Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6508 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. I, 17/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 17/03/2010), n.6508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.F., C.G., N.M.A.,

M.E., P.S., R.L., V.

C., P.V., L.G., G.O.,

P.G., S.V. – elettivamente

domiciliati in ROMA, viale Pinturicchio 21, presso lo studio

dell’avv. Abbate Ferdinando Emilio, dal quale sono rappresentati e

difesi giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del

Consiglio pro-tempore;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma del 27 luglio 2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

27 gennaio 2010 dal Consigliere Dott. Luigi Salvato;

udito per i ricorrenti, su delega dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate,

l’avv. Roda Ranieri, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

P.M., S.P.G. Dr. GOLIA Aurelio, che si è riportato alla relazione.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con decreto depositato il 27 luglio 2006, la Corte di Appello di ROMA ha parzialmente accolto il ricorso proposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, da M.F., C.G., N.M. A., M.E., P.S., R.L., V.C., P.V., L.G., G. O., P.G., S.V. in ordine alla irragionevole durata del giudizio da essi introdotto, innanzi al TAR del Lazio, con atto dell’aprile 1993, e trattenuto in decisione il 10 dicembre 2003.

La Corte territoriale, ritenuta la ragionevole durata del giudizio in anni tre, reputava violato detto termine per anni 7 anni, liquidando in Euro 7.000,00 per ciascuno il danno non patrimoniale, con interessi legali dalla data del decreto, oltre le spese del giudizio.

Per la cassazione di detto decreto hanno proposto ricorso i ricorrenti indicati in epigrafe; non ha svolto attività difensiva l’intimato.

Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in camera di consiglio è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:

“Il ricorso (fondato sull’illegittima pretermissione di un arco temporale di 8 mesi nella quantificazione del periodo di irragionevole durata del processo, sull’altrettanto irragionevole ed illegittima modestia dell’importo liquidato, nonchè sull’illegittimità dell’importo delle spese liquidate), si rivela manifestamente fondato – con riflessi assorbenti sugli altri 2 motivi – nel 1 motivo relativo all’immotivata pretermissione di un arco temporale di 8 mesi nel computo della fase di irragionevole durata del giudizio.

Sussistono, pertanto, i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio”.

2.- Il Collegio reputa di non potere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione. Relativamente al primo motivo, va osservato che, secondo il più recente orientamento di questa Corte, al quale va data continuità, il paramero di liquidazione del danno non patrimoniale va fissato, di regola, nell’importo non inferiore ad Euro 750,00, per anno di ritardo, per i primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo aversi riguardo, per quelli successivi, a parametro di Euro 1.000,00, per anno di ritardo (Cass. n. 21840 del 2009, le cui argomentazioni devono aversi qui per integralmente trascritte).

In applicazione di detto parametro, l’accoglimento del primo mezzo comporterebbe la cassazione del decreto e la decisione nel merito, con la conseguenza che, in difetto di elementi per discostarsi da detto parametro, computando anche gli ulteriori otto mesi dei quali la Corte di merito avrebbe dovuto tenere conto (il giudizio presupposto si è svolto dall’aprile 1993 al 10.12.2003, quindi l’irragionevole durata ascende ad anni 7 e mesi 8), si avrebbe un’equa riparazione di Euro 6.915,00, inferiore alla somma liquidata, ciò che vale ad evidenziare l’insussistenza di interesse e la manifesta inammissibilità del primo motivo.

Il secondo motivo è invece manifestamente fondato, in virtù del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale, dal carattere indennitario dell’obbligazione in oggetto discende che gli interessi legali decorrono dalla data della domanda di equa riparazione, in base alla regola che gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere di incertezza e illiquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria (Cass. n. 8712 del 2006; n. 7389 del 2005; n. 1405 del 2004; n. 2382 del 2003; v. anche Cass. n. 2248 de 2007).

In relazione alle censure accolte, il decreto va cassato nella parte relativa alla decorrenza degli interessi e la causa può essere decisa nel merito – assorbito il motivo concernente le spese, per la ragione addotta nella relazione – non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, mediante attribuzione degli accessori a far data dalla domanda.

Le spese della fase di merito seguono la soccombenza (per detta fase di merito i diritti vanno liquidati in Euro 600,00, oltre Euro 97,00 per ciascuna parte oltre la prima), e così anche quelle relative al presente giudizio di legittimità nella misura della metà, dovendo essere compensata la residua parte, sussistendo giusti motivi, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso della natura della questione controversa.

Le spese, liquidate come in dispositivo, vanno attribuite al difensore, antistatario.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, nei termini precisati in motivazione cassa il decreto impugnato limitatamente al capo concernente la decorrenza degli interessi e, decidendo nel merito, dichiara dovuti gli interessi legali dalla domanda; condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri a pagare le spese processuali – distratte in favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate – e liquidate, quanto al giudizio di merito, in Euro 2.257,00 (di cui Euro 1.667,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari) e, quanto al giudizio di legittimità in Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

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