Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6491 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 14/03/2017, (ud. 21/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17524/2014 proposto da:

COMUNE GUALDO TADINO, in persona del sindaco, legale rappresentante

pro tempore, sig. P.M., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA NIZZA, 53, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

PERNAZZA, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO PROIETTI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO TADINO, GRUPPO SPELEOLOGICO GUALDO TADINO;

– intimati –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende per legge;

– resistente –

avverso la sentenza n. 25/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 20/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito l’Avvocato FRANCESCA CARPENTIERI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Perugia in una controversia relativa al titolo di occupazione di alcuni immobili sorta tra il Ministero delle Finanze e il Comune di Gualdo Tadino e due associazioni locali, con sentenza del 20/1/2014 confermava le pronunce di primo grado n. 1028/2001 e n. 1432/2009 che avevano ordinato al Comune e all’Associazione Turistica pro Tadino il rilascio di un immobile con ingresso da via (OMISSIS), condannando i medesimi al pagamento di un indennizzo per l’occupazione indebita di Euro 29.017,14, oltre accessori; il Comune e il Gruppo Speleologico di Gualdo Tadino in solido al pagamento di Euro 1.420,37 oltre accessori, a titolo di occupazione senza titolo dell’immobile con ingresso in via (OMISSIS) 5 ed il solo Comune al pagamento di Euro 2.763,82 per l’occupazione di uno dei due immobili per un diverso periodo.

La Corte, preliminarmente, dichiarava infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata dal Comune in ragione di un preteso rapporto concessorio, accertando che il Comune era stato titolare, fin al 1971, dell’usufrutto su i due immobii e successivamente aveva stipulato con il Ministero dell’Economia e delle Finanze un regolare rapporto di locazione fino alla data del 1/1/89, dalla quale sarebbe decorso un periodo di occupazione sine titulo. Gli immobili erano stati poi concessi in godimento all’Associazione Pro Tadino e al Gruppo Speleologico in assenza di formalizzazione con atto scritto e detenuti da queste associazioni in buona fede.

Avverso la sentenza d’appello il Comune di Gualdo Tadino ha notificato, in data 27 giugno 2014, un ricorso per cassazione contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze affidato a quattro motivi. Si è costituito il Ministero ai fini della partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 1, per carenza di giurisdizione del giudice ordinario in materia di concessione di un bene demaniale.

Ad avviso del Comune ricorrente la sentenza sarebbe viziata nella parte in cui ha omesso di pronunciare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in materia di concessione di un bene demaniale. A fronte della domanda di accertamento che la detenzione del bene fosse sine titulo, avrebbe dovuto radicarsi una domanda dinanzi al giudice amministrativo investito di un’analisi genetico-funzionale del rapporto concessorio.

Il motivo è infondato in quanto nel caso di specie difetta un rapporto concessorio non avendo mai il Comune firmato alla scadenza dell’usufrutto alcuna concessione, nonostante sollecitato a tal fine ed avendo il Ministero proprio richiesto l’accertamento dell’occupazione sine titulo dell’immobile.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte la persistente utilizzazione di un bene demaniale da parte del concessionario dopo la scadenza della concessione (o in assenza di concessione, come in questo caso) legittima la Pubblica Amministrazione ad avvalersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione ordinaria (Cass., S.U., 18/11/1992 n. 12313; Cass., S.U. 2/2/2011 n. 2418; Cass. S.U., 12/3/2013 n. 6074).

Con il secondo motivo censura la sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (motivazione insufficiente, contraddittoria ed erronea interpretazione delle risultanze istruttorie).

Ad avviso del Comune ricorrente vi sarebbe la contraddittoria ed insufficiente motivazione dell’impugnata sentenza nella parte in cui la stessa ritiene provata, alla stregua delle prove documentali versate in atti ed in particolare di una nota del Ministero dei Beni Culturali del 28/7/1993 (dalla quale l’immobile appare riconsegnato all’ente stesso), la detenzione del Comune.

Il motivo è inammissibile in quanto è stato formulato sotto il profilo del vizio di motivazione pur trattandosi di un motivo proposto contro una sentenza depositata nel 2014 e quindi sottoposta al controllo del riformato art. 360 c.p.c., n. 5.

Non è segnalato alcun fatto decisivo, sul quale vi sia stato regolare contraddittorio tra le parti, che meriti di essere rilevato.

Con il terzo e quarto motivo censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per mancata applicazione della L. 11 luglio 1986, n. 390 e per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in ordine alla mancata applicazione di corretti parametri di quantificazione delle somme sentenziate.

L’impugnata sentenza sarebbe viziata nella parte in cui non avrebbe applicato la L. n. 390 del 1986, in punto di quantum che consente un abbattimento del 10% del canone di mercato. I motivi, già proposti in appello e dichiarati infondati in ragione della giurisprudenza di questa Corte, sono inammissibili per genericità e difetto di autosufficienza. Infatti, in relazione alla questione è fatto un generico riferimento alla CTU, ai calcoli ed alla perizia del tecnico del comune ed a documenti dei quali tutti non è data alcuna specifica indicazione.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. La mancata partecipazione del Ministero alla pubblica udienza esime la Corte dal provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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