Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6502 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 06/03/2020), n.6502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28557-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M., C.R., M.M.O., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI DAUNI 2, presso lo studio dell’avvocato

MARIA OLGA MANNI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1168/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per estimi catastali L. n. 311 del 2004 ex art. 1, comma 335, di unità immobiliare ricadente nella microzona 19 Parioli in Roma, con variazione di classamento e aumento di rendita catastale, ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio, in quanto con l’appello non era stata impugnata un’autonoma ratio decidendi della sentenza di prime cure. In particolare, la CTR ha rilevato la mancata impugnazione da parte dell’Ufficio del capo della sentenza di primo grado, relativo alla mancata smentita, negli atti di accertamento, delle caratteristiche degli immobili presi a raffronto al fine di determinare il valore dell’immobile in questione, così per come dettagliatamente esposto nella perizia tecnica depositata in giudizio. In ogni caso, secondo la CTR, il provvedimento di classamento, privo di un riferimento individualizzante riferito a elementi attinenti agli specifici caratteri strutturali della singola unità immobiliare, è carente di motivazione.

C.M. si costituisce con controricorso e deposita memoria.

L’Agenzia deposita memoria in data 14.12.2019 (e quindi fuori termine).

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

Con il primo motivo si deduce, violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2002, art. 1, comma 335, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità della sentenza e del procedimento, per aver la CTR ritenuto inammissibile l’appello per difetto di specificità dei motivi di appello.

2. Il motivo, a parte ulteriori profili di inammissibilità avendo evocato due profili di doglianza ontologicamente distinti, va respinto.

3. La CTR ha individuato un’autonoma ratio decidendi, sufficiente a giustificare la decisione, nella non confrontabilità degli immobili presi a riferimento per la rideterminazione del classamento e delle rendite; e tale capo della sentenza non era stato oggetto di impugnazione da parte dell’Ufficio. Tale statuizione è coerente con i principi affermati da questa Corte (Cass. n. 4558/2017) secondo cui in tema di contenzioso tributario, benchè l’appello abbia carattere devolutivo pieno, le deduzioni dell’appellante devono essere svolte in contrapposizione alle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, di cui la parte non può disinteressarsi con censure generiche.

3.1. Costituisce principio consolidato, infatti, quello secondo cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi” (Cass. n. 7931 del 2013; n. 4293 del 04/03/2016; n. 16314 del 18/06/2019); la parte soccombente in tale ipotesi ha pertanto l’onere di censurare con l’atto d’appello ciascuna delle ragioni della decisione, non potendosi, in difetto, trattare successivamente della ragione non tempestivamente contestata e non potendosi, conseguentemente, più nemmeno utilmente discutere, sotto qualsiasi profilo, della stessa statuizione che nella detta ragione trova autonomo sostegno (Cass. n. 4259 del 03/03/2015).

3.2. La richiesta con l’atto di appello della integrale riforma della sentenza impugnata è stata pertanto correttamente giudicata inammissibile dalla CTR, poichè la non contestata autonoma ragione di decisione resta anche in tal caso idonea a sorreggere la pronunzia impugnata, non potendo il giudice d’appello estendere il suo esame a punti non compresi neppure per implicito nei termini prospettati dal gravame, senza violare il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (Cass. nn. 18310/07, 7809/01 e 7675/95). A tale principio si è aggiunto (Cass. n. 4259 del 2015) che allorquando le due o più rationes decidendi siano in rapporto di pregiudizialità logica o giuridica, solo la specifica impugnazione della ratio pregiudicante contiene per implicito anche la contestazione della ratio pregiudicata, non potendo quest’ultima reggersi da sola una volta che sia stata dimostrata l’inconsistenza della prima. Nè a perfezionare il requisito di cui all’art. 342 c.p.c. basta la radicalità della critica svolta col gravame. Quest’ultima, infatti, non vale certo a dispensare la parte dall’onere di motivare le ragioni del dissenso sul dato iniziale e fondante della ricostruzione censurata.

3.3. Dal ricorso dell’Ufficio si evince che in merito a tale statuizione non è stata dedotta specifica impugnazione (come peraltro ammesso a pag. 22 del ricorso per cassazione), limitandosi ad impugnare la pronuncia di primo grado nella sua interezza. E ciò, per quanto sopra detto, inammissibilmente.

4. Il secondo motivo, col quale si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, va dichiarato assorbito.

5. Le spese vanno compensate in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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