Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6483 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. III, 17/03/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 17/03/2010), n.6483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

LE CAVRELLE SRL, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore sig. P.E., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato LONGO PAOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROMANO LUIGI giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PLE CLODIO 1, presso lo studio dell’avvocato RIBAUDO

SEBASTIANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DENTAMARO DOMENICO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1007/2004 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

Sezione seconda civile, emessa il 10/11/2004, depositata il

11/12/2004; R.G.N. 1526/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella;

udito l’Avvocato RIBAUDO SEBASTIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.r.l. Le Cavrelle ha convenuto davanti al Tribunale di Brescia S.F., al quale aveva locato un negozio di circa 50 mq., chiedendo il rilascio di spazi che il convenuto aveva occupato senza titolo ed il risarcimento dei danni.

Il convenuto ha resistito alla domanda, assumendo che la situazione di fatto corrispondeva a quella contrattualmente convenuta.

Sia il Tribunale, sia la Corte di appello di Brescia, hanno respinto le domande attrici, ritenendo non dimostrato l’assunto dell’attrice.

Avverso la sentenza della Corte di appello n. 1007/2004, depositata in data 11.12.2004 e non notificata, la societa’ locatrice ha proposto due motivi di ricorso per Cassazione, con atto notificato il 9.12.2005.

Resiste l’intimato con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 1225 c.c., e dell’art. 1362 c.c. e segg., nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, assumendo che la Corte di appello ha erroneamente escluso che il S. abbia occupato una superficie maggiore di quella prevista dal contratto di locazione, sebbene il fatto fosse pacifico in causa, e che erroneamente abbia ritenuto non chiaro il contenuto del contratto di locazione.

2.- Con il secondo motivo lamenta violazione degli art. 115 e 116 c.p.c., ed ancora omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, sul rilevo che la Corte di appello ha disatteso i risultati della CTU esperita nel corso del giudizio.

3.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili perche’ non rispondenti ai requisiti prescritti dagli artt. 360 e 366 c.p.c., circa i presupposti per poter proporre ricorso per cassazione ed i requisiti del ricorso.

Il ricorrente ripropone in questa sede accertamenti in fatto circa la sussistenza o meno dell’indebita occupazione di una parte dell’immobile eccedente quella oggetto del contratto, che non possono costituire oggetto di indagine nel giudizio di legittimita’.

Pur richiamando formalmente la violazione di norme di legge sull’interpretazione dei contratti e sulla valutazione della prove, non illustra in alcun modo in che termini e sotto quali profili dette norme sarebbero state violate dalla Corte di appello.

Lo stesso deve dirsi quanto agli asseriti vizi di motivazione, di cui non viene in alcun modo dimostrata l’esistenza.

La sentenza impugnata risulta ampiamente, congruamente e logicamente motivata sotto ogni profilo e non appare suscettibile di censura.

4.- Il ricorso deve essere rigettato.

5.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.600,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

 

 

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