Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6502 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 09/03/2021), n.6502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17363/2015 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 1

presso lo studio dell’Avvocato FRANCESCO MANZULLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONINO BRUCATO;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIA – DIPARTIMENTO PROGRAMMAZIONE;

– intimata –

avverso il provvedimento n. 2240/2014 della CORTE D’APPELLO di

PALERMO, depositata il 12/01/2015 R.G.N. 2717/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/11/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con sentenza in data 12 gennaio 2015 n. 2240/2014 la Corte d’Appello di Palermo riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e per l’effetto respingeva il ricorso proposto da C.D. nei confronti della PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIA per la condanna della Amministrazione convenuta: a conferirgli l’incarico di “esperto esterno” nel settore dei fondi strutturali comunitari; al pagamento degli arretrati, oltre interessi ed oneri fiscali e previdenziali; al risarcimento del danno.

2. La Corte territoriale preliminarmente disattendeva la eccezione di inammissibilità dell’appello dell’amministrazione opposta dal C., osservando che gli elementi di cui all’art. 434 c.p.c., commi 1 e 2, potevano evincersi dal tenore complessivo del ricorso in appello.

3. Nel merito riteneva erronea la statuizione del Tribunale secondo cui il contratto fra il C. e la amministrazione regionale era stato concluso con l’accettazione del C. alla proposta inviatagli dalla Regione, accettazione comunicata a mezzo posta elettronica il 24 febbraio 2007.

4. Osservava che per il contratto d’opera professionale di cui è committente una pubblica amministrazione è richiesta la forma scritta ad substantiam, anche ove quest’ultima agisca iure privatorum ed il contratto deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, restando escluso che esso possa concludersi a distanza fuori dall’ambito della specifica ipotesi di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 17, richiamato dal R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 87.

5. Nella fattispecie di causa mancava la sottoscrizione di un unico documento; vi era stato uno scambio epistolare, articolato in una proposta inviata dal Dipartimento della Programmazione a mezzo raccomandata ed in una accettazione dell’interessato, trasmessa per posta elettronica nonchè con raccomandata ricevuta dalla Amministrazione il 27 febbraio 2007.

6. Il negozio era nullo per mancanza della forma scritta e tale nullità era rilevabile d’ufficio, anche per la prima volta in sede di gravame, in quanto la azione aveva ad oggetto la esecuzione del contratto, la cui validità era elemento costitutivo della pretesa.

7. Il rilievo assorbiva l’eccezione del C. sulla avvenuta violazione del divieto di proporre domande ed eccezioni nuove in appello.

8.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza C.D., articolato in quattro motivi, cui la parte intimata non ha opposto difese.

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo della controversia.

2. La censura afferisce al rigetto della opposta eccezione di inammissibilità dell’appello. Il ricorrente assume che nella formulazione dell’art. 434 c.p.c., risultante dalla riforma del 2012 l’atto di appello deve contenere una parte rescindente, contenente la critica alla sentenza impugnata ed una parte rescissoria, con la quale si costruisce la versione fattuale che si auspica. Espone che il ricorso in appello della amministrazione poteva “lasciare qualche dubbio” (così l’attuale ricorso pagina 39, in fine) sul rispetto delle prescrizioni dell’art. 434 c.p.c., quanto all’aspetto rescindente mentre era del tutto carente della parte rescissoria (indicazione delle modalità di modifica della pronuncia).

3. Il motivo è per alcuni versi infondato e nel resto inammissibile.

4.Le Sezioni Unite di questa Corte, con l’arresto del 16 novembre 2017 n. 27199, hanno chiarito che la sostituzione dell’art. 434 c.p.c., comma 1, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con mod. in L. 7 agosto 2012 n. 134, art. 54, comma 1, lett. c bis), non ha trasformato l’appello in un mezzo di impugnazione a critica vincolata; esso è rimasto una revisio prioris instantiae. L’impugnazione deve pertanto contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.

Resta invece escluso che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado.

5. Il motivo è dunque infondato nella parte in cui sostiene che l’inammissibilità dell’appello discendeva dalla mancanza di una proposta alternativa di decisione.

