Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6493 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 09/03/2021), n.6493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23148/2015 proposto da:

P.N.R.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZO FERRANTE;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE IRCCS ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

EMILIA 86/90, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CORAIN, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORENZO LAMBERTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 369/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/07/2015 R.G.N. 1449/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ACHILLE BORRELLI per delega verbale Avvocato

VINCENZO FERRANTE;

udito l’Avvocato LORENZO LAMBERTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La dottoressa P.N.R.E., dirigente medico di primo livello in servizio presso l’Istituto Nazionale dei Tumori poi divenuto Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, convenne in giudizio l’Istituto e chiese che venisse accertata e dichiarata l’illegittimità della soppressione delle ferie dalla stessa maturate disposta unilateralmente con provvedimento del 3 febbraio 2005 (91 giorni alla data del 31.12.2004) con condanna della Fondazione convenuta a ricostituire il monte ferie risultante alla data del 31.1.2005 ovvero in subordine a corrisponderle l’indennità sostitutiva risarcendola del danno subito.

2. Il Tribunale accoglieva le domande e dichiarava il diritto della P. a vedersi ricostituito il monte ferie come richiesto.

3. La Corte di appello di Milano investita del gravame da parte della Fondazione, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso.

3.1. Il giudice di appello osservava che non era invocabile la tutela comunitaria delle ferie annuali atteso che l’ambito di applicazione della direttiva 4.11.2003 n. 2033/88, che riprendeva disposizioni analoghe della direttiva 23.11.1993 n. 93/104, era solo il periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane ex art. 1, comma 2, lett. a), e art. 7, comma 1, della direttiva stessa, che era stato pacificamente goduto dalla appellata.

3.2. Riteneva che legittimamente la contrattazione collettiva, nel prevedere una più ampia durata del riposo annuale, ne aveva subordinato il godimento a ulteriori requisiti e condizioni.

3.3. Evidenziava che nella specie la disposizione collettiva (l’art. 21 c.c.n.l.) pur ribadendo il principio dell’irrinunciabilità delle ferie, che non possono essere monetizzate, aveva tuttavia previsto che le stesse debbano essere programmate in modo da poter essere esaurite nel corso dell’anno ovvero, nel caso in cui ciò non risulti possibile per esigenze di servizio indifferibili, entro il primo semestre dell’anno successivo e che solo in caso di malattia o infortunio sarebbe stato possibile derogare a tale regola.

3.4. Sottolineava che l’indennità sostitutiva spettava poi laddove la mancata fruizione fosse dipesa da cause di servizio o comunque da ragioni indipendenti dalla volontà del lavoratore evidenziando che, comunque, questa poteva essere erogata solo all’atto della cessazione del rapporto.

3.5. Alla luce di tali premesse quindi la Corte di merito riteneva che la dottoressa P. non avesse dimostrato i fatti costitutivi della domanda; che non avesse provato di aver domandato le ferie e che le stesse le erano state negate sottolineando che a tal fine non rilevava la nota del 9 marzo 2005, del direttore dell’unità organizzativa alla quale era assegnata, la quale evidenziava genericamente che le ferie non erano state godute per carenza di personale ed esigenze di servizio.

3.6. Escludeva infine che potesse avere alcun rilievo decisivo la circostanza che negli anni precedenti la Fondazione aveva avuto un comportamento elastico con riguardo al tardivo godimento delle ferie arretrate sottolineando che l’atteggiamento più rigoroso adottato era derivato dai rilievi mossi alla Fondazione dal Collegio dei revisori nell’ottobre del 2004.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la dottoressa P. affidato a cinque motivi. Ha opposto difese con controricorso la Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., comma 3, e della L. n. 66 del 2003, art. 10.

5.1. Sostiene la ricorrente che la sentenza incorrerebbe nella denunciata violazione di legge laddove afferma che alle ferie eccedenti la soglia di quattro settimane annue si applicherebbe solo la disciplina del contratto collettivo.

6. Con il secondo motivo di ricorso la dottoressa P. deduce che la sentenza sarebbe incorsa nella violazione del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 10, oltre che nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, laddove ha ritenuto che non fosse applicabile al caso in esame la citata disposizione.

