Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6503 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. I, 17/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 17/03/2010), n.6503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.G. – domiciliata presso la Cancelleria della Corte di

cassazione, rappresentata e difesa dagli avv.ti CARROZZA Paolo e

Patrizia Restuccia, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro-tempore –

domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentato e

difeso;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Torino del 5 giugno 2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

27 gennaio 2010 dal Consigliere Dott. Luigi Salvato;

P.M., S.P.G. Dr. GOLIA Aurelio.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con decreto depositato il 5 giugno 2006, la Corte d’appello di Torino ha accolto il ricorso proposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, da R.G. in ordine alla dedotta irragionevole durata del fallimento in danno della Morwen s.p.a., dichiarato dal Tribunale di La Spezia, con sentenza del 21 marzo 1986 e nel quale ella si era insinuata.

La Corte territoriale, ritenuta la irragionevole durata del giudizio nella misura di 13 anni, in ragione della particolare modestia della “posta in gioco” correlata al “riparto finale”, ha liquidato in Euro 2.000,00 e ritenuto non provato il danno non patrimoniale, condannando il Ministero alle spese del giudizio.

Per la cassazione di detto decreto ha proposto ricorso R. G., affidato a tre motivi; Ha resistito con controricorso il Ministero della giustizia.

Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in camera di consiglio è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti; ha depositato memoria la ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:

“Il ricorso (fondato sull’irragionevole ed illegittima modestia dell’importo liquidato, sulla altrettanto illegittima, mancata parametrazione del “danno non patrimoniale” all’intera durata del processo, ed al mancato riconoscimento del “danno patrimoniale”), se si rivela manifestamente infondato – alla luce della giurisprudenza di questa Corte – quanto alla pretesa di parametrare il “danno non patrimoniale all'”intera durata” del giudizio, ed inoltre manifestamente inammissibile – attesa la loro natura di puro merito – quanto alle doglianze relative al “danno patrimoniale”, appare manifestamente fondato, invece, negli aspetti relativi al – comunque irragionevole – discostamento dai criteri più volte enunciati da questa Corte ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale.

Sussistono, pertanto, i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di Consiglio”.

2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione condividendo le argomentazioni che le fondano, in quanto danno applicazioni a principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte.

Inoltre, in relazione al primo motivo (con il quale si prospetta che l’equa riparazione dovrebbe essere liquidato avendo riguardo all’intera durata del giudizio) va ribadito che la precettività, per il giudice nazionale, della giurisprudenza della Corte EDU non concerne il profilo relativo al moltiplicatore della base di calcolo per l’equa riparazione, essendo per il primo vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è rilevante soltanto il periodo eccedente il termine ragionevole, in virtù di una modalità di calcolo che non incide sulla complessiva attitudine di detta legge ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo (per tutte, Cass. n. 4572 del 2009; n. 11566 e n. 1354 del 2008; n. 23844 del 2007).

Quanto ai secondo motivo, sebbene esso debba essere accolto, va escluso che le norme disciplinatrici della fattispecie permettano di riconoscere una ulteriore somma arbitrariamente indicata in una data entità (nella specie indicata in Euro 2.000,00), svincolata da qualsiasi parametro e dovuta in considerazione dell’oggetto e della natura della controversia. Il giudice europeo ha, infatti, affermato che una somma più elevata va riconosciuta, qualora la controversia rivesta una certa importanza, facendo un elenco esemplificativo, senza che ciò implichi alcun automatismo, significando soltanto che alcune cause, in considerazione della loro natura, è probabile che siano di una certa importanza (Cass. n. 18012 del 2008). Dunque, il giudice del merito può attribuire una somma maggiore, qualora riconosca la causa di particolare rilevanza per la parte, restando escluso uno specifico obbligo di motivazione e/o di pronuncia sul punto, da ritenersi quest’ultima implicita nella liquidazione del danno, con la conseguenza che, se il giudice non si pronuncia sul cd.

bonus, ciò sta a significare che non ha ritenuto la controversia di tale rilevanza da riconoscerlo (così, tra le altre, Cass. n. 7073, n. 6039 e n. 3515 del 2009; n. 18012 e n. 6898 del 2008).

Relativamente alla misura dell’equa riparazione per il danno non patrimoniale, in applicazione del principio enunciato da Cass. n. 21840 del 2009 (le cui argomentazioni devono ritenersi qui integralmente trascritte), il parametro di liquidazione del danno non patrimoniale va fissato, di regola, nell’importo non inferiore ad Euro 750,00, per anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo aversi riguardo, per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00, per anno di ritardo.

Sul terzo motivo, è sufficiente osservare che la ricorrente non prospetta un vizio denunciabile in questa sede, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma richiede, inammissibilmente, un riesame della decisione, nel merito.

In relazione alle censure accolte, il decreto deve essere cassato e la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Pertanto, in applicazione dello standard sopra indicato – che nessun argomento del ricorso impone e consente di derogare in melius in riferimento alla quantificazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale – individuato nella somma di Euro 750,00 per il primo triennio di irragionevole durata ed in Euro 1.000,00 per quelli successivi il parametro di indennizzo del danno non patrimoniale, va riconosciuta all’istante la somma di Euro 12.250,00, in relazione agli anni eccedenti il triennio (anni 13, come incensurabilmente accertato dal giudice del merito), oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza quanto al giudizio di merito e per la metà quanto alla presente fase, dichiarando compensata la residua parte, sussistendo giusti motivi, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso.

PQM

La Corte rigetta il primo ed il terzo motivo, accoglie il secondo motivo, nei termini precisati in motivazione, cassa in relazione il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere alla ricorrente la somma di Euro 12.250,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo ed oltre alle spese processuali – per la metà, quanto alla presente fase, compensandosi la restante parte – liquidate, quanto al giudizio di merito, in Euro 1.190,00 (di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari) e, quanto al giudizio di legittimità in Euro 500,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

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