Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6501 del 16/03/2018


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Cassazione civile, sez. trib., 16/03/2018, (ud. 23/01/2018, dep.16/03/2018),  n. 6501

Fatto

p. 1. La controversia ha per oggetto l’impugnazione da parte del contribuente C.S. dell’avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione delle sanzioni, conseguente alla decadenza dai benefici riservati alla prima abitazione, acquistata con atto per notar Ce. G. di Napoli del 3.06.2005.

Il contribuente ha opposto – dinanzi alla C.T.P. di Napoli – che il superamento del termine di 18 mesi per stabilire la residenza nell’immobile acquistato non rilevava nel suo caso, in quanto egli già svolgeva, alla data del trasferimento immobiliare, la propria attività lavorativa nel comune di Napoli, dove era ubicato l’immobile acquistato, circostanza che aveva allegato con atto integrativo del 24.10.2008, successivo all’acquisto, e documentato con l’atto costitutivo della società, con l’atto di acquisto di ramo d’azienda e dichiarazioni anni 2003-2005, con la visura C.C.I.A., dai quali risultava che era amministratore e socio della ” S.C. Antichità s.r.l.”.

La CTP di Napoli rigettava il ricorso. Interponeva gravame il contribuente, il quale riproponeva i medesimi motivi posti a fondamento della impugnazione, contestando l’omessa valutazione delle risultanze processuali.

p. 2. La C.T.R. della Campania confermava tale decisione, rigettando l’appello interposto dal contribuente.

In particolare, la CTR con sentenza n. 80/33/12 premesso – nello svolgimento del fatto – che il ricorrente aveva proposto impugnazione avverso l’avviso di liquidazione delle imposte ed erogazione delle sanzioni, conseguente alla decadenza delle agevolazioni “prima casa” ex D.P.R. n. 131 del 1986, ed il conseguente recupero delle maggiori imposte, motivava il rigetto sostenendo che occorreva verificare se l’esercizio del diritto al rimborso da parte del contribuente era stato attivato tempestivamente, concludendo che era invece decorso il termine di decadenza previsto dalla legge.

Ricorre per cassazione il contribuente affidandosi a tre motivi.

L’Ufficio si è costituito con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERAZIONI DI DIRITTO

p. 3. Con il primo motivo del ricorso, il contribuente lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, censurando la sentenza della CTR della Campania per mancanza assoluta di motivazione, illogicità e incoerenza, risultando inintelligibile il percorso logico-giuridico seguito dai giudici di appello nel rigettare il gravame.

Deduce, in particolare, la violazione delle disposizioni codicistiche e dei principi costituzionali citati nella rubrica, in quanto la motivazione della C.T.R. non contiene le ragioni giuridiche della decisione ed anzi contiene quale unica motivazione l’affermata decadenza dal diritto del rimborso del contribuente, che non era affatto oggetto del contendere, vertendo la controversia sulla sussistenza dei presupposti per il beneficio delle agevolazioni “prima casa”.

Al riguardo, sostiene, dunque, che la motivazione non può essere neppure integrata, avendo i giudici di appello valutato circostanze estranee al thema decidendum.

p. 4. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza di appello sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto l’omessa motivazione della sentenza si manifesta sotto il duplice aspetto di omessa motivazione o apparente motivazione, ravvisabile nei casi in cui il giudice omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica elementi senza una approfondita disamina logico-giuridica, rendendo impossibile un controllo sulla logicità del ragionamento.

Reitera la censura già svolta con il primo motivo, secondo il quale la CTR ha deciso una questione non attinente al giudizio e mai sollevata dalle parti.

p. 5. Con il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della tariffa, parte prima, nota 2 bis allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, rilevando che l’agevolazione è prevista anche per l’acquirente che svolge attività lavorativa nel comune dove è stato acquistato – con le previste agevolazioni l’immobile.

Con riferimento a detta doglianza, il ricorrente deduce di aver dichiarato nell’atto di acquisto l’intenzione di trasferirsi nel comune entro 18 mesi dalla registrazione dell’atto, ma che in realtà aveva diritto alle agevolazioni perchè prestava attività lavorativa nel comune di Napoli, tant’è che aveva provveduto, in data il 24.10.2008, ad integrare e rettificare l’atto di trasferimento immobiliare (successivamente alla notifica dell’avviso di liquidazione), producendo all’ufficio una scrittura in cui dichiarava di aver omesso per errore di svolgere attività lavorativa nel Comune di Napoli e allegando all’atto integrativo la documentazione comprovante la circostanza dedotta. Sostiene, a tal proposito, che l’integrazione sarebbe consentita dalla stessa Circolare dell’Agenzia che accorda al contribuente la possibilità di effettuare successivamente le dichiarazioni previste dalla legge ed erroneamente omesse nell’atto di acquisto.

p. 6. Le prime due censure da esaminarsi congiuntamente per la loro intima connessione sono infondate.

