Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6486 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. III, 17/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 17/03/2010), n.6486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.M.L. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. PAISIELLO 40, presso lo studio

dell’avvocato MORGANTI DAVID, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato LATTUADA ALBERTO con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FASANA 21, presso lo studio dell’avvocato SIELO STEFANIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato TAMBURINI MICHELE con delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1668/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Terza Civile, emessa il 7/06/2005, depositata il 25/06/2005;

R.G.N. 580/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. FEDERICO Giovanni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.M.L., premesso che nel 1995 M. B., dipendente della Banca Fideuram e suo consulente finanziario, l’aveva indotta ad eseguire un versamento di L. 83 milioni da destinare ad un investimento immobiliare particolarmente redditizio promosso dalla banca predetta; che nel 1999 aveva appreso che tale somma era stata utilizzata in una operazione, dall’esito infausto, di edificazione di un complesso immobiliare nelle (OMISSIS); che conseguentemente il contratto concluso con il M. doveva ritenersi suscettibile d’annullamento, sussistendo un vizio del consenso o per dolo o per errore essenziale, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Varese il M. per sentir annullare il contratto stipulato inter partes, con condanna del convenuto a restituire l’importo di L. 83 milioni ed a risarcire il danno da quantificare in almeno L. 50 milioni.

Il convenuto contestava la fondatezza delle domande, sostenendo l’inesistenza di un contratto tra le parti o comunque l’insussistenza di dolo od errore.

L’adito Tribunale rigettava le domande compensando le spese di lite.

Proposto appello dalla G. e costituitosi l’appellato che chiedeva il rigetto del gravame, la Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 25.6.05, rigettava l’appello.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la G., con quattro motivi, mentre l’intimato ha resistito all’impugnazione con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e violazione degli artt. 2721 e 2724 c.c. per la mancata ammissione delle prove orali, di cui riporta i capitoli onde contestare il giudizio al riguardo espresso dalla Corte di merito.

Con il secondo motivo lamenta analogo vizio di motivazione e violazione degli artt. 1181 e 1180 c.c. incorsi nell’aver ritenuto insussistente il danno, mentre la domanda di restituzione si riferiva ad una somma di denaro e non ad un bene di specie diversa.

Con il terzo motivo deduce ancora lo stesso vizio di motivazione e violazione degli artt. 1181 e 1180 c.c., in relazione a quella parte della sentenza impugnata in cui si traeva ulteriore argomento circa l’insussistenza del danno dalla mancata censura in ordine all’affermazione che ad essa ricorrente era stata offerta la possibilita’ di acquistare, con la somma gia’ versata, una unita’ immobiliare di pari valore, nonche’ una quota di multiproprieta’ del valore di L. 13.500.000.

Con il quarto motivo deduce infine lo stesso vizio motivazionale e la violazione dell’art. 1759 c.c. incorsi nel non considerare che anche il mediatore deve comunicare alle parti tutte le circostanze a lui note circa la sicurezza dell’affare.

1. Va esaminata in via preliminare l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso in quanto notificato “fuori termine”.

Tale eccezione e’ infondata, giacche’, essendo stata la sentenza d’appello notificata in data 16.9.2005, la notificazione del ricorso doveva essere eseguita entro il 15.11.2005, il che e’ puntualmente avvenuto, atteso che dalla copia del ricorso prodotta in atti dalla ricorrente si evince che esso venne consegnato per la notifica all’ufficiale giudiziario proprio l’ultimo giorno utile.

Cio’ risulta, infatti, dal timbro apposto sull’atto notificato che reca il numero cronologico e la data appunto del 15.11.2005 (v. S.U. 20.6.2007 n. 14294).

2. Il primo motivo non e’ fondato.

Ed invero, esaminando il primo motivo d’appello dell’odierna ricorrente, la Corte di merito, con motivazione assolutamente ineccepibile sul piano logico – giuridico, ha spiegato in maniera pienamente soddisfacente le ragioni con le quali ha giustificato la mancata ammissione dei capitoli di prova testimoniale, facendo correttamente riferimento (v. pag. 16 della sentenza impugnata) o alla loro irrilevanza per riguardare i medesimi circostanze dimostrate documentalmente o comunque ammesse (cap. nn. 3 – 4 – 6 – 7) o al fatto che le circostanze dedotte risultavano documentalmente smentite (cap. nn. 1 – 8) oppure trattavasi di circostanze rilevanti ai fini di una eventuale responsabilita’ per l’attivita’ d’intermediazione, per la quale pero’ il giudice di prima istanza aveva escluso la sussistenza per mancanza di danno risarcibile (cap. 2).

