Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6507 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. I, 17/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 17/03/2010), n.6507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

V.E. – elettivamente domiciliato in ROMA, Riccardo Grazioli

Lante, 16, presso lo studio dell’avv. BONAIUTI Roberto Domenico, dal

quale è rappresentato e difeso giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del

Consiglio pro-tempore – Ministero dell’economia e delle finanze

giustizia, in persona del Ministro pro-tempore;

– intimati –

avverso il decreto della Corte d’appello di Firenze del 20 ottobre

2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

27 gennaio 2010 dal Consigliere Dott. Luigi Salvato;

P.M., S.P.G. Dr. GOLIA Aurelio.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con decreto depositato il 20 ottobre 2006, la Corte di Appello di Firenze ha parzialmente accolto il ricorso proposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, da V.E. in ordine alla irragionevole durata del giudizio introdotto innanzi alla Corte dei Conti, con atto del 1975, e definito solo con sentenza resa in sede di un secondo giudizio di appello, il 24 febbraio 2005.

La Corte territoriale, ritenuta la irragionevole durata del giudizio nella misura di 19 anni, ha liquidato, in ragione dell’esito della vicenda giudiziaria e della ridotta portata economica della pretesa, in Euro 9.500,00 il danno non patrimoniale.

Per la cassazione di detto decreto ha proposto ricorso il V., sulla base di 1 motivo; non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:

“Il ricorso (fondato sull’irragionevole ed illegittima modestia dell’importo liquidato), salvo la manifesta infondatezza di taluni specifici profili interni al motivo, appare manifestamente fondato, negli aspetti relativi al – comunque irragionevole – discostamento dai criteri più volte enunciati da questa Corte ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale.

Sussistono, pertanto, i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio”.

2.- In linea preliminare, va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze.

Secondo un principio enunciato da questa Corte, che va qui ribadito, la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1224, che ha modificato la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, attribuendo al Ministero dell’Economia e delle Finanze la legittimazione residuale spettante, in precedenza, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si applica esclusivamente ai giudizi iniziati nella fase di merito successivamente all’entrata in vigore della modifica suddetta (legge citata, art. 1, comma 1225), e non a quelli iniziati prima e ritualmente svoltisi nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione indirizzato e notificato al Ministero dell’Economia, qualora il giudizio di merito si sia svolto legittimamente in contraddittorio con il Presidente del Consiglio dei ministri (Cass. n. 21352 del 2009).

In relazione a detto ricorso non deve essere resa pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

3.- Nel merito, il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione condividendo le argomentazioni che le fondano, in quanto danno applicazioni a principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte.

In ordine alla misura dell’equa riparazione per il danno non patrimoniale, in applicazione del principio enunciato da questa Corte con la sentenza n. 21840 del 2009 (le cui argomentazioni devono aversi qui per integralmente trascritte), il parametro di liquidazione va fissato, di regola, nell’importo non inferiore ad Euro 750,00, per anno di ritardo, per i primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo aversi riguardo, per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00, per anno di ritardo, nella specie disatteso dal decreto impugnato, che ha liquidato Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, ciò che conforta la fondatezza del mezzo.

In relazione alle censure accolte, il decreto deve essere cassato e la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Pertanto, in applicazione dello standard sopra indicato – che nessun argomento del ricorso impone e consente di derogare in melius in riferimento alla quantificazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale – va riconosciuta all’istante la somma di Euro 18.250,00, in relazione agli anni eccedenti il triennio (anni 19, come incensurabilmente accertato dal giudice del merito), oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza quanto al giudizio di merito e per la metà quanto alla presente fase, dovendo essere dichiarata compensata la residua parte, sussistendo giusti motivi, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze; accoglie nel resto il ricorso, per quanto di ragione, nei termini precisati in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri a corrispondere al ricorrente la somma di _ 18.250,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo ed oltre alle spese processuali – per la metà, quanto alla presente fase, compensandosi la restante parte – e liquidate, quanto al giudizio di merito, in Euro 1.190,00 (di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari) e, quanto al giudizio di legittimità in Euro 500,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

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