Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6485 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. III, 17/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 17/03/2010), n.6485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SALARIA 162, presso lo studio dell’avvocato STUDIO MEINERI,

rappresentato e difeso dagli avvocati IORFIDA ANTONIO e IORFIDA

GIUSEPPE con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 571/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Terza Sezione Civile, emessa il 15/10/2004; depositata il 11/04/2005;

R.G.N. 2879/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. FEDERICO Giovanni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 6.2.01 B.M., premesso che il (OMISSIS) era stato colpito da un tubo Innocenti da armatura, smontato dal ponteggio installato dalla ditta Decor – Emmeci, di cui era titolare C.M., conveniva quest’ultimo in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino per sentirlo condannare al risarcimento dei danni in tal modo subiti.

Il convenuto contestava la fondatezza della domanda e, quindi, espletata l’istruzione, l’adito Tribunale condannava il convenuto stesso al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 46.867,25, oltre interessi, compensando le spese di lite e ponendo quelle di ctu per meta’ a carico di ciascuna delle parti.

Interposto appello da parte del B., che si doleva della pochezza della liquidazione del danno e della totale compensazione delle spese processuali, e costituitosi l’appellato che chiedeva la reiezione del gravame, la Corte di appello di Torino, con sentenza depositata l’11.4.05, in parziale accoglimento del gravame, dichiarava le spese del giudizio di primo grado compensate nella misura di due terzi e compensava tra le parti per due terzi le spese del gravame, confermando per il resto l’impugnata sentenza.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il B., con cinque motivi, mentre nessuna attivita’ difensiva e’ stata svolta dall’intimato C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto che, ai fini della liquidazione del danno conseguente all’inabilita’ lavorativa totale e temporanea, il reddito da prendere a base fosse quello in relazione al quale l’Inail aveva liquidato la relativa indennita’, senza tenere conto del ben diverso ammontare dei redditi dichiarati per l’anno in cui e’ occorso l’incidente e gli anni successivi, nonche’ del tenore di vita.

Con il secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 1223, 2043, 2056, 2059, 2697, 2727 e 2729 c.c., degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e vizio motivazionale, incorsi nel negare qualsiasi riduzione della capacita’ lavorativa specifica a seguito dell’incidente, nonostante risultasse che tali postumi (sindromi cerebrali croniche) siano tali da impedirgli di lavorare in luoghi sopraelevati (ponteggi, tralicci).

Con il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e vizio motivazionale, incorsi nell’escludere l’impossibilita’ di continuare a svolgere attivita’ lavorativa anche dopo il raggiungimento dell’eta’ pensionabile.

Con il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e vizio motivazionale, incorsi nella liquidazione delle spese mediche.

Con il quinto motivo deduce infine la violazione degli artt. 91, 92, 113, 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione, incorsi nel limitare solo ad un terzo le spese di lite di primo grado liquidate a carico del danneggiante.

Il primo motivo e’ infondato, avendo la Corte di merito rilevato che il B. non “abbia fornito adeguata prova della inadeguatezza delle prestazioni ricevute dall’Inail a ristorare il pregiudizio patrimoniale percepito in conseguenza dell’incidente di cui si discute” e non abbia neppure censurato specificamente nell’atto di appello l’affermazione del primo giudice, secondo la quale la sola dichiarazione reddituale riguardante i primi sette mesi del 1999, che hanno preceduto il verificarsi del sinistro, non costituiva un sufficiente ed attendibile parametro di calcolo del reddito medio del B., peraltro neppure documentato per gli anni precedenti.

La sentenza impugnata ha altresi’ rilevato giustamente che ai fini di cui sopra non potevano acquistare rilievo, per ovvi motivi, neppure le dichiarazioni dei redditi relative agli anni successivi a quello del sinistro de quo.

2. Il secondo motivo e’ anch’esso infondato.

La Corte di merito ha escluso, infatti, con motivazione assolutamente logica ed adeguata, che a seguito dell’incidente si sia prodotta una riduzione permanente della capacita’ lavorativa specifica del B., in relazione cioe’ al suo lavoro di elettricista, facendo riferimento alle conclusioni sul punto del C.T.U. (le cui valutazioni sono state condivise anche dai C.T.P.), che ha accertato che l’incapacita’ lavorativa specifica totale del ricorrente era stata sussistente solo durante il periodo di invalidita’ temporanea perdurante sino al 30.1.2000, con la conseguenza che i postumi individuati dallo stesso C.T.U. potevano al piu’ determinare una riduzione della capacita’ lavorativa generica, risarcibile a titolo di danno biologico.

3. Quanto al terzo motivo, si rileva che la Corte di merito ha motivatamente escluso che nel caso di specie fosse stato provata l’esistenza di un prospettato lucro cessante del B., verificatosi in epoca successiva al suo pensionamento e casualmente ricollegabile all’incidente occorso al B. stesso, facendo correttamente riferimento alla circostanza, gia’ sopra menzionata, che cioe’ i postumi del sinistro non erano risultati tali da pregiudicare in modo apprezzabile il normale espletamento della sua attivita’ lavorativa.

Anche questa censura e’, dunque, infondata.

4. Va disatteso pure il quarto motivo.

La sentenza impugnata ha, infatti, rilevato sul punto in questione che l’indicazione delle spese mediche fatta dal C.T.U. e recepita dal giudice di primo grado (per Euro 757,90) e’ stata altresi’ condivisa da entrambi i C.T.P., mentre lo stesso ricorrente non ha svolto alcuna motivata censura alla suddetta valutazione peritale nella memoria del 30.5.2003.

Aggiungono i giudici di appello che lo stesso B. nella comparsa conclusionale del 23.9.2003 aveva indicato le “spese documentate” nella somma sopra specificata, cosi’ dimostrando di voler aderire alla valutazione del C.T.U..

5. Va infine disattesa la censura circa la limitazione alla misura di un terzo delle spese del giudizio di primo dovute dal danneggiante.

E’ noto che la compensazione totale o parziale delle spese di giudizio rientra tra i poteri discrezionali dei giudici di merito, cui e’ inibito soltanto di condannare, anche in minima parte, alle spese la parte totalmente vittoriosa.

E’ vero altresi’ che l’esercizio di tale potere non e’ soggetto al sindacato di legittimita’, ma tale principio trova tuttavia un limite nel caso in cui il giudice, nell’indicare quelli che ritiene i giusti motivi della sua pronuncia, li individua in motivi illogici o erronei.

Deve escludersi, pero’, tale ipotesi nel caso che qui ci occupa, atteso che i motivi enunciati nella sentenza impugnata e sostanzialmente riassumibili nella necessita’ del B. di instaurare il presente giudizio per conseguire il risarcimento dei danni subiti e di sopportarne i relativi costi (e non di certo nel criterio proporzionalistico di una matematica corrispondenza tra la parte di domanda accolta e la relativa quota-parte di condanna del soccombente) non risultano ne’ illogici ne’ erronei, ma non condizionano in alcun modo l’entita’ della compensazione, rimessa pur sempre alla discrezione giudiziale.

6. Il ricorso va, dunque, rigettato, senza nulla statuire sulle spese del giudizio di cassazione stante la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla da statuire in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

 

 

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