La Corte territoriale ha altresi’ giustificato, piu’ in generale, la mancata ammissione delle prove orali con l’argomento che ex art. 2721 c.c. il valore dell’oggetto eccedeva il limite di legge e che i rapporti intercorsi tra le parti in ordine all’investimento finanziario per cui e’ causa risultavano comprovati da documentazione “dalla quale non si puo’ prescindere” (v. pag. 17 della sentenza impugnata).

Premesso che il giudizio sulla necessita’, influenza o pertinenza dei mezzi di prova e’ riservato al giudice di merito e che esso involge necessariamente un apprezzamento di fatto, che preclude il sindacato in sede di legittimita’ quando sia sorretto da adeguata motivazione, ne consegue che, a fronte di una esposizione dei motivi del convincimento espresso dai giudici d’appello sul punto controverso, fatta con un processo logico immune da manchevolezze e lacune o da insanabili contraddizioni, non possano in alcun modo valorizzarsi le censure addotte dalla ricorrente, che – nel riproporre i capitoli di prova testimoniale non ammessi e le ragioni della loro asserita rilevanza – non e’ stata pero’ in grado di indicare in modo specifico alcun punto decisivo che, non valutato adeguatamente dai giudici d’appello, avrebbe potuto invece portare ad un loro diverso convincimento.

3. Anche il secondo ed il terzo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, non sono fondati.

Ed invero, la sentenza impugnata, anche in relazione ai punti che hanno formato oggetto delle censure che qui si esaminano, ha spiegato, con motivazione affatto esente da vizi logici ed errori giuridici, le ragioni per cui ha ritenuto che il rapporto tra la ricorrente ed il M. non potesse configurarsi come mandato, ma semplicemente come intermediazione, e che non fosse accoglibile la tesi secondo cui il M. stesso, quale intermediario, fosse tenuto ugualmente alla restituzione della somma consegnata dalla G..

La Corte territoriale ha, infatti, da una parte, correttamente evidenziato che la sussistenza del contratto di mandato fosse da escludere, essendo rimasto provato che l’odierna ricorrente non aveva intestato al M. gli assegni, limitandosi a consegnarli al medesimo che li fece pervenire alla F.A. che ne aveva rilasciato ricevuta (v. pag. 17 della sentenza gravata), e che, quindi, al M. stesso non era stato conferito alcun mandato a compiere atti giuridici; mentre, dall’altra, essendo esclusivamente configurabile nella specie un rapporto di intermediazione, ha giustamente statuito che l’unica domanda compatibile con tale rapporto fosse quella di risarcimento dei danni, di cui tuttavia mancava la prova.

I giudici d’appello hanno giustamente valorizzato, per giustificare l’affermazione circa la mancanza di prova del danno, la circostanza che nessuna censura era stata sollevata dalla G. nell’atto di appello a quanto asserito nella sentenza di primo grado, e cioe’ che alla medesima era “stata offerta la possibilita’ di acquistare, con la somma gia’ versata, una unita’ immobiliare di pari valore, nonche’ una quota di multiproprieta’ del valore di L. 13.500.000” (v. pag. 20 della sentenza impugnata).

4. Il quarto motivo, infine, deve ritenersi anch’esso infondato.

Si deve, infatti, categoricamente escludere che la sentenza impugnata non abbia valutato, nel qualificare il rapporto tra la G. ed il M. come intermediazione, il contenuto dell’art. 1759 c.c..

Ed invero, se si legge attentamente sempre la pag. 20 della sentenza gravata, si riscontra una minuziosa analisi dell’attivita’ di intermediatore a titolo gratuito svolta nel caso in esame dal M., nonche’ delle caratteristiche proprie dell’investimento immobiliare in questione, all’esito della quale la Corte di merito ha tratto la conclusione, giustificata con motivazione (assolutamente corretta sul piano logico – giuridico, che le eventuali carenze di informazioni piu’ precise su detta operazione immobiliare, addebitabili al M. (quali l’omessa consegna del prospetto informativo e dell’allegato n. 4, degli aggiornamenti e del bilancio), debbano ritenersi irrilevanti in mancanza di prova del danno.

5. Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del M., delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

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