Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6503 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/03/2017, (ud. 05/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22865/2015 R.G. proposto da:

GRINKA s.r.l. in liquidazione – p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, alla via Luigi Settembrini, n. 28, presso lo studio

dell’avvocato Ulpiano Morcavallo che la rappresenta e difende in

virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATORE del fallimento della (OMISSIS) s.p.a., in persona

dell’avvocato V.F., rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato Marco

Tamburini ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cassiodoro,

n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza della corte d’appello di Perugia n. 447 dei

2/22.7.2015;

udita la relazione all’udienza in Camera di consiglio del 5 dicembre

2016 del Consigliere Dott. Luigi Abete;

udito l’avvocato Enzo Giardiello, per delega dell’avvocato Ulpiano

Morcavallo, per la ricorrente;

udito l’avvocato Marco Tamburini per il controricorrente.

Dà atto di quanto segue.

1. Il relatore, Dott. Luigi Abete, ha depositato, relazione ex art.

380 bis c.p.c., datata 11.10.2016 del seguente tenore:

“Il relatore, Dott. Luigi Abete, letti gli atti depositati.

Fatto

RILEVA IN FATTO

Con atto notificato il 6.6.2008 il curatore del fallimento della “(OMISSIS)” s.p.a. citava a comparire innanzi al tribunale di Orvieto il curatore del fallimento della “Grinka” s.r.l..

Chiedeva, tra l’altro, dichiararsi l’inefficacia, giacchè simulato, dell’atto di compravendita in data (OMISSIS) – relativo a due fabbricati con annesse pertinenze – intercorso tra le società in bonis.

Riassunto il giudizio nei confronti della “Grinka” a seguito della chiusura del relativo fallimento, con sentenza n. 215/2011 il tribunale adito accoglieva la domanda e dichiarava la simulazione del contratto di compravendita.

Interponeva appello la “Grinka” s.r.l..

Resisteva il curatore del fallimento della “(OMISSIS)” s.p.a..

Con sentenza n. 447/2015 la corte d’appello di Perugia dichiarava inammissibile il gravame siccome tardivo e condannava l’appellante alle spese del grado.

Esplicitava – la corte – che l’appello era stato proposto decorso il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado, “notifica correttamente effettuata in cancelleria R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, ex art. 82, non avendo il legale di parte appellante eletto domicilio nel circondario del tribunale di Orvieto” (così sentenza d’appello, pagg. 8 – 9).

Altresì puntualizzava che era da escludere che fosse rimasto impregiudicato il mandato difensivo già conferito dalla “Grinka” all’avvocato Salvatore Florio.

Indi precisava, in ordine all’istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c., ai fini della proposizione del gravame, istanza ancorata all’assunto secondo cui “la Cancelleria sarebbe stata in ogni caso tenuta ex art. 133 c.p.c., a comunicare l’avviso di deposito al numero di fax o all’indirizzo di posta elettronica, indicato dal difensore all’atto della costituzione” (così sentenza d’appello, pag. 11), che dell’art. 133 c.p.c., comma 3, era stato abrogato dalla L. n. 183 del 2011, art. 25, comma 1, lett. b), con decorrenza dall’1.1.2012 e che tale L. n. 183 del 2011, aveva chiarito che rilevante era unicamente l’indirizzo di posta elettronica certificata dal difensore comunicato al proprio “ordine”; che dunque non si prospettava un obbligo di comunicazione ad un indirizzo di posta elettronica diverso da quello certificato.

Avverso tale sentenza “Grinka” s.r.l. ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

Il curatore del fallimento della “(OMISSIS)” s.p.a. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 325 c.p.c., in relazione agli artt. 83 e 125 c.p.c..

Deduce che di già con l’atto di appello aveva dedotto la tempestività dell’esperito gravame; che invero “nel giudizio di primo grado era rimasto costituito anche il precedente difensore, avvocato Salvatore Florio, non revocato, nè esplicitamente nè implicitamente, a seguito del rilascio di procura al nuovo difensore, avvocato Francesco Cigliano” (così ricorso, pag. 3); che al contempo l’avvocato Florio al momento della costituzione in giudizio aveva regolarmente comunicato il proprio indirizzo p.e.c., sicchè nessuna rilevanza aveva la mancata elezione di domicilio da parte del medesimo avvocato Cigliano nel circondario del tribunale di Orvieto.

