Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6492 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 09/03/2021), n.6492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 764/2020 proposto da:

K.B., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GUIDO ERNESTO MARIA SAVIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 29/11/2019

R.G.N. 28295/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SAN

LORENZO Rita, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con decreto n. 8764/2019 il Tribunale di Torino ha rigettato la domanda di protezione internazionale e umanitaria avanzata da K.B., cittadino del (OMISSIS).

2. Per quanto ancora qui rileva, il Tribunale ha osservato, in sintesi, che:

a) il richiedente non è credibile: egli ha descritto in modo molto generico la città di Menaka, nonostante avesse dichiarato di abitarvi dall’età di 12 anni; non conosce le lingue più parlate nella zona, non è a conoscenza del conflitto che nel 2012 interessò tale area; nel suo racconto vi sono contraddizioni in ordine al suo trasferimento; inverosimile è la narrazione relativa al pestaggio ad opera di banditi/ribelli nella foresta e alle vicende successive, come pure è inverosimile quanto riferito circa il suo transito in (OMISSIS);

b) il giudizio di non credibilità riverbera i suoi effetti su ogni forma di tutela invocata, ivi comprese la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), e la domanda relativa al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; è condivisibile, infatti, l’orientamento espresso da Cass. n. 15794 del 2019.

3. Il decreto è stato impugnato da K.B. con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

4. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

5. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per avere il decreto omesso di prendere in esame la grave instabilità del Mali e di vagliare le fonti più accreditate e aggiornate, pure allegate dal ricorrente, circa la situazione allarmante che interessa il nord e il centro del paese, con grave compromissione anche delle regioni meridionali. Ci si duole che il Tribunale abbia erroneamente fatto derivare dalla non credibilità del ricorrente il rigetto anche della domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c), omettendo qualsiasi ulteriore approfondimento istruttorio officioso.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in merito al rigetto della domanda di protezione umanitaria, che del pari è stato fatto derivare dalla non credibilità del narrato, così omettendo la necessaria indagine individualizzata circa l’eventuale esistenza di una condizione di vulnerabilità del richiedente.

3. Il ricorso è meritevole di accoglimento con riguardo a entrambi i motivi.

4. Va premesso che il decreto impugnato ha richiamato e fatto applicazione del principio espresso da Cass. n. 15794 del 2019 secondo cui, in materia di protezione internazionale, il vaglio di credibilità soggettiva, condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, trova applicazione con riguardo sia alla domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato, sia alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, in ciascuna delle ipotesi contemplate dall’art. 14 dello stesso decreto legislativo, con la conseguenza che, ove detto vaglio abbia esito negativo, l’autorità incaricata di esaminare la domanda non deve procedere ad alcun ulteriore approfondimento istruttorio officioso, neppure concernente la situazione del Paese di origine.

5. Tuttavia, tale orientamento è stato contraddetto da altre successive pronunce di questa Corte. Secondo l’orientamento qui condiviso e al quale il Collegio ritiene di dare seguito (Cass. n. 8819 del 2020 e n. 2954 del 2020, nonchè Cass. n. 3016 del 2019; v. pure Cass. v. pure, tra le più recenti, Cass. n. 10286 del 2020), il suddetto principio deve essere opportunamente precisato e circoscritto, nel senso che esso vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Di converso, il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, una volta assolto da parte del richiedente asilo il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (in tal senso, Cass. n. 8819 del 2020 e n. 2954 del 2020, in motivazione).

6. In conclusione, lo straniero che chieda il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non ha l’onere di presentare, tra gli elementi e i documenti necessari a motivare la domanda (art. 3, comma 1, D.Lgs. cit.), quelli che si riferiscono alla sua storia personale, salvo quanto sia indispensabile per verificare il Paese o la regione di provenienza, perchè, a differenza delle altre forme di protezione, in quest’ipotesi non rileva alcuna personalizzazione del rischio, sicchè, una volta che il richiedente abbia offerto gli elementi utili alla decisione, relativi alla situazione nello Stato o nella regione di origine, il giudice deve accertare anche d’ufficio se effettivamente in quel territorio la violenza indiscriminata in presenza di conflitto armato sia di intensità tale da far rischiare a chiunque vi si trovi di subire una minaccia grave alla vita o alla persona, senza che alcuna valutazione di non credibilità, che non riguardi l’indicazione dello Stato o regione di provenienza, possa essere di ostacolo a tale accertamento (Cass. 13940 del 2020, nel caso ivi esaminato questa Corte ha cassato la decisione di merito che, dopo aver dato atto dell’esistenza di una situazione di violenza generalizzata in (OMISSIS), Paese di origine del richiedente, ritenendo non credibile il racconto di quest’ultimo, non aveva compiuto alcun accertamento sulle condizioni socio-politiche ivi esistenti, necessarie per verificare se vi fosse una situazione di conflitto armato interno).

7. Parimenti da accogliere per analoghe ragioni è il secondo motivo.

8. Va condiviso il principio secondo cui il difetto d’intrinseca credibilità sulla vicenda individuale e sulle deduzioni ed allegazioni relative al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, non estende i suoi effetti anche sulla domanda riguardante il permesso umanitario, poichè essa è assoggettata ad oneri deduttivi ed allegativi in parte diversi, che richiedono un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità, dovendo il giudice attivare anche su tale domanda, ove non genericamente proposta, il proprio dovere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 7985 del 2020; nella specie, questa Corte ha cassato con rinvio la pronuncia del tribunale che aveva ritenuto assorbente il difetto di credibilità della narrazione del richiedente in ordine alle protezioni maggiori, omettendo tuttavia di verificare, in un caso in cui era stato allegato un certo grado di integrazione sociale e lavorativa, se la situazione generale del Paese di provenienza, non pregiudicasse il nucleo essenziale dei diritti umani inviolabili).

9. Il principio era stato già affermato precedentemente (Cass. n. 10922 del 2019) nel senso che il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, in relazione alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, da effettuarsi su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria, in quanto il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, deve essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti (v. pure Cass. n. 28990 del 2018 e n. 23604 del 2017).

10.Per tutte le indicate ragioni, in accoglimento dell’assorbente profilo di censura che investe tanto il capo della sentenza relativo al rigetto della protezione sussidiaria ci cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), quanto il capo della sentenza relativo al rigetto della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Torino, in diversa composizione, il quale procederà ad un nuovo esame di merito sulla base dei principi di diritto innanzi richiamati e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

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