Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 650 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 650 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA TIMP ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

dello Stato,

presso la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n.
12;
– ricorrente contro
Fallimento NMREETCISCO srl,

in persona del curatore,

rappresentata e difesa dall’avv. Giulio Nevi ed elettivamente
domiciliata in Roma presso l’avv. Fiorella D’Artibale alla via
Tibullo n. 11;
– controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
del Lazio n. 388/39/08, depositata il 24 giugno 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12 giugno 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avvocato dello Stato Bruno Dettori per la
ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso per

Data pubblicazione: 15/01/2014

Cartella
di
pagamento
imposte dirette
in
liquidazione
base
alla
dichiarazione

raccoglimento del ricorso.
SVCIAMIENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone
l’appello, ha confermato l’annullamento della cartella di
pagamento, notificata il 12 ottobre 2004 alla srl Narketcisco,
relativa alla dichiarazione dei redditi per l’anno 1999, la cui
alla fonte.
Il giudice d’appello preliminarmente accoglieva l’eccezione
della contribuente di nullità della notifica dell’atto impugnato,
in quanto “con un unico atto erano state notificate numero 9
cartelle”; quanto al merito, riteneva “infondato l’appello
proposto e non condivideva le argomentazioni dell’atto di
appello_ condivideva l’operato dei primi giudici in quanto
l’appellante ripropone, in questa sede, le affermazioni e
argomentazioni disattese dai giudici di primo grado con ampia
motivazione, per cui la decisione e motivazione non meritano
censura e vanno confermate mentre l’appello va respinto”.
La curatela del fallimento della srl Marketcisco resiste
con controricorso.

pram

DEM, DECISICNE

Con il primo notivo, denunciando violazione e falsa
applicazione degli artt. 42, 43 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973,
nonché 156 cod. proc. civ., l’amministrazione ricorrente censura
la sentenza impugnata per avere implicitamente collegato
l’invalidità del provvedimento notificato all’invalidità o
insussistenza della notifica al fatto che questo sarebbe stato
comunicato al destinatario inserito in unica busta con altre
cartelle esattoriali, senza neppure prendere in considerazione la
possibilità che la tempestiva impugnazione da parte della società
del provvedimento così ad essa notificato implichi una sanatoria
dell’eventuale invalidità, alla luce del principio generale
stabilito dall’ultima norma in rubrica.
Il motivo è fondato, ove si consideri che la nullità della
notificazione della cartella esattoriale deve ritenersi sanata,
ai sensi dell’art. 156, secondo coma, cod. proc. civ., per

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liquidazione aveva evidenziato l’omesso versamento di ritenute

effetto del raggiungimento dello scopo dell’atto, il quale,
postulando che alla notifica invalida abbia fatto comunque
seguito la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, può
desumersi anche dalla tempestiva impugnazione – come nella specie
– dell’atto invalidamente notificato (Cass. n. 15849 del 2006).
Con il secondo motivo, denunciando la nullità della
sentenza per difetto assoluto di motivazione, in violazione
dell’art. 36, coma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché
disp. att. Cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod.
proc. civ., critica la sentenza impugnata per aver respinto
l’appello limitandosi a dire che l’ufficio non avrebbe fatto
altro che riproporre le medesime difese già avanzate nel primo
grado di giudizio, senza però precisarne il contenuto, affermando
di converso che le ampie conclusioni della CTP, il cui tenore ed
oggetto neppure viene indicato, analogamente al theme décidbnotim
del ricorso introduttivo, sarebbero invece da condividere,
anziché precisare l’oggetto del contendere davanti alla CTP e,
presa puntuale posizione sulle difese svolte
dall’amministrazione, evidenziare le ragioni, in fatto o diritto,
oltreché logiche, che obiettivamente portino a ritenere più
aderente alla realtà l’una o l’altra delle soluzioni proposte.
Con il terzo motivo, formulato in subordine, denuncia falsa
applicazione dell’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973, nonché
violazione dell’art. 1, coma 5 bis del d.l. n. 106 del 2005, in
relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., negando possa
essersi verificata la decadenza dell’amministrazione, essendo
stata la cartella, relativa alla liquidazione di imposte dirette
in base alla dichiarazione per l’anno 1999, notificata il 12
ottobre 2004, e quindi entro il termine fissato con la disciplina
transitoria dettata dal d.l. n. 106 del 2005.
Il secondo motivo è fondato, atteso che, anche nel processo
tributario, “ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546 – secondo cui la sentenza deve contenere, fra l’altro, la
“concisa esposizione dello svolgimento del processo” e “la
succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto” -, nonché
dell’art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura civile (sicuramente applicabile al rito tributario in

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degli artt. 111, sesto coma, Cost., 132 cod. proc. civ. e 118

forza del generale rinvio operato dall’art. 1, coma secondo, del
citato decreto delegato), la mancata esposizione in sentenza
dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa
e l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano
la nullità della sentenza, allorché rendono impossibile
l’individuazione del thema declohnolum e delle ragioni che stanno
a fondamento del dispositivo. Non adempie, inoltre, il dovere di
motivazione il giudice del gravame che si richiami per relationem
le argomentazioni, senza dar conto di aver valutato criticamente
sia il provvedimento censurato, sia le censure proposte” (Cass.
n. 3547 del 2002).
La motivazione della sentenza per relationem, come questa
Corte ha affermato, è infatti ammissibile, purché il rinvio venga
operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo
della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle
argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni
con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio (Cass. n.
7347 del 2012).
Con riguardo, in particolare, alla riproposizione, da parte
dell’amministrazione appellante, delle affermazioni e
argomentazioni disattese dai giudici di primo grado, non può che
ribadirsi come “nel processo tributario, ove l’Amministrazione
finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le
stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della
legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado,
in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la
legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi
assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53
del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo il quale il ricorso
in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione”
e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno
dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al
controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma
rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito” (Cass. n.
3064 del 2012); e come “la riproposizione in appello delle stesse
argomentazioni poste a sostegno della validità dell’atto
impugnato dal contribuente, in quanto considerate

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– come nella specie – alla sentenza impugnata, di cui condivida

dall’amministrazione finanziaria idonee a sostenere la
legittimità dell’atto stesso e confutare le diverse conclusioni
cui è pervenuto il giudice di primo grado, assolve l’onere
d’impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546” (Cass. n. 14031 del 2006).
I primi due motivi del ricorso, assorbito l’esame del terzo
motivo, devono essere pertanto accolti, la sentenza impugnata
deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad
P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito
il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale
del Lazio.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2013.

altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

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