I Giudici di appello, dopo aver chiaramente descritto la fattispecie, individuando esattamente l’atto impugnato, hanno pronunciato la decadenza del contribuente dall’agevolazione intempestivamente richiesta, citando la normativa applicabile alla fattispecie. La C.T.R., sia pure in maniera sintetica, ha ritenuto di rigettare il ricorso per l’intervenuta decadenza dall’agevolazione, di talchè il riferimento ad una inesistente istanza di rimborso – di cui non si fa cenno nemmeno nello svolgimento del processo della sentenza – induce a ritenere che trattasi di un mero refuso che non ha inciso sulla decisione di rigetto della domanda di riconoscimento dell’agevolazione cd. “prima casa”.

La legittimità dell’avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazioni delle sanzioni è stata dunque correttamente accertata attraverso un apprezzamento in fatto e di diritto del tutto in linea con la giurisprudenza di questa Corte.

Ed infatti, la C.T.R. nel richiamare la normativa applicabile alle agevolazioni cd. “prima casa”, chiarisce come la facoltà di usufruire di detti benefici comporti l’assolvimento di oneri previste. da altre norme della medesima disposizione che ne dispongono la decadenza in attuazione di rigide previsioni del legislatore.

Deve, dunque, rilevarsi come la lettura della sentenza impugnata dia piena contezza della circostanza che in essa non sussiste una carenza motivazionale, avendo la C.T.R. chiaramente affermato che il contribuente era decaduto dal beneficio.

Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita, sia pur sinteticamente e con riferimento alle previsioni legislative disciplinanti la materia, le ragioni della decisione. I profili di omissione e contraddittorietà della motivazione, censurati con i motivi in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (cfr. Cass. 5315/2015; Cass. 9105/2017).

p 7. Il terzo motivo è manifestamente infondato.

La previsione normativa è così conformata: 1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o consuntivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:

a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.

Come da ultimo ribadito da questa Corte (Cass. 11265/2016; Cass. 3457/2016), la nota 2^ bis, della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, prevede, come si desume dal tenore letterale della norma (che utilizza avverbi disgiuntivi), due distinti criteri, il primo fondato sulla residenza, ed il secondo riferito alla sede di lavoro; ne consegue che l’impegno di trasferire la residenza, da assumere in seno all’atto, e la sanzione di decadenza per il relativo inadempimento, riguardano solo l’acquirente che invochi l’omologo criterio territoriale, e non anche il caso in cui si faccia valere il criterio della sede di lavoro; tanto, in consonanza con lo scopo perseguito dall’agevolazione, che consiste nell’incentivare l’investimento del risparmio nella proprietà di una unità immobiliare specificamente nel Comune “di residenza” o “di lavoro” dell’interessato (v. Cass. 2670/2013).

Decisivo appare, pertanto, accertare se il contribuente, in seno all’atto di acquisto, abbia invocato solo il criterio della residenza o, invece, quello della sede di lavoro; nel primo caso, invero, per come più volte chiarito da questa Corte, non può essere data alcuna rilevanza a circostanze di fatto (“dimora abituale”) e la spettanza del beneficio dovrà essere valutata solo in base alla residenza (quale risultante dalle certificazioni anagrafiche) nel Comune ove è ubicato l’immobile (Cass. 4628/08; 23579/2012); solo nel secondo caso, invece, la spettanza del beneficio dovrà essere valutata in base all’accertamento sull’effettiva sede di lavoro del contribuente nel Comune ove è ubicato l’immobile compravenduto.

Per quanto la dianzi trascritta norma di legge prescriva (come ha protestato la parte controricorrente) che sia, indefettibilmente e a pena di decadenza, dichiarata in atto la sola intenzione della parte acquirente di trasferire la residenza nel comune di ubicazione dell’immobile entro il termine di mesi 18, e nulla di analogo preveda a proposito della sussistenza degli altri requisiti alternativi ai quali è pure subordinato il riconoscimento del requisito, non vi è dubbio alcuno che la prospettazione – nel contesto dell’atto di acquisto – di detto specifico requisito a fondamento della richiesta di applicazione del beneficio non sia surrogabile “a posteriori” a mezzo della dimostrazione dell’esistenza di un qualsivoglia altro tra quelli analogamente previsti, perchè con questi ultimi manifestamente confligge.

Risulta evidente che la norma debba necessariamente comprendere anche la diversa dichiarazione di volersi trasferire nel luogo di lavoro.