Deduce inoltre che, contrariamente all’assunto della corte di merito, “il mandato difensivo conferito al nuovo difensore non fa venir meno il mandato conferito a quello precedente, salvo che dalla nuova procura non risulti chiaramente la volontà della parte di revocare il primo difensore” (così ricorso, pag. 4); che comunque è irrilevante “che nella parte narrativa dell’atto di costituzione si indichi che la costituzione avveniva in sostituzione, siccome trattasi di una mera indicazione (…) di tipo descrittivo” (così ricorso, pag. 5).

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 153 e 184 bis c.p.c., in relazione all’art. 325 c.p.c..

Deduce che la richiesta di rimessione in termini ex art. 184 bis c.p.c., è stata respinta senza alcun approfondimento.

Deduce in particolare che nel corso del giudizio di primo grado i difensori delle parti avevano comunicato tra loro mediante posta elettronica, sicchè aveva fatto affidamento su tale modalità di diretta comunicazione; che in pari tempo aveva fatto affidamento “sulla comunicazione della cancelleria, via fax o per posta elettronica, riguardo alla avvenuta pubblicazione della sentenza” (così ricorso, pag. 7).

Appare possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5). Segnatamente il ricorso è manifestamente infondato.

Con il primo motivo la ricorrente sostanzialmente censura la valenza e la portata che la corte distrettuale ha inteso attribuire alla procura da “Grinka” conferita al nuovo difensore: la censura in disamina propriamente si risolve in una quaestio ermeneutica.

Intesa in tal guisa (in linea, d’altronde, con le prefigurazioni della ricorrente: “la Corte d’appello avrebbe dovuto verificare l’effettiva volontà della parte alla stregua della nuova procura”: così ricorso, pag. 5) non può che esplicar valenza l’insegnamento di questo Giudice del diritto alla cui stregua nell’interpretazione degli atti processuali delle parti occorre far riferimento ai criteri di ermeneutica di cui all’art. 1362 c.c., che valorizzano l’Intenzione delle parti e che, pur essendo dettati in materia di contratti, hanno portata generale (cfr. Cass. 21.2.2014, n. 4205).

Da tale premessa discende ulteriormente quanto segue.

In primo luogo, che, al pari dell’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, l’interpretazione degli atti processuali costituisce attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178, e Cass. 2.5.2006, n. 10131, limitatamente agli atti di autonomia privata).

In secondo luogo, che nè la censura ex n. 3) nè la censura ex n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1, possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si traduca nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178, e Cass. 2.5.2006, n. 10131).

In terzo luogo, che, al cospetto del nuovo dettato – rilevante ratione temporis nel caso di specie – del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 e nel segno dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

In questi termini l’interpretazione patrocinata dalla corte territoriale è in toto inappuntabile, giacchè non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale e risulta sorretta da motivazione esaustiva e congrua.

In particolare la corte di Perugia ha ancorato l’operazione ermeneutica cui ha atteso, ad una ben precisa espressione – “in sostituzione dell’avv. Salvatore Florio” – figurante nel testo della comparsa di costituzione dell’avvocato Francesco Cigliano, il cui tenore letterale e logico fornisce riscontro della correttezza dell’esito ermeneutico cui la stessa corte è pervenuta (correttamente e condivisibilmente il controricorrente puntualizza che “in sostituzione” non significa “in unione”: cfr. controricorso, pag. 3).

In particolare è da escludere che il passaggio motivazionale del dictum perugino al riguardo rilevante (“posto che espressamente nell’atto di costituzione del nuovo difensore si chiariva che la costituzione avveniva in sostituzione del precedente difensore, che pertanto non poteva più considerarsi presente in giudizio e non doveva essere destinatario di alcuna comunicazione”: così sentenza d’appello, pag. 10) sostanzi una delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla luce dell’indicazione nomofilattica a sezioni unite in precedenza menzionata.

Con il secondo motivo la ricorrente sostanzialmente censura il dictum di seconde cure nella parte in cui è stata reietta la sua istanza di rimessione in termini.

Non si nega, in verità, che l’istituto della rimessione in termini, di cui già all’art. 184 bis c.p.c. (articolo abrogato della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 3, a decorrere dal 4.7.2009) ed ora all’art. 153 c.p.c., comma 2, dovendo essere letto alla luce dei principi costituzionali di effettività del contraddittorio e delle garanzie difensive, trova applicazione non solo nel caso di decadenza dai poteri processuali di parte interni al giudizio di primo grado, ma anche nel caso di decadenza dall’impugnazione per incolpevole decorso del termine (cfr. Cass. 14.6.2012, n. 9792).

