Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6492 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 28/02/2022, (ud. 28/09/2021, dep. 28/02/2022), n.6492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8880-2016 proposto da:

C.V.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ERITREA

n. 20, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GIUTTARI,

rappresentata e difesa dall’avvocato SCIAMMETTA MARIA CATENA;

– ricorrente principale –

contro

CONSORZIO PER LE AUTOSTRADE SICILIANE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO

DI BOCCEA n. 34, presso lo studio dell’avvocato ANNARITA FERA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELO MATAFU’;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 92/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/02/2016 R.G.N. 292/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/09/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.

la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, ha respinto integralmente la domanda sollevata da C.V.M. – agente tecnico esattore – finalizzata ad ottenere il riconoscimento dell’illegittimità del termine apposto ai contratti a tempo determinato intercorsi con il Consorzio Autostrade Siciliane (di seguito, CAS), a fronte della violazione del requisito della temporaneità delle esigenze, rigettando altresì la conseguente la domanda di conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato a far data dal luglio 2000, data della stipula del primo contratto a termine e di risarcimento del danno;

in primo grado il Tribunale aveva parzialmente accolto la domanda della lavoratrice riconoscendo l’illegittimità del termine apposto, respingendo la richiesta di conversione, ma attribuendo 22 mensilità di retribuzione a titolo di risarcimento;

la Corte d’appello, pur ritenendo provato che il contratto del 25.8.1997 concluso inter partes fosse privo di idonea causale, in violazione della normativa previgente di cui alla L. n. 230 del 1962, ha accolto il gravame, in quanto ha ritenuto non provato il danno subito dalla lavoratrice;

2.

la C. ha proposto quattro motivi di ricorso, poi illustrati da memoria, cui il CAS ha opposto controricorso, contenente anche un motivo di ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.

il primo motivo di ricorso afferma la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., sostenendosi che la violazione di esso impeditiva della conversione del rapporto non potrebbe realizzarsi allorquando l’assunzione a termine possa avvenire per chiamata diretta.

sotto altro profilo, con il secondo motivo si adduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 56 del 1997, e del D.P.R. n. 487 del 1994, artt. 27 e 28, in relazione alla L.R. 5 novembre 2001, n. 17, art. 5, perché la corte territoriale non aveva ha tenuto in considerazione l’equiparazione disposta da tale legge degli enti pubblici economici sottoposti a controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli Enti Territoriali ai datori di lavoro privati, rilevandosi altresì come le assunzioni fossero state disposte sulla base di graduatorie formate previa selezione e riportando il tutto anche ad una censura di difetto di motivazione su fatti decisivi ed omesso esame della documentazione;

i motivi riguardano entrambi, da diverse angolazioni, il tema del diritto del lavoratore ad ottenere la conversione a tempo indeterminato in ragione dell’accertata illegittimità del contratto a termine o di più d’uno di essi;

essi sono stati desistiti in memoria e ciò comporta l’inammissibilità di tali mezzi di impugnazione per cessata materia del contendere (Cass. 23 ottobre 2003, n. 15962);

2.

il terzo motivo affronta il tema del danno ed afferma la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, perché la Corte territoriale aveva posto in capo al lavoratore l’onere di provare il danno ai fini del risarcimento;

2.1

e’ noto che, secondo le S.U. di questa S.C., “in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito” (Cass., S.U. 15 marzo 2016, n. 5072);

2.2

il principio non può tuttavia trovare applicazione rispetto al contratto il cui termine è stato ritenuto invalido dalla Corte territoriale, quale origine illegittima della successiva reiterazione di contratti a termine dedotta in causa;

questo per la semplice ragione che il c.d. “danno Eurounitario” non può essere riconosciuto rispetto a contratti che siano anteriori rispetto alla Direttiva, dal cui allegato Accordo Quadro si desumono le regole relative alle condizioni di legalità proprie del ripetersi di contratti di lavoro a tempo determinato;

l’illegittimità di quel contratto del 1997 potrebbe sostenere una pronuncia risarcitoria, ove vi fosse prova piena del danno consequenziale, ma la Corte territoriale ha motivatamente escluso che una tale dimostrazione fosse stata raggiunta;

