Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6509 del 04/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 6509 Anno 2016
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

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ORDINANZA
sul ricorso 25715-2014 proposto da:
BARBARIA GIORDANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell’Avvocato SEBASTIANO
MASTROBUONO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’Avvocato SERGIO MOZE;

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Data pubblicazione: 04/04/2016

– ai-attentecontro
CONDOMINIO VIA MACHIAVELLI 13 TRIESTE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE
GIGLI, che Io rappresenta e difende;
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ok,

- controrico.trente avverso la sentenza n. 165/2014 della CORTE D’APPELLO di
TRIESTE, depositata il 02/04/2014.

marzo 2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;
udito l’Avvocato Giuseppe Gigli.
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20
luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ.:
«Il Tribunale di Trieste, con sentenza in data 19 settembre 2011,
respinse la domanda di Giordano Barbaria, intesa ad ottenere la
condanna del Condominio di Via Machiavelli 13-Via Rossini 14 a
Trieste al risarcimento dei danni asseritamente subiti dall’attore a causa
di una delibera condominiale, poi annullata dall’autorità giudiziaria, che
non aveva autorizzato il cambio di destinazione d’uso di un suo
appartamento, posto nell’edificio condominiale, con la conseguenza
che egli aveva dovuto sospendere i lavori diretti a realizzare il
progettato bed and breakfast.
Il Tribunale condannò l’attore al rimborso delle spese processuali.
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza resa pubblica mediante
deposito in cancelleria il 2 aprile 2014, ha rigettato il gravarne
interposto dal Barbaria, compensando tra le parti le spese del grado.
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Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8

La Corte d’appello ha motivato nel modo seguente.
“E’ pacifico in causa, perché assunto dallo stesso appellante e
risultante comunque dalla comunicazione di Giordano Barbaria in data
5 aprile 2005, diretta al Comune di Trieste, che egli aveva iniziato i

lavori di ristrutturazione prima di chiedere ed ottenere l’autorizzazione
dell’assemblea condominiale.

E’ altrettanto pacifico che l’appellante a ciò fu indotto dalle incaute
assicurazioni dell’amministratore — v. la sua firma in calce al progetto e
la sua ‘circolare’ ai condomini (peraltro già successiva all’inizio lavori:
14 aprile 2005) — nonché dal parere del notaio rogante l’acquisto del
suo immobile, ma si ritiene che l’ordinaria diligenza gli avrebbe dovuto
imporre di verificare funditus la possibilità di mutamento della
destinazione d’uso e della conseguente ristrutturazione, proprio per
l’entità delle spese che andava ad affrontare.
Risulta inoltre, sempre per le affermazioni dello stesso appellante, che
nell’estate del 2005 egli sospese i lavori, dopo la manifestazione delle
prime perplessità da parte dell’amministratore e ben prima della
delibera.
E’ quindi ancor più evidente che la prudenza manifestata in
quell’occasione doveva essere esercitata ancora prima.
Invece, egli ha prima cessato i lavori, impugnando poi la delibera a lui
sfavorevole, ma senza chiederne la sospensione.

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Infine, va pure considerato che le spese da lui sostenute hanno
comunque comportato una ristrutturazione dell’immobile e quindi del
risultato Barbaria può (o poteva) avvalersi in funzione del

altre scelte imprenditoriali e quindi sempre dettate dalle sue decisioni.
L’appello viene quindi respinto.
La particolarità della fattispecie induce a compensare le spese del
grado: Barbaria, pur colposamente, è stato indotto ad avviare e poi
sospendere i lavori dal comportamento dell’amministratore del
condominio (riconducibile quindi ai condomini che rappresentava)”.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello Barbaria ha
proposto ricorso, con atto notificato il 27 ottobre 2014, sulla base di
due motivi.
Il Condominio ha resistito con controricorso.
E primo mezzo lamenta che la Corte d’appello non abbia preso in
considerazione il principio basilare di cui all’art. 1175 cod. civ.,
secondo cui il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le
regole della correttezza.
Il motivo è inammissibile, perché pone una questione, implicante
accertamenti in fatto, che dal testo della sentenza impugnata non
risulta essere stata trattata nel grado di merito.

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proseguimento della originaria — v. annullamento della delibera — o di

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 360, n. 5, cod.
proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente deduce che se la

allegate innanzitutto avrebbe rilevato che i lavori sono stati sospesi ad
avvenuta demolizione totale di tutti gli impianti preesistenti, delle
pareti divisorie, dei pavimenti e dei rivestimenti. Ancora si rileva che
dalle fotografie risulterebbe che ci troviamo in un cantiere edilizio, per
cui l’affermazione che comunque il Barbaria avrebbe potuto trarre un
vantaggio da tali lavori sarebbe un’affermazione fine a se stessa, illogica
e non suffragata da alcun elemento concreto.
Il motivo appare inammissibile, perché si risolve in una contestazione,
attraverso un generico rinvio alla perizia e alle fotografie allegate, delle
valutazioni di fatto compiute dal giudice del merito con congruo e
logico apprezzamento.
Il ricorso può essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per
esservi rigettato».

Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione
contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;
che i rilievi critici contenuti nella memoria illustrativa non
colgono nel segno;
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Corte d’appello avesse preso in considerazione la perizia e le fotografie

che il primo motivo è inammissibile, oltre che per novità della
questione, perché demanda a questa Corte una valutazione sulla
correttezza e della diligenza delle parti coinvolte, il Barbaria, da una

accertamenti di fatto;
che il secondo motivo, oltre ad essere formulato con il richiamo
— privo della necessaria specificità — a risultanze probatorie, propone
una rivisitazione delle valutazioni di fatto del giudice del merito, il
quale ha — con congruo apprezzamento — escluso la sussistenza di un
danno risarcibile;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza;
che poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30
gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto — ai
sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato — Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 quater

all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 —
della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.
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parte, ed il Condominio o il suo amministratore, dall’altra, che implica

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese
processuali sostenute dal Condominio controricorrente, che liquida in

generali e ad accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello

dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V1-2
Sezione civile della Corte suprema di cassazione, l’8 marzo 2016.

complessivi euro 3.200, di cui curo 3.000 per compensi, oltre a spese

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