Del resto, questa Corte spiega che, qualora il giudice dell’impugnazione ravvisi, anche d’ufficio, la grave difficoltà per l’esercizio del diritto di difesa, determinata dal non avere il cancelliere reso conoscibile la data di deposito della sentenza prima della pubblicazione della stessa, avvenuta a notevole distanza di tempo ed in prossimità del termine di decadenza per l’impugnazione, la parte può essere rimessa in termini, ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2, ed, a tal fine, il difensore è legittimato, anche nel corso della discussione orale, a produrre i documenti da cui emerga la data di pubblicazione della sentenza (cfr. Cass. 13.3.2013, n. 6304).

E tuttavia non può non rimarcarsi che le prospettazioni di cui al motivo in disamina non si correlano puntualmente alla ratio decidendi, giacchè la corte d’appello ha esaustivamente esplicitato le ragioni per cui non vi fosse nel caso di specie “un obbligo di comunicazione di alcunchè ad un indirizzo e-mail diverso dalla posta certificata” (così sentenza pag. 11).

E d’altra parte neppure sembrano in linea di principio pertinenti.

Difatti, l’affidamento “sulla comunicazione della cancelleria, via fax o per posta elettronica, riguardo alla avvenuta pubblicazione della sentenza” (così ricorso, pag. 7) potrebbe esplicare valenza ai fini della rimessione in termini in relazione, propriamente, al termine di impugnazione cosiddetto “lungo”. In questa sede, viceversa, è stata correttamente affermata la valida ed efficace sostituzione dell’avvocato Salvatore Florio e, quindi, la valida ed efficace notificazione della sentenza di primo grado in cancelleria ai sensi del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, ai fini, propriamente, del decorso del termine cosiddetto “breve”.

In ogni caso questa Corte spiega che la causa non imputabile – ora ex art. 153 c.p.c., comma 2 – postula il verificarsi di un evento che presenti il carattere della assolutezza – non già il carattere dell’impossibilità relativa, nè tantomeno della mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione (cfr. Cass. 4.4.2013, n. 8216).

In tal guisa è da escludere recisamente che valga ad integrare la “causa non imputabile” l’affidamento correlato alla modalità con cui i difensori avevano in precedenza comunicato fra loro ovvero l’aspettativa che alla comunicazione della sentenza la cancelleria facesse luogo via fax o per posta elettronica.

E ciò, si badi, tanto più, a tal ultimo riguardo, che il controricorrente ha avuto cura di puntualizzare che “mai, nel corso del processo, la cancelleria del Tribunale di Orvieto aveva inviato fax o e-mail ai difensori” (così controricorso, pag. 6)”.

2. Va integralmente condivisa e recepita la relazione ex art. 380 bis c.p.c., in data 11.10.2016.

3. Non meritano seguito i rilievi della ricorrente di cui alla memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Segnatamente non meritano seguito i rilievi che si correlano al primo mezzo di impugnazione (ed evidentemente alla prospettazione per cui “la Corte d’appello avrebbe dovuto verificare l’effettiva volontà della parte alla stregua della nuova procura”: così ricorso, pag. 5) secondo cui “trarre l’effetto di revoca dell’anteriore mandato defensionale non dalla manifestazione e dichiarazione di volontà contenuta nella procura, ma in base al testo (…) dell’atto defensionale redatto dal nuovo difensore, cioè ad un atto distinto dalla procura e proveniente da un soggetto diverso rispetto alla parte conferente la procura medesima, equivale a violare l’anzidetta regula iuris” (così memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, pag. 4), cioè il principio – che questa in verità Corte incondizionatamente condivide – per cui “la nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sè sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia stata fatta in sostituzione del primo procuratore (…)” (così memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, pag. 2) (cfr. in tal senso Cass. 13.2.2002, n. 2071).