6.1. Sostiene la ricorrente che erroneamente la sentenza avrebbe ritenuto che alla fattispecie non trovasse applicazione la disposizione richiamata senza considerare che il provvedimento che ha determinato la soppressione delle ferie era successivo alla data di entrata in vigore della stessa. Il provvedimento che si assume lesivo del diritto della ricorrente è infatti del 3.2.2005 ed il D.Lgs. citato è entrato in vigore il 23 aprile 2003 sicchè almeno una parte delle ferie soppresse erano maturate nella sua vigenza e, peraltro, l’applicazione del decreto legislativo non era stata posta in dubbio neppure dalla Fondazione che anzi ha azzerato le ferie proprio invocando la disposizione che ne impone il godimento nei diciotto mesi successivi all’anno di maturazione.

6.2. Rileva ancora che la sentenza non ha chiarito se la disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 66 del 2003 se ne differenziasse e sottolinea che comunque la sentenza richiamando la c.d. soglia minima comunitaria fa riferimento proprio alla disciplina dettata dalla direttiva.

6.3. Da ultimo rammenta che la circostanza che le ferie fossero maturate prima dell’entrata in vigore della norma invocata non ne avrebbe precluso l’applicazione atteso che le stesse risultavano ancora tutte dalla busta paga del gennaio 2005 prodotta in atti.

7. Con il terzo motivo di ricorso è censurata la sentenza per avere violato o falsamente applicato l’art. 2109 c.c., comma 2, e art. 2087 c.c., oltre che del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, per avere la sentenza affermato che il diritto alle ferie non sarebbe irrinunciabile e che sarebbe onere del lavoratore attivarsi per fruirne senza che sia compito del datore di lavoro di organizzare la propria attività in modo da far godere delle ferie ai propri dipendenti.

8. Con il quarto motivo di ricorso ci si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 21 CCNL dirigenti medici del 5.12.96 e successive modificazioni e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, per avere la sentenza affermato che, in difetto di richiesta del lavoratore, le ferie non consumate si sarebbero estinte deducendone, conseguentemente, che la loro mancata fruizione sarebbe dipesa dalla lavoratrice che non aveva provato di avere programmato le ferie e di non averne, poi, potuto godere per effetto del diniego da parte dell’Istituto.

9. Con il quinto motivo di ricorso è denunciato un vizio di motivazione e la violazione dell’art. 2697 c.c., e del D.Lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui la sentenza afferma che sarebbe spettato alla ricorrente fornire la prova dell’esistenza di ragioni aziendali tali da impedire il godimento delle ferie.

10. Il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, da esaminarsi prima di ogni altra censura in quanto aventi priorità logica e congiuntamente perchè tra loro connessi, sono fondati e devono essere accolti.

10.1. Rileva il Collegio che questa Corte si è già occupata di un caso sovrapponibile al presente che aveva interessato proprio dei medici dipendenti della Fondazione oggi convenuta che si dolevano della reiezione della domanda di monetizzazione delle ferie maturate e non godute alla data del 1.1.2005 (cfr. Cass. 26/01/2017 n. 2000) ed ha accolto il ricorso che conteneva censure sovrapponibili nel contenuto a quelle avanzate avverso la sentenza qui gravata.

10.2. Anche in quel giudizio la sentenza impugnata aveva ritenuto che in virtù dell’art. 21 CCNL del 1996 dell’area della dirigenza medica, il dirigente medico deve programmarsi le ferie e richiederle in modo da fruirne nel corso dell’anno o, se ciò non è possibile per indifferibili esigenze di servizio o personali, entro il primo semestre dell’anno successivo. Ugualmente la sentenza aveva affermato che la contrattazione collettiva non distingue tra dirigenti apicali e non, di modo che, non essendo stata dimostrata l’avvenuta programmazione delle ferie ed il diniego da parte dell’istituto, la domanda dovesse essere rigettata, anche per mancanza di allegazione e prova di natura e caratteristiche del pregiudizio sofferto, in ipotesi, a cagione del mancato godimento delle ferie in oggetto.

