Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6494 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 14/03/2017, (ud. 21/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11192-2015 proposto da:

D.S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIANGIACOMO

PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato SIMONA CAPRIOLO, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3050/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/201G dal Consigliere Dott. MOSCARINI ANNA;

udito l’Avvocato SIMONA CAPRIOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il condominio di via Caroncini 53 citò in giudizio B., T. e la soc. Industrie Rolli Alimentari spa per aver mutato la destinazione di alcuni locali siti nel condominio e per aver alterato l’aspetto architettonico dell’edificio. Chiese il ripristino ed il risarcimento del danno. Si costituirono i convenuti e la società spiegò riconvenzionale per ottenere l’installazione di un citofono. In corso di causa il condominio si ritirò dal giudizio, ma intervennero i condomini C. e D.S. conferendo congiuntamente e solidalmente unico mandato all’avv. Pizzi per proseguire la causa contro la soc. Rolli. Dopo poco C. scrisse una lettera all’avv. Pizzi con la quale dichiarava di rinunziare a proseguire il giudizio contro la soc. Rolli. A questa lettera non fece seguito alcuna accettazione da parte del condominio, dei tre convenuti e della D.S., nè alcun provvedimento del giudice. Proseguita la causa, il Tribunale dichiarò che per il condominio attore e per l’intervenuto C. era cessata la materia del contendere, ma che era necessario decidere essendo rimasta in giudizio la D.S., che aveva fatto proprie le originarie domande del condominio. Dunque, ritenne infondata la domanda attrice e degli intervenuti, accolse la riconvenzionale della soc. Rolli relativa al citofono e, quanto alle spese, le pose “per metà a carico del condominio e per metà a carico di D.S.M. dato l’abbandono della causa nel corso del giudizio da parte del condominio”.

Propose appello la D.S., notificandolo a tutte le parti, compreso il C., il quale rimase contumace in appello.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 12/5/2014, statuì: che la D.S. era legittimata a proporre appello, avendo spiegato in primo grado comparsa di intervento, ma che la stessa non era legittimata a lamentare l’eventuale illegittimità dell’estromissione del C., in relazione alla quale doveva ritenersi legittimato il solo C. stesso; che era generica la domanda di condanna del predetto alle spese di lite nei confronti di soggetti non individuati.

Avverso la sentenza la D.S. ha presentato ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso la D.S. censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 e 4 e degli artt. 75, 81, 91, 92, 99 e 100 c.p.c., art. 354 c.p.c., comma 1, dell’art. 24 Cost., nonchè dell’art. 1298 c.c., comma 1 e 2 in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

La ricorrente sostiene che il mandato in primo grado era stato rilasciato congiuntamente dal C. e da essa D.S. sicchè, agli effetti delle spese, entrambi dovevano essere considerati come una parte sola.

Da ciò consegue, ad avviso della ricorrente, che la Corte d’Appello avrebbe dovuto riformare la prima sentenza “se non altro addebitando le spese di primo grado alla parte che era solidalmente e inscindibilmente costituita da due persone…”.

In altri termini, la Corte d’Appello avrebbe dovuto ritenere soccombente non solo la D.S., bensì anche il C., in considerazione della loro solidarietà: solidarietà spezzata solo in secondo grado, quando la D.S. nominò un altro avvocato (pertanto, in questa sede si fa questione di rimborso solo delle spese di primo grado e non di quelle del secondo).

La sentenza d’appello avrebbe illegittimamente confermato l’estromissione del C. (con lei interventore in primo grado mediante un unico atto e mandato congiunto al medesimo difensore) ed omesso di condannare il medesimo a pagarle la metà delle spese che lei era stata condannata a pagare (ed aveva pagato per intero) in primo grado ai B./ T. ed alla soc. Rolli.

Per valutare, innanzitutto, l’ammissibilità del ricorso, occorre verificare se le domande fossero state formulate dalla D.S. già nell’atto di appello.

Nell’atto introduttivo del giudizio di appello la D.S. aveva, nell’ambito di un più complesso secondo motivo, eccepito l’erronea estromissione dal giudizio dell’ing. C. in violazione dell’art. 354 c.p.c., ed aveva ripreso la questione nel quarto motivo -rubricato “violazione dell’art. 306 c.p.c., ed ingiustificata estromissione dell’ing. C.G.” – con il quale aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui la stessa aveva, inesattamente, rilevato la rinunzia del C., nonostante detta rinunzia non fosse stata nè sottoscritta nè notificata dal medesimo.

Nella sentenza di primo grado (prodotta in allegato al ricorso) non v’era stato un formale provvedimento d’estromissione del C., ma semplicemente il primo giudice aveva dato atto della sua rinunzia, accertato la cessazione della materia del contendere per il condominio e per il C. e, infine, posto le spese del giudizio per metà a carico del condominio e per metà a carico della D.S., omettendo qualsiasi provvedimento a carico del C..

La sentenza d’appello aveva dato atto che l’appellante principale D.S. avesse lamentato in quella sede (pag. 4 della sentenza d’appello punto 4) “la violazione dell’art. 306 c.p.c. ed ingiustificata estromissione dell’ing. C.G.”, aveva riconosciuto (pagg. 5/6) che la D.S. fosse legittimata a proporre appello (siccome interventrice in primo grado) ma non legittimata a chiedere per quanto attiene all’estromissione del C., rimessa alla disponibilità del solo estromesso. Infine, a pag. 7 (punto 4) la sentenza aveva ripetuto che l’illegittima estromissione del C. avrebbe potuto essere eccepita esclusivamente dall’estromesso stesso “mentre è del tutto generica la domanda di condanna del predetto alle spese di lite nei confronti di soggetti non individuati”.

La censura della D.S., proposta dinanzi questa Corte, è non solo ammissibile, avendo la stessa già proposto le censure in grado di appello, ma anche fondata. La D.S. aveva formulato ben due motivi di appello nei quali trattava la questione dell’illegittima estromissione del C. dal giudizio, ma aveva anche concluso (punto sub b) delle conclusioni) in tal senso affinchè la Corte d’Appello dichiarasse ingiusta l’estromissione dell’ing. C.G. e, in via ancor più subordinata, condannasse il medesimo in solido al pagamento della metà delle spese di giudizio.

Il C. aveva agito con la D.S. in primo grado, avrebbe dovuto essere considerato una parte processuale unica con la medesima e doveva rispondere con lei (quale soccombente solidale) per le spese in favore delle controparti vittoriose.

La statuizione della Corte d’Appello secondo la quale “La dedotta illegittima estromissione del C. non può validamente essere eccepita dalla D.S. ma esclusivamente dall’estromesso mentre del tutto generica è la domanda di condanna del predetto alle spese di lite nei confronti di soggetti non individuati”, contrasta con il combinato disposto dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 1298 c.p.c., commi 1 e 2.

Il giudice d’appello avrebbe dovuto disporre, in base al principio della soccombenza, che le spese del primo grado erano imputabili sia alla D.S. sia al C. ed avrebbe dovuto, in forza della solidarietà passiva di cui all’art. 1298 c.c., condannare il C. alla metà delle spese processuali sostenute dalla D.S. in primo grado, presumendosi uguali, in difetto di prova contraria, le parti di ciascuno dei condebitori in solido.

Sussistono i presupposti per l’accoglimento del ricorso e per la decisione nel merito, con le statuizioni consequenziali anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna C.G. in solido con D.S.M. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, come liquidate dal Tribunale di Roma. Compensa le spese del giudizio di appello tra le stesse parti. Condanna il C. al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 800, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali al 15%.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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