Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6498 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. I, 17/03/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 17/03/2010), n.6498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in Roma, via R.

Grazioli Lante 76, presso l’avv. Jasonna Stefania, rappresentato e

difeso dall’avv. ITRO Giovanni giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, in data 26 luglio

2006, nel procedimento iscritto al n. 53185/05 Ruolo Affari Diversi;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 dicembre 2009 dal relatore, cons. SCHIRO’ Stefano;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. SGROI Carmelo, che nulla ha osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’avvocato del ricorrente, con la quale – rilevato che: “La Corte d’appello di Roma, con decreto in data 26 luglio 2006, ha accolto parzialmente la domanda di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, proposta da F.C. nei confronti del Ministero della giustizia in relazione all’eccessivo ritardo nella definizione di un procedimento esecutivo nel quale l’istante si era inserito con atto di intervento come creditore, condannando il Ministero al pagamento della somma di Euro 10.500,00, oltre interessi legali e spese processuali.

Ricorre per Cassazione il F., con atto notificato il 21 luglio 2007, sulla base di tre motivi. Il Ministero non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede» – si e’ altresi’ osservato che:

La Corte d’appello – premesso che il ricorrente era intervenuto nella procedura esecutiva con atto del febbraio 1987 e che la detta procedura, complessa in quanto involgente una divisione ereditaria, era ancora pendente nel giugno 2005 – ha accertato una irragionevole durata del processo esecutivo di quindici anni, mentre ha giudicato congruo il termine di tre anni.

Il primo motivo – con il quale ci si duole che la Corte d’appello non abbia tenuto conto anche della durata del processo di opposizione ex art. 619 c.p.c., protrattosi per otto anni – e’ manifestamente infondato. Difatti, la Corte d’appello, nel considerare l’intero periodo di diciotto anni – dal 1987 al 2005 – della procedura esecutiva, ha valutato anche il periodo, in esso ricompreso, necessario per lo svolgimento del giudizio di opposizione.

Manifestamente fondati appaiono invece il secondo ed il terzo motivo, relativi alla insufficiente liquidazione del danno non patrimoniale, essendosi la Corte d’appello discostata, senza fornire alcuna adeguata motivazione, dal parametro minino, discendente dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di Euro 1.000,00 per anno di ritardo.

In conclusione, ove si condividano i teste’ formulati rilievi, il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all’art 375 c.p.c.;

B) osservato che osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, ma ha rilevato che, secondo la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, l’indennizzo va determinato di regola in misura non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore ad Euro 1.000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/21840);

ritenuto che, alla stregua delle argomentazioni che precedono, deve essere rigettato il primo motivo di ricorso, mentre vanno accolti il secondo e il terzo motivo e che di conseguenza il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

B1) ritenuto altresi’ che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1; che, in particolare, va determinato in quindici anni, secondo la non censurata valutazione del giudice di merito, il periodo di durata non ragionevole del processo;

considerato che il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; che, secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purche’ detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversita’ di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; ritenuto che tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, ad un parametro non inferiore ad Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/21840); che di conseguenza si deve riconoscere al ricorrente, in considerazione della accertata durata non ragionevole di quindici anni, l’indennizzo di Euro 14.250,00 oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero della giustizia soccombente;

B2) considerato altresi’ che le spese del giudizio di merito e di quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, compensate per la meta’ quelle del giudizio di cassazione tenuto conto dell’accoglimento parziale del ricorso, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione delle spese relative a entrambi i giudizi in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il primo motivo e accoglie il secondo e il terzo. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 14.250,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonche’ di quelle del giudizio di cassazione, compensate per la meta’, che si liquidano per l’intero in Euro 665,00 di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. Giovanni Itro, dichiaratosi antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

 

 

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