10.3. In quel giudizio, condivisibilmente si è ritenuto che la sentenza impugnata si fosse discostata dall’insegnamento giurisprudenziale al quale anche questo Collegio intende dare continuità (cfr. Cass. S.U. 17/04/2009 n. 9146), secondo il quale l’art. 21, comma 13 del CCNL 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria (che dispone il pagamento delle ferie nel solo caso in cui, all’atto della cessazione del rapporto, risultino non fruite per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente) va interpretato in modo conforme al principio di irrinunciabilità delle ferie, di cui all’art. 36 Cost., di guisa che si applica solo nei confronti dei dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro e non anche nei confronti dei dirigenti privi di tale potere.

10.4. L’odierna ricorrente, medico inquadrata come dirigente di primo livello, è in posizione sott’ordinata a quella dei dirigenti di secondo livello e alla direzione sanitaria responsabile della conduzione della struttura ospedaliera. Pertanto in assenza di prova (Ndr: testo originale non comprensibile) non aveva il potere di programmarsi le ferie e di autoattribuirsene il godimento.

10.5. Ne consegue che alla ricorrente si applica il principio generale secondo cui il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha soltanto l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità suddetta, mentre incombe al datore di lavoro l’onere di fornire la prova del relativo pagamento (cfr. Cass. 27/04/2015 n. 8521, 22/12/2009 n. 26985 e 03/12/2004n. 22751).

10.6. Non si applica, invece, il principio secondo cui il dirigente che sia titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, ove non eserciti detto potere e non fruisca, quindi, del periodo di riposo, non ha il diritto all’indennità sostitutiva, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive, ostative alla suddetta fruizione.

10.7. Quanto alle sopravvenute dimissioni della P., nel 2018, nell’ambito delle quali la stessa ha inteso rinunciare all’indennità sostitutiva per le ferie maturate a compensazione del mancato preavviso va rilevato che la Fondazione nelle note ha eccepito che per l’effetto il diritto sarebbe stato soddisfatto e il ricorso sarebbe “improcedibile”. Sostiene poi che comunque il diritto non potrebbe oggi trovare soddisfazione atteso che l’unica obbligazione possibile sarebbe quella di pagamento dell’indennità sostitutiva a cui osta il D.L. n. 95 del 2012, art. 5, conv. in L. n. 135 del 2012, che al comma 8, esclude che nell’ambito delle amministrazioni pubbliche ferie riposi e permessi possano dar luogo a trattamenti sostitutivi (fatta eccezione per il caso di malattia).

10.8. Ritiene al contrario il Collegio che dall’esame della lettera di dimissioni del 23 ottobre 2018, autorizzato perchè refluisce sulla stessa ammissibilità della domanda formulata dalla P. in relazione al suo persistente interesse ad ottenere una decisione, va rilevato che l’oggetto della presente controversia consiste nel riconoscimento del diritto a godere di ferie, ovvero a percepire la relativa indennità sostitutiva, che la datrice di lavoro aveva d’ufficio soppresso (si fa riferimento a 67,91 giorni di ferie non godute). Nella nota del 23 ottobre 2018 depositata al contrario si fa riferimento a ferie maturate e non contestate (per giorni 46,43) che quindi la dottoressa P. ben avrebbe potuto chiedere di godere all’atto delle sue dimissioni ovvero ottenerne legittimamente il pagamento del controvalore economico.

10.9. In definitiva non risulta evidente una rinuncia che travolga anche l’azione proposta nel presente giudizio che pertanto non è in nessun modo attinto dalla proposta transattiva formulata.

11. In conclusione devono essere accolti il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, restando assorbito l’esame del primo e secondo motivo. Per l’effetto la sentenza cassata in relazione ai motivi accolti deve essere rinviata alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, si atterrà al seguente principio di diritto: “L’art. 21, comma 13, CCNL 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria (che dispone il pagamento delle ferie nel solo caso in cui, all’atto della cessazione del rapporto, risultino non fruite per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente) va interpretato in modo conforme al principio di irrinunciabilità delle ferie, di cui all’art. 36 Cost., di guisa che si applica solo nei confronti dei dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro e non anche nei confronti dei dirigenti privi di tale potere”.

11. Alla Corte del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il secondo.

Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

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