Ciò che conta, dunque, non è il momento conclusivo del procedimento di trasferimento della residenza, ma quello nel quale il contribuente manifesta, con la sua domanda, l’intenzione – poi concretamente realizzata – di ottenere la nuova residenza anagrafica.

Ed invero, non vi sarebbe ragione per l’acquirente di dichiarare l’intenzione di cui si è detto, se egli già godesse del requisito attuale al momento della stipulazione dell’atto, sicchè appare chiaro che la legge ha inteso espressamente imporre la dichiarazione di detta intenzione appunto per escludere – per implicito – la riserva mentale dell’intenzione di avvalersi di requisiti diversi, ed in specie di quello dello svolgimento della “attività” (non meglio specificata e da presumersi riferita al lavoro di qualsivoglia specie) sicuramente difficile da indagare a posteriori, ove si volesse supporre che ne basti la rievocazione a ritroso.

Dunque, in tanto l’agevolazione può essere riconosciuta, in quanto l’avente diritto ne faccia esplicita richiesta ed opzione in occasione dell’acquisto avanti al notaio; chiamato, quest’ultimo, a raccogliere e riportare in atto le dichiarazioni rilevanti resegli dalle parti contraenti, nonchè ad allegare all’atto stesso tutta la documentazione necessaria per legge o volontà delle parti, nella quale certamente rientra – ai fini dell’ottenimento dell’agevolazione fiscale in oggetto – quella concernente il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa dell’acquirente. Sotto questo aspetto, non appare rilevante che tra le dichiarazioni tassativamente richieste dalla disciplina agevolativa di specie non rientri quella partitamente dedicata al luogo di svolgimento dell’attività lavorativa. Posto che la necessità di quest’ultima discende dai principi generali in tema di dichiarazione fiscale e, segnatamente, dalla generale subordinazione dell’agevolazione alla formulazione da parte del contribuente di specifica ed inequivoca istanza; avente contenuto di dichiarazione non di mera scienza, ma di volontà, in quanto orientata all’esercizio di un diritto soggettivo.

In secondo luogo, la natura provvisoria inizialmente attribuibile al riconoscimento dei benefici in questione implica la necessità che l’amministrazione finanziaria venga posta in condizione di successivamente verificare la sussistenza dei presupposti agevolativi, se ed in quanto questi ultimi siano stati dedotti nell’atto prima della sua sottoposizione a registrazione (non già, pena l’inammissibile introduzione di elementi di incertezza dell’imposizione, in epoca successiva: Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14122 del 11/06/2010; Cass. 2016 n. 2777; 2016/8355).

Alla luce del trascritto principio, deve senz’altro escludersi che la medesima agevolazione – originariamente invocata in ragione dell’esistenza di uno specifico presupposto – possa poi essere recuperata in ragione di un differente presupposto una volta che si sia accertato inesistente quello su cui si confidava (Cass. n. 13850/2017; Cass. 11265/2016; Cass. 3457/2016).

Orbene, nel caso di specie, è incontroverso che l’acquirente si sia limitato ad indicare in atto, quale esclusivo presupposto di agevolazione, l’assunzione del proprio obbligo (rimasto inadempiuto) di trasferimento della residenza nel termine di legge; senza fare menzione alcuna del requisito alternativo del luogo lavorativo (la cui sussistenza e rilevanza sono state sostenute soltanto in pendenza del contenzioso), rammentandosi solo tre anni dopo la notifica dell’avviso di liquidazione di dichiarare i diversi presupposti per il beneficio.

Ne consegue che, conformemente a quanto sostenuto dalla commissione tributaria regionale, in assenza di formale richiesta da parte dei contribuenti, nell’atto di acquisto, dell’agevolazione fiscale in base allo specifico ed autonomo requisito del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, legittimo deve essere ritenuto l’avviso di liquidazione con il quale l’amministrazione finanziaria rilevato il mancato tempestivo trasferimento della residenza anagrafica preannunciato nell’atto di acquisto – ha proceduto alla revoca delle agevolazioni provvisoriamente riconosciute (Cass. n. 2777/16; Cass. 8355/2016).

Va infatti qui richiamato l’ormai consolidato orientamento interpretativo secondo cui le agevolazioni in oggetto presuppongono, nel concorso di tutti gli altri requisiti, il tempestivo trasferimento nell’immobile della residenza anagrafica, risultando per contro irrilevante la realtà fattuale (Cass. nn. 10027/01; 10151/02; 1173/08;  Ord.1530/12;  2266/14).

Il ricorso deve essere respinto.

Per il principio della soccombenza, le spese sostenute dall’Agenzia vanno poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla refusione delle spese sostenute dall’ufficio che liquida in euro 2.050,00, oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 23 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2018

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