economiche, sociali, organizzative, topografiche e culturali nelle quali si è concretamente trovato ad operare il creditore del fallito, dovendosi in tal senso dare rilievo alla contiguità territoriale con il luogo con cui sono manifestati i segni dell’insolvenza, alla continuità dei rapporti inter partes, all’attività professionale esercitata dall’accipiens, oltre che alle regole di normale prudenza ed avvedutezza che caratterizzano concretamente l’operare della categoria di appartenenza.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Lamenta la ricorrente che il giudice d’appello ha omesso la valutazione di numerose e decisive circostanze che avrebbero fatto emergere la piena consapevolezza dell’insolvenza anzichè di una mera difficoltà economica.

In particolare, è stato omesso l’esame della circostanza valorizzata nell’atto di gravame che le notizie di stampa prodotte dalla procedura erano apparse su quotidiani a tiratura nazionale ((OMISSIS) etc) e non solo a diffusione campana, e non solo nelle pagine di cronaca locale, e non avevano, peraltro, ad oggetto esclusivamente lo stabilimento di (OMISSIS), ma si riferivano allo stato di crisi di tutta la Formenti Seleco s.p.a.

Non erano stati, inoltre, valutati gli elementi della corrispondenza intercorsa tra le parti e i cronici ritardi nei pagamenti.

Infine, era stata omessa la valutazione dell’elemento decisivo che Pulse Italy era un fornitore abituale della Seleco di componentistica elettronica, che era rimasto esposto per importi rilevanti a seguito dei cronici ritardi nei pagamenti. Ad avviso della ricorrente, era difficile credere che Pulse Italy s.r.l., proprio in ragione della sua esposizione per cifre importanti, non avesse effettuato una verifica dei dati di bilancio della società insolvente, che attestavano costante calo di fatturato ed enorme indebitamento bancario.

3. Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente in ragione della stretta connessione delle questioni trattate sono inammissibili.

Va osservato che il giudice d’appello, nel richiamare per relationem numerosi passaggi argomentativi della sentenza di primo grado riportata integralmente nel corpo della propria motivazione – ha diffusamente spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto insussistenti in capo alla odierna controricorrente gli indici sintomatici della scientia decoctionis.

In particolare, il giudice di secondo grado ha condiviso la ricostruzione fattuale di quello di primo grado che aveva valorizzato una serie di elementi in base ai quali aveva ritenuto non essere stata fornita la prova della consapevolezza in capo a Pulse Italy s.r.l. dello stato di decozione di Formenti Seleco, e segnatamente:

a) non potevano assumere rilevanza le notizie di stampa, che avevano riguardato nello specifico lo stabilimento di (OMISSIS) e che avevano avuto risonanza soprattutto locale, mentre per le notizie rivelate dai mezzi di informazione a tiratura nazionale erano state tutt’altro che allarmistiche, essendosi evidenziato nei piani sociali l’intenzione di un reimpiego pieno nel 2005 ((OMISSIS));

b) i decreti ingiuntivi erano stati pubblicati tra l’ottobre 2004 ed il febbraio 2005, in un periodo successivo ai pagamenti dei quali si chiedeva la revoca;

c) lo scambio di corrispondenza tra le parti era iniziato a metà luglio e per la maggior parte si era concentrato tra settembre e novembre 2004, mentre i pagamenti di cui si tratta era precedenti;

d) dall’esame dei testi escussi non era stata raggiunta la certezza dell’esistenza di piani di rientro concordati con i fornitori nè che tutta la componentistica arrivasse ai fornitori anzichè a Formenti;

e) i ritardi nei pagamenti erano contenuti assestandosi intorno ai due/tre mesi ed erano pertanto compatibili con la prassi esistente tra gli operatori commerciali.

Orbene, dall’esame delle censure che Seleco Formenti in amministrazione straordinaria ha formulato nel ricorso, emerge che la ricorrente si duole, in realtà, inammissibilmente della valutazione effettuata dai giudici dei precedenti gradi del giudizio in ordine alla scientia decoctionis – che, in quanto di merito, non è sindacabile in sede di legittimità (vedi Cass. n. 3081/2018, n. 8827/2011, n. 15939/2007) – limitandosi a prospettare una ricostruzione dei fatti diversa rispetto a quella operata dai giudici lombardi, e dolendosi apoditticamente che la sentenza impugnata non avrebbe esaminato fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

In particolare, in primo luogo, la ricorrente ha lamentato genericamente il mancato esame da parte dei giudici di merito degli articoli di stampa dei quotidiani a tiratura nazionale – che avrebbero riguardato lo stato di crisi di tutta la società Formenti e non solo lo stabilimento di (OMISSIS) – senza, tuttavia, neppure inoltrarsi ad esaminare lo specifico contenuto di tali articoli, come invece aveva fatto il giudice di primo grado (le cui argomentazioni erano state riportate integralmente dalla Corte territoriale) nell’evidenziare la natura non allarmistica delle notizie riportate.

Inoltre, la ricorrente ha indicato, tra gli elementi non esaminati dal giudice d’appello, la corrispondenza intercorsa tra le parti e i cronici ritardi nei pagamenti, non confrontandosi minimamente con le precise affermazioni della sentenza di primo grado (richiamata dal secondo giudice) secondo cui lo scambio di corrispondenza in oggetto era successivo ai pagamenti di cui era stata chiesta la revoca e i ritardi nei pagamenti erano contenuti, assestandosi intorno ai due, tre mesi, ed erano pertanto compatibili con la prassi esistente tra gli operatori commerciali.

La ricorrente ha, altresì, insistito sull’omessa considerazione da parte dei giudici di merito delle informazioni emergenti dall’esame dei bilanci di Formenti Seleco, non confrontandosi, ancora una volta, con la pertinente affermazione del giudice di primo grado secondo cui non poteva porre a carico della convenuta quell’onere di diligenza particolarmente rigoroso che viene normalmente preteso agli operatori professionali, come gli istituti di credito.

In conclusione, la sentenza impugnata, nel richiamare espressamente pertinenti passaggi argomentativi del giudice di primo grado, ha pienamente esaminato tutti i fatti decisivi per il giudizio.

L’accertata inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.800, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020

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