Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6485 del 22/03/2011

Cassazione civile sez. II, 22/03/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 22/03/2011), n.6485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGRICOLA BETA DI ALBERT CEZANA & C SAS P.I. (OMISSIS), in persona

del suo legale rappresentante pro-tempore e per esso al suo

Procuratore Generale J.B., elettivamente domiciliato in

ROMA, P.LE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato GRAZIANI ANDREA,

rappresentato e difeso dall’avvocato RICCIARDIELLO VINCENZO;

– ricorrente –

contro

SELENE DI GIUSEPPE GALBIATI & C SAS, P.I. (OMISSIS), in persona

del socio accomandatario Sig. G.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PIETRO DELLA VALLE 4, presso lo studio

dell’avvocato LUCERI PAOLO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARCHETTI PIA ALESSIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1939/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 02/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato Colucci Angelo con delega depositata in udienza

dell’Avv. Ricciardiello Vincenzo difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Luceri Paolo difensore del resistente che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 1998, la Società agricola Beta, premetteva che il Comune di Piontello aveva approvato l’inserimento nel PPA nel cui comparto ricadevano aree di proprietà di essa esponente e della Selene sas e che le predette, in data 26.7.1995, avevano inoltrato allo stesso Comune domanda di lottizzazione delle aree suddette. Era poi seguita una bozza di convenzione, inviata dal Comune alle stesse persone giuridiche, che la approvavano.

Al fine di rispettare gli standard urbanistici previsti le parti, con scrittura del 1995, le società predette avevano provveduto ad una permuta di aree, e nel 1966 il detto Comune aveva approvato lo schema di convenzione ma la Selene non aveva ritenuto di stipulare l’atto notarile di permuta delle predette aree nè di addivenire alla stipulazione dell’atto pubblico relativo alla convenzione di lottizzazione, mentre essa attrice, con promessa condizionata di compravendita del 1997, si era impegnata a vendere l’arca di sua proprietà così come lottizzata alla Marfin srl; conveniva pertanto di fronte al tribunale di Milano la Selene sas e G.G., quale socio accomandatario, onde ottenere il risarcimento dei danni nonchè accertamento della avvenuta cessione in permuta delle aree di cui sopra, domanda quest’ultima abbandonata in corso di causa.

Instauratosi il contraddicono, la convenuta resisteva alla domanda proposta ex adverso.

Con sentenza del 2001, l’adito tribunale rigettava la domanda;

avverso tale decisione, la società agricola Beta proponeva appello cui resistevano le controparti. Con sentenza in data 18.5/2.7.2004, la Corte di appello di Milano rigettava l’impugnazione e regolava le spese.

Osservava la Corte meneghina che la congiunta presentazione della domanda di autorizzazione alla lottizzazione non aveva ingenerato alcun obbligo diretto a carico della Selene nei confronti della Agricola Beta, ma solo nei confronti del Comune.

La bozza di convenzione non si era mai perfezionata in convenzione definitiva e l’accordo stipulato tra le parti non prevedeva alcun obbligo di stipulare la convenzione stessa.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di tre motivi, l’Agricola Beta sas; le controparti resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si lamenta vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata escluso che i privati lottizzanti potessero regolare nella loro autonomia i reciproci rapporti, al di là di ogni costituzione formale di un consorzio.

Non è fondato; la sentenza impugnata non ha affatto escluso che le parti potessero reciprocamente obbligarsi a stipulare la convenzione, ma ha affermato che non era provata l’assunzione di tale obbligo, non potendo lo stesso desumersi dalla presentazione congiunta della domanda di autorizzazione alla lottizzazione nè da una bozza di convenzione che non si era perfezionata in convenzione definitiva, nè tanto meno dalla scrittura privata del 1995, diretta a regolare l’assetto dei reciproci rapporti, tra cui la rispettiva cessione in permuta gratuita di aree.

Devesi quindi concludere nel senso che il motivo non abbia attinto la effettiva ratio decidendi, che si basa su considerazioni ulteriori rispetto alla doglianza come nella specie proposta; il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

Anche con il secondo mezzo si lamenta vizio di motivazione, basato sul profilo secondo cui vi sarebbe stata omessa considerazione della bozza di convenzione sottoscritta da entrambe le parti nella copertina.

Il mezzo come proposto lede il principio di autosufficienza del ricorso, in quanto non riporta il testo della bozza; in ogni caso, la sentenza impugnata ha escluso che potesse darsi valore ad una bozza di convenzione non seguita dalla stipula della convenzione definitiva.

Anche tale mezzo pertanto non può trovare accoglimento.

Con il terzo motivo si lamenta violazione degli artt. 1175, 1176, 1321, 1362 e 1366 c.c., in quanto nell’interpretazione degli atti intervenuti prima della stipulazione formale della convenzione (domanda congiunta di autorizzazione alla lottizzazione e bozza di convenzione), ai fini dell’individuazione della comune volontà delle parti si sarebbe incorsi nella violazione dei profili contrattuali ed interpretativi dettati dalle norme di cui si assume la violazione e/o la falsa applicazione.

Anche in tal caso risulta palesemente violato il principio di autosufficienza del ricorso, in quanto non vengono riportati nè il tenore della domanda congiunta di autorizzazione alla lottizzazione, nè quello della bozza di convenzione, non consentendo così a questa Corte l’esame degli atti in cui si sarebbero sostanziate le doglianze prospettate.

Del resto, la sentenza impugnata aveva negato valore contrattuale agli atti de quibus, con conseguente mancata impugnazione di una ratio decidendi di per sè idonea a definire la questione.

Anche tale motivo non può pertanto trovare accoglimento, sicchè il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2011

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