Al riguardo va debitamente posto in risalto che, nell’ambito del rapporto contrattuale “interno” – ben distinto dal mandato o procura alle liti – intercorso tra il difensore, ovvero l’avvocato Francesco Cigliano, e la parte, ovvero la “Grinka” s.r.l., rapporto attinente al conferimento dell’incarico e soggetto alle norme di un ordinario mandato di diritto sostanziale (cfr. Cass. 26.1.1981, n. 579; Cass. 15.1.2000, n. 405), l’affermazione dell’avvocato Cigliano, di cui all’incipit della “comparsa di costituzione di nuovo procuratore e contestuale memoria ex art. 183 c.p.c., n. 3”, a tenor della quale “con la presente comparsa si costituisce lo scrivente nuovo procuratore, in sostituzione dell’Avv. Salvatore Florio”, ha una significativa valenza ermeneutica, nel senso che offre sicuro riscontro della volontà della “Grinka” s.r.l. di officiare il nuovo difensore – “mandatario” in sostituzione del precedente, ossia di incaricarlo con contestuale revoca del precedente difensore – “mandatario”.

Difatti, questa Corte da tempo spiega che una dichiarazione diretta, dopo la conclusione del contratto, da un contraente all’altro – e tale senz’altro deve intendersi la surriferita affermazione dell’avvocato Cigliano di cui all’incipit della comparsa di costituzione della “Grinka” – e da quest’ultimo – nel caso di specie dalla “Grinka” – accolta senza dissenso ben può essere utilizzata dal giudice del merito, ai sensi dell’art. 1362 c.c., comma 2, come criterio suppletivo per la determinazione della comune intenzione delle parti (cfr. Cass. 19.7.1975, n. 2858; cfr. altresì Cass. 22.6.1972, n. 2055, secondo cui le manifestazioni, posteriori al contratto, provenienti da uno dei contraenti, se siano dirette all’altro e da quest’ultimo accolte senza dissenso, rappresentano espressione di un comportamento comune e coincidente in rapporto al negozio, degno della maggiore considerazione per l’interprete).

Al contempo, incontrovertibile riscontro della volontà della “Grinka” s.r.l. di sostituire, di revocare, nell’ambito del rapporto contrattuale “interno” già intrattenuto con l’avvocato Salvatore Florio, tal ultimo difensore – “mandatario”, lo si evince dal comportamento successivo dello stesso avvocato Salvatore Florio.

Infatti, l'”esame diretto degli atti” (così ricorso, pag. 5) dà conferma della prospettazione del curatore controricorrente (cfr. controricorso, pag. 4), ossia che, allorquando ha preso parte alle riunioni indette dal c.t.u. in data 19.1.2011 e 2.2.2011 – successivamente quindi alla costituzione in giudizio dell’avvocato Francesco Cigliano, avvenuta in previsione dell’udienza dell’1.6.2010 – l’avvocato Salvatore Florio in ambedue le circostanze è stato qualificato ed ha acconsentito a che fosse qualificato a verbale come “sostituto processuale dell’avv. Francesco Cigliano legale della società Grinka S.r.l.”.

Evidentemente, di certo l’avvocato Salvatore Florio non sarebbe stato così qualificato nè avrebbe acconsentito a che in tal guisa fosse qualificato, se nei mesi di gennaio e febbraio del 2011 avesse ancora avuto veste di difensore della “Grinka”.

Segnatamente non meritano seguito i rilievi che si correlano al secondo mezzo di impugnazione.

Tal ultimi rilievi in verità non risultano per nulla specifici (in fondo si risolvono nella prospettazione a tenor della quale “l’utilizzo della via telematica nelle interlocuzioni tra le parti in corso di giudizio connota di assoluta ed obiettiva imprevedibilità la notificazione della sentenza in cancelleria”: così memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, pag. 6) nè valgono ad incrinare il complesso delle argomentazioni, di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., ancorate, da un canto, all’insegnamento n. 8216/2013 di questa Corte, dall’altro, al rilievo del controricorrente di cui a pagina 6 del relativo atto difensivo e testualmente riprodotto da ultimo nella medesima relazione ex art. 380 bis c.p.c. (in proposito cfr. Cass. 4.3.2011, n. 5260, secondo cui la rimessione in termini non può essere riferita ad un evento esterno al processo).

Il ricorso va quindi rigettato ed in dipendenza del suo rigetto la “Grinka” s.r.l. va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Il ricorso è stato notificato in data 23.9.2015. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, “Grinka” s.r.l., a rimborsare al controricorrente, curatore del fallimento della “(OMISSIS)” s.p.a., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 12.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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