6. Nel resto la censura è inammissibile; il ricorrente si limita a porre “un dubbio” sul fatto che il gravame della amministrazione regionale contenesse una idonea censura alla sentenza del Tribunale (ciò che il ricorrente qualifica come “parte rescindente”), senza neppure esporre i contenuti dall’atto di appello, con la dovuta specificità.

7. Con il secondo mezzo il ricorrente ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – per omesso esame circa un fatto decisivo della controversia.

8. La critica coglie il rigetto della eccezione di novità del rilievo, articolato dalla amministrazione per la prima volta con l’atto di appello, della nullità del contratto di incarico professionale, per carenza della forma prescritta. Il ricorrente ha esposto che nel primo grado la amministrazione regionale si era invece difesa sostenendo essere nella sua discrezionalità il procedere o meno allo scorrimento della graduatoria della precedente selezione.

9. Il motivo è inammissibile.

10. Esso non coglie la ratio decidendi. La Corte d’appello si è conformata al principio secondo cui il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di una pretesa che supponga la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato tali validità ed efficacia, nè le parti ne abbiano discusso – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c. Rispetto a tale principio non sono mosse ragioni di censura.

11. Con il terzo mezzo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, – omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, contestando il merito della decisione assunta.

12. Il ricorrente ha esposto: che lo scorrimento della graduatoria della selezione era già avvenuto, essendogli stata comunicata la proposta di incarico (nota del dirigente generale del 23.2.2007, prot. n. 4071); che egli aveva accettato detta proposta con nota del 24.2.2007 spedita sia a mezzo mail che con lettera raccomandata ricevuta dalla amministrazione in data 27.2.2007; che la proposta non era stata revocata dalla amministrazione nè prima nè dopo la accettazione.

13. Ha dedotto che la amministrazione aveva sostenuto l’impossibilità di procedere alla costituzione di una squadra di tecnici, fatto smentito dal ctu e dai documenti allegati alle note conclusionali depositate nel primo grado.

14. Il motivo è inammissibile.

15. Anche in questo caso la parte ricorrente non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha respinto la domanda sul rilievo della nullità del contratto di incarico professionale, per carenza di un documento contrattuale recante la sottoscrizione del professionista e dell’organo dell’ente legittimato ad esprimerne la volontà all’esterno, escludendo che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell’accettazione da parte del medesimo professionista.

16. Il ricorrente, senza censurare tale statuizione, ha riproposto in via diretta a questa Corte la sua domanda, richiamando i fatti già ritenuti dal giudice dell’appello inidonei ad integrare il requisito formale ed assumendo l’infondatezza di un’ eccezione di impossibilità sopravvenuta che sarebbe stata opposta dalla amministrazione ma che è rimasta del tutto estranea alle ragioni della decisione.

14. Con il quarto motivo il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo della controversia sotto il profilo del mancato accoglimento dell’appello incidentale, con il quale egli aveva impugnato la sentenza del Tribunale nella parte in cui non era stata accolta la domanda in punto di: retribuzioni successive al primo anno di incarico, con i relativi interessi; pagamento degli oneri previdenziali; risarcimento dei danni; condanna di controparte per resistenza temeraria.

15. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente sottopone a questa Corte domande che sono state dichiarate assorbite dal giudice dell’appello.

16. Il rilievo della nullità del contratto d’opera professionale comportava, infatti, l’implicito rigetto di tutte le pretese fondate sulla conclusone di quel contratto.

17. Questa Corte ha già chiarito come la figura dell’assorbimento ricorra, in senso proprio, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, e, in senso improprio, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande (Cass., Sez. 2, 9 ottobre 2012, n. 17219; sez. 5, 16 maggio 2012, n. 7663, sezione 1, 27 dicembre 2013, n. 28663; Cass., sez. Un., 27/11/2019, n. 3102).

18. Conclusivamente, va respinto il ricorso; tale conclusione esime, per il principio della durata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso in cassazione alla Presidenza della Regione Sicilia presso l’Avvocatura generale, stante la nullità della notifica eseguita presso l’Avvocatura distrettuale (sul principio, ex aliis, Cass. 13/01/2021, n. 394; Cass. 26/11/2020, n. 26997; Cass. n. 6924/2020).

19.Non vi è luogo a provvedere sulle spese.

20. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

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