Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6482 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 14/03/2017, (ud. 02/12/2016, dep.14/03/2017),  n. 6482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15423-2014 proposto da:

EDILAZIO 92 SOC COOP A RL, in persona del legale rappresentante

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO ARANGIO

RUIZ 23, presso lo studio dell’avvocato PIERFRANCESCO MACONE, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE BULLICANTE SRL, in persona del legale rappresentante

Dottor Z.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

DELLA LIBERTA 10, presso lo studio dell’avvocato ENRICO PERRELLA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO

CAPECCI giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1250/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato FRANCESCO CAPECCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 1999 la società “Immobiliare CIR s.p.a.” locò alla società “Edilazio 92 s. coop. a r.l.” un immobile, da adibire ad uffici.

In costanza del rapporto l’immobile venne venduto dalla locatrice alla Immobiliare Bullicante s.r.l..

Nel 2009 la nuova proprietaria Immobiliare Bullicante convenne dinanzi al Tribunale di Roma la Edilazio, allegando che questa, in violazione degli obblighi contrattualmente assunti, aveva adibito l’immobile ad attività comportante contatti diretti col pubblico, e chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento.

2. Il Tribunale di Roma, con sentenza 4.10.2011 n. 19184, rigettò la domanda, ritenendo che il cambio di destinazione non fosse vietato dal contratto.

3. La sentenza venne appellata dalla soccombente.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza 25.2.2014 n. 12520, accolse il gravame della Immobiliare Bullicante. Ritenne la Corte d’appello che il divieto per la locatrice di adibire l’immobile ad attività comportanti contatti diretti col pubblico fosse sancito dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 80.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Edilazio, con ricorso fondato su tre motivi.

La Immobiliare Bullicante ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 80.

Deduce, al riguardo, che la norma appena ricordata (secondo cui “se il conduttore adibisce l’immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto”) trova applicazione solo quando il conduttore destini ad uso abitativo un immobile locatogli per scopi non abitativi o viceversa, ma non quando il conduttore destini a negozio un immobile locatogli ad uso ufficio.

1.2. Il motivo è infondato.

La condotta del conduttore, il quale destini l’immobile locatogli ad un uso diverso da quello pattuito, costituisce sempre un inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto. Tale inadempimento:

(a) legittimerà la domanda di risoluzione del contratto ai sensi e nei limiti di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 80, comma 1 se la destinazione dell’immobile dall’uno all’altro uso comporti l’applicazione di una diversa disciplina contrattuale;

(b) legittimerà la domanda di risoluzione del contratto ai sensi e nei limiti di cui all’art. 1453 c.c., negli altri casi.

Nel caso di specie, la destinazione dell’immobile da ufficio (non comportante contatti col pubblico) a negozio (comportante contatti diretti col pubblico) avrebbe reso applicabile al contratto una disciplina giuridica ben diversa.

Ed infatti la destinazione dell’immobile ad attività comportanti contatti diretti col pubblico espone il locatore all’obbligo di pagare al conduttore l’indennità per la perdita dell’avviamento, in caso di scioglimento o cessazione del contratto.

Correttamente, quindi, la Corte d’appello ha ritenuto la Edilazio inadempiente, e correttamente ha dichiarato il contratto risolto ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 80, comma 1.

2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

2.1. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.

Essi prospettano la “insufficiente motivazione” (secondo motivo) o la “omessa motivazione” (terzo motivo) della sentenza impugnata.

Vi si sostiene che la Corte d’appello avrebbe motivato in modo insufficiente, ovvero trascurato di considerare:

(a) la circostanza che l’attività svolta nell’immobile, e comportante contatti col pubblico, era “intrinsecamente connessa” a quella svolta da sempre dalla Edilazio nell’immobile locato;

(b) che in ogni caso il contratto di locazione non vietava affatto la destinazione dell’immobile a contatti col pubblico.

2.2. Ambedue i motivi sono inammissibili.

2.2.1. Nella parte in cui la ricorrente lamenta una erronea interpretazione del contratto, sostenendo che esso non vietava il mutamento dei destinazione, propone una censura che investe un tipico accertamento di merito, senza nemmeno indicare quale regola legale di ermeneutica (artt. 1362-1370 c.c.) la Corte d’appello avrebbe violato.

2.2.2. Nella parte in cui la ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe trascurato di considerare che l’immobile fu da sempre stato destinato a contatti col pubblico, il ricorso non solo investe inammissibilmente un accertamento di fatto, ma per di più costituisce una confessione giudiziale del mutamento di destinazione d’uso.

2.2.3. Infine, ed in ogni caso, tanto il secondo quanto il terzo motivo di ricorso prospettano un vizio (“l’insufficiente motivazione”) che ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134) non è più censurabile in sede di legittimità, salvo i casi di totale inintelligibilità della decisione impugnata, ipotesi non ricorrente nel presente giudizio.

3. Le spese.

3.1. Le spese del presente giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Edilazio 92 soc. coop. a r.l. alla rifusione in favore di Immobiliare Bullicante s.r.l. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 5.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Edilazio 92 soc. coop. a r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 2 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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