2.3

questa S.C. ha peraltro precisato (Cass. 12 aprile 2017, n. 9402) che, a fronte della deduzione di una fattispecie di reiterazione di rapporto a termine, la verifica rispetto al danno va effettuata sulla base di ciascun contratto dedotto in giudizio, non essendo sufficiente il riscontro di illegittimità soltanto del primo rapporto, come accade ove si disponga la conversione all’esito della quale la trasformazione a tempo indeterminato assorbe naturalmente ogni rilevanza dei contratti successivi;

l’esclusione del danno che e’, secondo la citata giurisprudenza, da presumersi, non può in sostanza avvenire senza che siano esaminati tutti i contratti dedotti in giudizio e senza che si verifichi che non ricorre illegittimità anche solo nel reiterarsi tra due di quelli che siano stati stipulati dopo che lo Stato italiano ha introdotto le norme di adeguamento alla Direttiva sulla cui base si misura la liceità del succedersi di rapporti a tempo determinato; è in questo senso che il motivo deve trovare accoglimento, non potendosi escludere il danno da reiterazione abusiva senza la disamina di quei contratti che parte ricorrente assume essersi stipulati anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001;

danno che, ovviamente, qualora la reiterazione sia appunto abusiva, troverà ristoro secondo i criteri di cui alla menzionata Cass., S.U. n. 5072 del 2016 cit.;

2.4

si può quindi affermare, declinando rispetto al caso di specie quanto ritenuto da Cass. n. 9402 del 2017, che l’illecito, c.d. Eurounitario, da reiterazione abusiva di contratti a termine, da ristorare secondo i criteri stabiliti da Cass., S.U., n. 5072 del 2016, non può radicarsi nella nullità di un termine apposto a contratto anteriore all’attuazione nel diritto interno della Dir. n. 1999/70/CE, ma va tuttavia valutato, qualora successivamente intervengano ulteriori rapporti a termine, verificando la legittimità anche di questi ultimi, sotto il profilo delle regole preposte ad impedire l’indebita reiterazione;

3.

il quarto motivo si incentra, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, sulla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 6, per non avere la Corte di merito valorizzato la funzione sanzionatoria della norma e per avere, accogliendo l’appello del CAS sul presupposto che non vi fosse stata prova del danno, implicitamente disatteso il gravame incidentale della lavoratrice con cui si chiedeva di incrementare la misura del risarcimento riconosciuta dal Tribunale;

il motivo va rigettato;

l’esclusione di una concreta prova del danno, in sé non attinta in punto di fatto da congrui rilievi nel corpo del motivo, rispetto ad una situazione di illegittimità ancora più grave perché risalente a contratto più antico, rende infatti definitiva l’esclusione di un risarcimento, al di fuori dei limiti entro cui esso, secondo il principio richiamato al punto 2 che precede, va presunto come conseguenza dell’eventuale illegittimità della reiterazione dei contratti a termine che fosse in ipotesi accertata;

4.

il ricorso incidentale resta invece assorbito in quanto esso, rispetto al contratto ritenuto illegittimo dalla Corte d’Appello, è superfluo;

infatti, come si è detto, quel contratto non può sorreggere una pronuncia sul danno c.d. Eurounitario presunto di cui a Cass., S.U. 5072/2016, mentre per quanto riguarda gli argomenti ivi spesi con riferimento ai contratti regolati dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essi non potranno che essere esaminati dal giudice del rinvio, nella verifica ad esso demandata sulla base di quanto sopra argomentato;

5.

in definitiva, con l’accoglimento del terzo motivo, la causa va rimessa al giudice del rinvio affinché decida i profili ancora da definire sulla base del principio di cui al punto 2.3 ed eventualmente, ove dovesse addivenire al riconoscimento dell’illegittimità dei contratti a termine ivi indicati, pronunci sul danno adeguandosi al principio riportato al punto 2.1, tenuto conto di quanto precisato al punto 3.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili i primi due e rigetta il quarto, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo come accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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